Sul giornale dell'ex agente della CIA, Ferrara (Lo definimmo agente provocatore della borghesia)
Sofri svela che il responsabile degli affari riservati dello Stato gli chiese di eseguire un assassinio "in combutta"
Il diessino ex leader di "Lotta continua" non spiega come mai aveva rapporti con i servizi segreti

Nel 1974, nel pieno dei cosiddetti "anni di piombo", gli apparati segreti dello Stato offrirono a "Lotta continua" di eseguire una serie di omicidi in collaborazione. Lo ha rivelato il 26 maggio scorso lo stesso ex leader dell'organizzazione pseudo rivoluzionaria, Adriano Sofri, buttando lì la notizia quasi con noncuranza, tra le righe di uno dei suoi illeggibili pistolotti che impestano settimanalmente mezza stampa italiana, con i quali si guadagna la clemenza e i favori dello Stato borghese capitalista e imperialista, del quale è diventato, da "nemico irriducibile" di un tempo, uno tra i suoi più zelanti cantori.
Nella fattispecie, dato l'argomento, non sembra assolutamente un caso che l'articolo in questione sia stato scritto per Il Foglio diretto da un altro rinnegato ed ex agente (dichiarato) della CIA, Giuliano Ferrara. Su questo giornale neofascista, di proprietà della famiglia Berlusconi, che svolge la funzione di "pensatoio" della destra "neocon" italiana, Sofri tiene addirittura una rubrica fissa, e lo predilige per lisciare la destra borghese tanto quanto predilige La Repubblica per moraleggiare sui lettori di sinistra, lui che è passato al soldo dei DS ed è tra i più accaniti fautori del Partito democratico. In questo caso si trattava di un articolo scritto in occasione dell'uscita di un libro del figlio del commissario Calabresi, per l'omicidio del quale Sofri è stato condannato con sentenza definitiva come mandante a 22 anni di carcere. Immaginando di scrivere una "Lettera a un giovane apprendista assassino", ossia a un potenziale giovane terrorista per sconsigliarlo di seguire le orme di tanti di quelli della propria generazione, e parlando dello Stato, di cui Calabresi è definito un "fedele servitore", Sofri scrive a un certo punto: "Quello Stato era fazioso e pronto a umiliare e violentare. Lo so. Una volta uno dei suoi più alti esponenti venne a propormi un assassinio da eseguire in combutta, noi e i suoi affari riservati".

