La "sinistra" borghese contro il boicottaggio della fiera del libro di Torino dedicata a Israele

A Torino come a Parigi c'è poco da essere fieri da quando Israele è diventato ospite d'onore ai Saloni del libro per l'anno 2008. Si tratta di una scelta semplicemente vergognosa perché lo Stato sionista e imperialista di Israele verrà presentato come baluardo della libertà e della democrazia. Nessuno invece racconterà dei milioni di palestinesi sradicati dalle proprie case e costretti a vivere da decenni come profughi. Nessuno spiegherà perché 400 mila palestinesi che vivono in Libano non possono ritornare nelle loro terre. Nessuno darà notizia dei cittadini arabo-israeliani che vivono in una sorta di apartheid. Nessuno darà spazio ai piccoli e grandi soprusi quotidiani sull'occupazione dei Territori palestinesi da parte di Israele, se non per distorcere la realtà dei fatti o per edulcorarla.
Mentre in Europa si vogliono celebrare "i 60 anni di Israele" in Palestina, Israele è quello Stato che attraverso i suoi eserciti uccide uomini, donne e bambini palestinesi ogni giorno; con l'aggressione militare, con le bombe, con la fame. Costruisce muri ed amplia i suoi confini a discapito di un popolo che vive in prigioni a cielo aperto, in città martoriate, in campi profughi sempre più vasti. Si tratta dunque di legittimare culturalmente un'occupazione militare e coloniale che dura da decenni.
Il punto fondamentale è che l'invito allo Stato di Israele come ospite d'onore della Fiera del Libro non ha nulla a che vedere con la "cultura" e anzi segna un passo emblematico in direzione della militarizzazione della cultura borghese. In questo contesto il repertorio di luoghi comuni, tipico di tutti coloro che si sono iscritti, consapevoli o meno, al filosionismo europeo di destra, di centro e di "sinistra", sta riempiendo la grande stampa borghese dal "Corriere della Sera" a "La Stampa", per arrivare a "Liberazione". La campagna di boicottaggio contro la Fiera del libro, sostenuta da vari movimenti pacifisti e antimperialisti a sostegno della Palestina, è stata prontamente bollata dalla stampa di regime come profondamente sbagliata, "l'Unità" titola "contro l'antisemitismo la scelta di Napolitano: sarà alla Fiera del libro di Torino" come se il boicottaggio avesse un carattere antisemita a prescindere, da notare che sarà lo stesso presidente della Repubblica - il rinnegato Napolitano - ad inaugurare la manifestazione il prossimo 8 maggio, il che non lascia spazio a dubbi sul carattere dell'evento e dei suoi scopi.
"Il manifesto" inizialmente ammette che la Fiera del libro "dà a Israele un posto d'onore con il rischio di una legittimazione letteraria della sua politica" ma finisce per dire che "c'è boicottaggio e boicottaggio", che "gli israeliani - che sono sempre ebrei - per quanti torti abbiano nei confronti del popolo palestinese non sono in alcun modo paragonabili ai razzisti sudafricani". Dunque "discutiamo, scontriamoci, ma mandiamo al diavolo il boicottaggio. Non solo perché gli israeliani sono ebrei e non afrikaner, ma anche perché il boicottaggio è muto".
Stessa posizione per "Liberazione", il quotidiano del Partito della rifondazione trotzkista, che rifiuta di aderire al boicottaggio contro la Fiera del libro, boicottaggio che ha al suo centro quel che a Torino verrà fatto passare sotto silenzio "ossia la durissima politica di occupazione, le terribili condizioni di vita nei Territori, l'embargo che sta strangolando Gaza e le discriminazioni subìte dagli arabo-israeliani. Realtà di cui questo giornale si occupa, e che questo giornale denuncia e continuerà sempre a denunciare". Però "il boicottaggio culturale è un'arma politica? No, non lo è. E' una risposta sbagliata e pericolosa, che porta all'isolamento" e finisce per equiparare il boicottaggio alle azioni di censura contro le università e la cultura israeliana. "La letteratura - prosegue il giornale del PRC - se è buona letteratura, è lo specchio della società che la produce, ma è uno specchio infranto. Non rimanda un'immagine intera, ma frammenti che si ricompongono a rifletterne le contraddizioni, le diverse pulsioni e anime. La letteratura israeliana non fa eccezione. Grossman, Yehoshua, Oz, e il più giovane Keret: sono i nomi che saranno a Torino". Yehoshua, è utile ricordare, si definisce il profeta del Muro e di altre porcherie come la distruzione della centrale elettrica nella striscia di Gaza. "Liberazione" conclude che "chiamare al boicottaggio culturale di Israele, sovrapponendo piani diversi, rischia di alimentare l'antisemitismo". Insomma l'esorcismo massimo è l'accusa di antisemitismo.
Tra i vari appelli al boicottaggio, contro la manifestazione di Torino, spicca quello del Forum Palestina (http://www.forumpalestina.org) a cui hanno aderito numerosi professori universitari, che chiede di revocare immediatamente la decisione di avere come ospite d'onore lo Stato d'Israele per l'edizione 2008. Un secondo appello, sottoscritto tra gli altri da numerosi editori, intitolato "la cultura sia al servizio della pace tra i popoli, non della celebrazione del colonialismo" apre con una frase di Aharon Shabtai (poeta israeliano) che dice: "Io non ritengo che uno Stato che mantiene un'occupazione, commettendo giornalmente crimini contro civili, meriti di essere invitato ad una qualsivoglia settimana culturale. Ciò è anti-culturale; è un atto barbaro mascherato da cultura in maniera cinica. Manifesta un sostegno ad Israele, e forse anche alla Francia che appoggia l'occupazione. Ed io non voglio partecipare".
Omar Barghouti, intellettuale palestinese, sulla questione si è espresso in maniera molto chiara: "Non esistono vie di mezzo tra oppressore e oppresso. Cercarle significa appoggiare l'oppressore. Tra il primo e il secondo non c'è alcun equivalente morale".

26 marzo 2008