La Costituzione europea proposta dal Social forum avalla l'Ue imperialista e incrementa illusioni riformiste
Senza il socialismo è impossibile istituire "Un'Altra Europa"


Il "progetto di Carta dei principi dell'altra Europa" presentata a Roma il 17 marzo non fa un graffio all'Unione europea imperialista e pericolosamente depotenzia la spinta alla lotta antimperialista delle masse europee. È questo il giudizio che viene naturale esprimere una volta letto il documento redatto dal movimento comprendente i Social forum europei, associazioni e sindacati. Dopo quasi quattro anni di lavoro, attraverso assemblee e forum, costoro non hanno saputo far altro che stilare una "Carta" imbelle, che di fatto avalla l'Ue imperialista e incrementa illusioni riformiste.
Del resto non c'era da aspettarsi molto di diverso. Dopo la vittoria del No nei referendum popolari in Francia e Olanda della primavera del 2005 sulla Costituzione europea, ideata, elaborata e redatta in pompa magna dai governanti della superpotenza imperialista europea, la cosiddetta rete della "Carta dei principi", che in Italia ha visto la partecipazione del PRC insieme a Fiom-CGIL, Arci, Attac, Legambiente, Cobas, MFE, Magistratura Democratica, Global Europe, Giuristi Democratici, Transform, Fp-CGIL, non ha saputo indirizzare correttamente la lotta contro quel mostro giuridico-istituzionale, antidemocratico e nemico dei popoli, rappresentato dal testo della Costituzione Ue firmato a Roma nell'ottobre 2004 dagli allora 25 capi di Stato e di governo. Non ha raccolto il malcontento crescente a livello popolare contro le politiche liberiste e liberticide attuate dall'Ue con i vincoli di Maastricht e l'euro, non ha tratto le dovute conseguenze della grande mobilitazione giovanile, studentesca, operaia e popolare contro le guerre imperialiste, il liberismo e il razzismo, contro la privatizzazione dei servizi pubblici, per il ritiro della famigerata direttiva Bolkestein.
Addirittura la delegazione di Rifondazione trotzkista del gruppo GUE/NGL (Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica) al parlamento europeo nell'inserto mensile al suo quotidiano "Liberazione" di marzo esaltando il documento dei Social forum europei si vanta del fatto che "I movimenti antiliberisti non hanno commesso gli errori della sinistra storica, che dinanzi alla sfida europeista di Schuman, Adenauer e De Gasperi si rinchiuse nei confini dello Stato nazionale (e nel 'campo socialista', cioè sotto le ali di Stalin)". Bensì "Oggi i movimenti sociali stanno costruendo un europeismo di sinistra, per conquistare i diritti universali - sociali, politici e culturali - e una democrazia sovranazionale". I soliti rinnegati e rimbambiti che sconfessando la ferma opposizione di classe dell'allora movimento comunista internazionale verso la nascente integrazione dei paesi capitalisti europei in funzione anticomunista, confessano al tempo stesso tutta la loro subordinità al grande capitale e all'imperialismo europei.
In definitiva costoro si offrono di fare da ponte tra le masse e la Ue imperialista screditata, proponendone una versione di "sinistra", più digeribile per i popoli europei, invece di incoraggiarli a prendere ancor più le distanze da essa per indebolirla ulteriormente fino ad affossarla, come sarebbe giusto che fosse. Segno evidente che hanno ormai rinunciato definitivamente a combatterla per distruggerla, e aspirano soltanto ad essere accettati nel ruolo di "sinistra" istituzionale al suo interno.

