I Sioux si ribellano a Washington
"I trattati firmati dagli antenati sono carta straccia. Non sono mai stati rispettati dagli Stati Uniti"

Il governo di Washington non ha rispettato i trattati firmati 150 anni fa e ha fatto di tutto per "rubare la nostra cultura, le nostre terre e la nostra capacità di mantenere il nostro stile di vita" perciò le firme apposte sui trattati "non sono altro che parole senza senso su carta priva di valore" e non hanno più validità. Con queste parole i delegati dei Sioux Lakota, uno dei sette popoli che formano la nazione Sioux, hanno consegnato lo scorso dicembre un documento al Dipartimento di Stato a Washington per disconoscere i 33 trattati di pace sottoscritti dai loro antenati.
"Noi non rappresentiamo quegli indiani-americani collaborazionisti come la Francia di Vichy con gli occupanti tedeschi", ha dichiarato un capo indiano, denunciando una realtà di "povertà, sfruttamento, furto di terre, proprietà e risorse" creata dall'applicazione dei trattati. Perciò la "Libera nazione Lakota", hanno annunciato, ha deciso una serie di cambiamenti: "non pagheremo più le tasse, emetteremo passaporti e patenti di guida, sceglieremo i leader seguendo le nostre tradizioni". In altre parole "non siamo più cittadini degli Stati Uniti d'America e chi vive nelle regioni dei cinque Stati su cui si estende il nostro territorio è libero di unirsi a noi e annunciare il pieno ritorno alla nostra sovranità in base all'articolo 6 della Costituzione, alla legge internazionale e a quella della Natura".
Il territorio Lakota si trova nel nordovest degli Stati Uniti e comprende zone del Nebraska, del Sud e Nord Dakota, del Montana e del Wyoming. Gli accordi stracciati furono siglati fra il 1851 e il 1868 e definivano la tutela dei diritti delle tribù sconfitte in cambio del riconoscimento della sovranità degli Stati Uniti. Una falsa tutela dei diritti degli indiani, confermata dal fatto che solo nel 1924 il parlamento di Washington approvò un documento che dichiarava gli indiani d'America cittadini Usa a tutti gli effetti. E che non pose fine alla guerra di resistenza delle tribù tanto che proprio i Lakota sono stati la sola tribù a infliggere una pesante sconfitta all'esercito americano, quella ottenuta nel 1876 nel Montana dal capo indiano Cavallo Pazzo nella battaglia di Little Big Horn contro il generale Custer.
Il genocidio dei Sioux sarebbe cessato ufficialmente nel 1890, dopo il massacro di Wounded Knee. Di fatto è proseguito fino ai giorni nostri nel momento in cui tra i Lakota l'aspettativa di vita è inferiore ai 44 anni, la mortalità infantile è cinque volte superiore a quella del resto d'America e la diffusione della Tbc è dell'800% più alta di quella media statunitense. Le "terribili condizioni di vita del nostro popolo" denunciate dalla delegazione Sioux a Washington sono tra l'altro confermate da dati quali un tasso di disoccupazione nelle riserve di circa l'85% e da un 97% della popolazione che vive sotto il livello di povertà.
Ricordando le mobilitazioni degli anni Settanta in difesa dei loro diritti i capi Sioux hanno ricordato che "nel 1974 i nostri padri iniziarono il viaggio verso la libertà redigendo la Dichiarazione di Indipendenza ma abbiamo dovuto aspettare affinché tutte le anatre fossero allineate", spiegavano riferendosi alla votazione con cui l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre scorso ha approvato un documento sui diritti dei popoli indigeni. L'ambasciatore Usa all'Onu votò contro quel testo, che non ha valore vincolante mentre per i Lakota ha segnato "il momento di chiedere il rispetto dei nostri diritti ponendo fine all'annessione" da parte dell'America.

23 gennaio 2008