Avallo dell'Ue imperialista e illusioni riformiste
Quella che dovrebbe rappresentare la Costituzione europea "alternativa" si muove sin dall'inizio sullo stesso terreno dell'Ue imperialista. Tanto che gli estensori del documento chiariscono sempre e ovunque di muoversi all'interno di questa Europa, la cui esistenza in definitiva è "fondamentale". Per costoro semmai "Occorre colmare il deficit democratico che caratterizza l'attuale costruzione dell'Unione europea", ossia coinvolgere i popoli nel progetto, ottenere il loro consenso. Ma su che basi? Quelle storiche della borghesia, dei "diritti universali" e dunque dell'interclassismo; principi attinti a piene mani anche dall'imperialismo europeo, basti leggere l'ultima Dichiarazione di Berlino del 25 marzo.
"I principi dell'altra Europa - recita infatti il testo - sono di pari importanza e si basano su: la pari dignità tra le persone e l'inviolabilità di ciascuno, che tutte le istituzioni devono rappresentare. La pace, la libertà, la giustizia e la sicurezza, considerati beni individuali e collettivi, la parità, in primo luogo tra donne e uomini, garantendo nel contempo le diversità, la democrazia e la partecipazione, la cittadinanza europea di residenza, i diritti sociali, il diritto al lavoro e i diritti del lavoro unica soluzione per sradicare la povertà, l'esclusione e le privazioni, un'economia socialmente equa, sostenibile da un punto di vista ambientale e gestita in maniera democratica". Ed ancora altre pie illusioni democratico-borghesi: "L'Europa che vogliamo si basa sulla preminenza dei diritti di ciascuno e ciascuna, e sul principio fondamentale della partecipazione diretta dei cittadini e delle cittadine alle decisioni pubbliche e collettive. L'Europa deve essere un'unione di popoli liberamente associati, basata sulla democrazia costituzionale e su uno spazio pubblico che travalichi le frontiere, caratterizzato dalla democrazia a ogni livello".
Affermazioni di principi interclassisti che sarebbero applicabili all'intera umanità, a tutti indistintamente, ricchi e poveri, capitalisti e operai, bianchi e neri, oppressi e oppressori, con l'ombelico della proprietà privata capitalistica. Ma una volta accettata quest'ultima che è la base fondante dell'Ue imperialista e accettato di discutere di come riformarla dall'interno, senza metterne in discussione i suoi principi guida come si può farne discendere la tutela dei diritti sociali e la loro applicazione? E quell'insistere sulla "democrazia costituzionale", sulla "democrazia a ogni livello", sulla "partecipazione diretta dei cittadini alle decisioni pubbliche" dove dovrebbe sfociare? Con quale strumento? Il parlamento europeo forse, a cui neppure la Costituzione Ue riconosce pieni poteri legislativi, mentre conterà zero in tutti gli aspetti più importanti e decisivi come la politica estera e militare.
Parlare poi di pace e di rifiuto della guerra come metodo di risoluzione delle controversie internazionali, di "giustizia internazionale", di garantire il diritto internazionale, delegando tutto all'Onu, seppur "democratizzata e riformata radicalmente", significa combattere una battaglia di retroguardia già persa in partenza. Sì perché il diritto internazionale è ormai fatto carta straccia dall'imperialismo e l'Onu è ormai irriformabile, vista la sua funzione di foglia di fico dell'imperialismo che ne ha ben salda la direzione. Con tali argomentazioni i fautori dell'''altra Europa", coscienti o meno, non lavorano di fatto per la pace ma per rafforzare i pericoli di guerra imperialista che risulterà inevitabile allorché si romperanno gli equilibri finanziari, economici, commerciali, politici e militari fra le superpotenze, quando il mondo sarà divenuto troppo stretto per la rispettiva fame di mercati, profitti e dominio.
L'Unione europea, in quanto alleanza imperialista, nata per favorire gli interessi dei monopoli e delle multinazionali europei, non può sottrarsi alla legge economica fondamentale del capitalismo, che è quella della ricerca del massimo profitto, in patria e all'estero. Questa Europa, questa unione di paesi imperialisti non potrà mai divenire un'''Europa sociale", un''Europa solidale", un'"Europa democratica". È solo inganno, fumo negli occhi, la pretesa di poter "riformare" questa Europa, di poter cambiare il suo carattere imperialista, la sua politica guerrafondaia e affamatrice. Non solo perché le politiche proposte dalla "Carta dell'altra Europa" non costituiscono affatto un'''alternativa" alla globalizzazione e al neoliberismo ma solo una sua variante liberale di "sinistra", ma soprattutto perché l'Ue è irriformabile, ed è compito del proletariato e delle masse popolari e di tutti gli autentici anticapitalisti e antimperialisti combatterla dall'esterno e distruggerla nell'interesse della pace, dell'indipendenza e della sovranità nazionali e della lotta per il socialismo.

L'Europa socialista
La borghesia e i suoi lacché presentano l'Unione europea come una conquista dei popoli del vecchio continente. Anche la rete dei Social forum vuole un'''Europa dei cittadini e dei popoli". In realtà, ben sappiamo, i popoli non c'entrano un bel nulla, perché non sono stati essi a ideare e a costruire l'Ue. Tutto è stato compiuto e si compirà al di sopra delle loro teste dai circoli dominanti europei conformemente ai loro interessi di classe e alle loro aspirazioni egemoniche, regionali e mondiali. Bisogna distruggerla, cominciando a tirarne fuori l'Italia.
Noi marxisti-leninisti non siamo nazionalisti, siamo stati educati dai grandi maestri del proletariato internazionale all'internazionalismo proletario, alla solidarietà di classe mondiale, all'unità del proletariato e dei popoli al di là dei confini geografici e statali. Aspiriamo perciò ardentemente all'unità dei popoli europei. Ma sappiamo che ciò è impossibile finché esisterà l'Ue.
Il punto di partenza è capire che solo il socialismo è in grado di realizzare l'Europa dei popoli, di abbattere tutte le barriere siano esse fisiche o economiche, perché il proletariato andrà al potere, i prodotti del lavoro potranno essere goduti interamente dal popolo lavoratore, sviluppate le conquiste sociali, economiche e politiche, costruito un nuovo ordine sociale sulle ceneri di quello capitalistico e imperialistico.
Lottando contro i monopoli e il loro governo europeo noi marxisti-leninisti non neghiamo affatto la tendenza allo sviluppo tecnologico, all'internazionalizzazione della produzione, bensì siamo favorevoli ad ogni unione economica che si formi su basi socialiste e internazionaliste proletarie. Alle spalle abbiamo l'esperienza storica del Comecon (Consiglio di mutua assistenza economica), nato nel 1949 sotto la guida diretta dell'Urss di Stalin, dove la cooperazione economica tra i paesi membri che condividevano lo stesso sistema economico e sociale, il socialismo, doveva avvenire in una situazione di completa parità e di rispetto reciproco per l'indipendenza e la sovranità di ciascun paese. Un'esperienza inedita troncata dalla salita al potere della borghesia in Urss. Altresì alle spalle abbiamo i principi elaborati da Mao per la "coesistenza pacifica" e proficua tra paesi a diverso sistema sociale, del reciproco vantaggio.
Battersi per l'europa socialista rimane un dovere per la classe operaia, le masse lavoratrici e popolari, le ragazze e i ragazzi rivoluzionari e per chiunque si professi antimperialista e aspiri ad un'Europa senza più sfruttati e sfruttatori. Noi faremo fino in fondo la nostra parte perché un giorno venga instaurata la Repubblica socialista d'Europa. Ma sarà impossibile passare pacificamente a questa nuova Europa se non si realizzerà prima il socialismo nei singoli paesi dell'Ue. Ecco perché il PMLI ritiene suo dovere battersi contro l'imperialismo europeo in nome dell'internazionalismo proletario e del socialismo: per l'Italia unita, rossa e socialista.

4 aprile 2007