Un gioco ambiguo e reticente
Probabilmente Sofri avrà inteso con questo attenuare le sue responsabilità personali e del "movimento" che dirigeva e influenzava mostrando come anche lo Stato e i servizi segreti avessero le loro nell'alimentare il clima di violenza dei cosiddetti "anni di piombo". Ma quelle quattro righe, del resto richiamate con grande evidenza nel titolo dell'articolo sul Foglio, non potevano non destare scalpore e non sollevare interrogativi: a chi si riferiva, Sofri? Probabilmente a Federico Umberto D'Amato, il potente e misterioso capo dell'"Ufficio affari riservati" del ministero dell'Interno, implicato in tutte le trame golpiste e terroriste nere e sedicenti "rosse" degli anni '70-80, e in particolare nell'affare Moro, morto nel 1996 portandosi dietro tutti i suoi innumerevoli segreti. Chi sarebbero stati i soggetti da eliminare? E perché, se ciò che ha detto è vero, solo ora si è deciso a rivelarlo?
In un successivo intervento, a distanza di tre giorni dal primo, sempre sul fogliaccio di Ferrara, l'ex leader di LC si è poi deciso a precisare che a chiedergli "un incontro" per rivolgergli l'inaudita proposta di eseguire insieme una "mazzetta di omicidi", fu proprio D'Amato in persona. L'incontro avvenne a casa di Sofri, che così lo riporta: "Mi disse che si trattava dei Nap, i Nuclei armati proletari. Che tutti sapevano come alcuni fra i loro membri avessero rotto con LC accusandola di non voler passare alla lotta armata. (...) E che era dunque interesse comune toglierli fisicamente di mezzo, ciò che avrebbe potuto avvenire con una mutua collaborazione e la sicurezza dell'impunità. Prima che finisse gli avevo indicato la porta, e lui la prese senza battere ciglio".
Molti i commenti, alcuni increduli, altri per niente stupiti, alle rivelazioni di Sofri. Tra gli increduli, o meglio tra i finti tali, riportiamo quello del capo di "Gladio", il golpista Cossiga, più che altro perché il picconatore della prima Repubblica, che sul tema la sa senz'altro lunga come pochi, quando interviene per depistare e imbrogliare le carte fornisce sempre qualche squarcio illuminante sui personaggi di cui parla. Dice dunque Cossiga: "Figuriamoci se D'Amato si metteva nelle mani di Lotta Continua, una banda di ragazzini il cui leader era Sofri e il cui servizio d'ordine era guidato dall'attuale sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi, proveniente dal circolo dell'Azione cattolica di cui io ero presidente a Sassari. (...) Sono un difensore di Sofri perché non credo che sia capace di ammazzare una mosca. Siamo amici e ci siamo abbracciati più volte, sconcertando i carabinieri che scortavano me e sorvegliavano lui. È un fine intellettuale parolaio: non penso proprio che l'ufficio affari riservati gli desse tanta importanza. Tenga conto che D'Amato era stimato da tutti i servizi segreti occidentali e non venne mai sfiorato da un'inchiesta, né giudiziaria né disciplinare. Il suo ufficio fu soppresso nel 1974 dal ministro Paolo Emilio Taviani, su pressione dei socialisti, ma fu un danno, perché ci trovammo ad affrontare il periodo peggiore del terrorismo senza poter contare sulla sua esperienza. In compenso si giovava della sua competenza gastronomica Carlo Caracciolo, che al suo caro amico D'Amato aveva affidato la rubrica di cucina sull'Espresso". Una copertura "pelosa" di Sofri e degli equivoci rapporti con D'Amato (e di questi con esponenti della "sinistra" borghese come quelli facenti capo al gruppo editoriale Espresso), che è tutto un poema!
Tra i nient'affatto stupiti, invece, lo storico socialista Nicola Tranfaglia, oggi nel PdCI, che vede nelle rivelazioni di Sofri una conferma delle sue tesi sul "doppio Stato": " Da tempo sostengo che settori dello Stato siano intervenuti in modo occulto per spingere verso la lotta armata partiti dell'estrema sinistra. In un saggio del 1997, compreso nella Storia dell'Italia repubblicana edita da Einaudi, ho citato un documento americano, firmato dal generale William Westmoreland, in cui si sostiene la necessità di infiltrare i movimenti sovversivi per indurli a compiere attentati. La testimonianza di Sofri potrebbe riguardare un tentativo di applicare quella dottrina. Va ricordato che D'Amato era legato strettamente alla Cia ed era stato uno degli artefici dell'accordo segreto con cui, nel 1951, i nostri servizi furono subordinati a quelli americani".

Una conferma delle denunce del PMLI
Interessanti anche - ma solo per l'imbarazzata ipocrisia che tradiscono - i commenti di altri ex dirigenti di LC, oggi tutti passati felicemente al libro paga del sistema capitalista in generale, come Enrico Deaglio (direttore di Diario), Marco Boato (deputato Verdi) e lo scrittore Erri De Luca, se non addirittura della destra neofascista e berlusconiana, come il direttore di Tgcom Paolo Liguori e il giornalista del Foglio Carlo Panella. Tutti costoro hanno sfrontatamente cercato di cascare dalle nuvole, tranne Deaglio che dapprima ha detto di non saperne nulla come gli altri, salvo poi dopo essere stato tirato in ballo dallo stesso Sofri, che nel successivo intervento ha detto di averne parlato allora con lui, ha ammesso di ricordare "vagamente qualcosa".
Cosa dire ancora di questa squallida vicenda che parla da sola? Quantomeno che avevamo ragioni da vendere a sostenere che le sedicenti "Brigate rosse", e i gruppi "ultrasinistri" e trotzkisti che flirtavano col terrorismo, come LC, erano manovrati occultamente dai servizi segreti, dalla P2 e dalla CIA per spianare la strada alla fascistizzazione dello Stato e all'avvento della seconda repubblica neofascista, presidenzialista e federalista oggi imperante. Con tutte le sue contorsioni e "rivelazioni" a singhiozzo, Sofri non ha risposto infatti a una semplice domanda: perché non denunciò allora pubblicamente e politicamente il tentativo di infiltrazione di D'Amato, e si contentò di "metterlo alla porta" alla stregua di un piazzista un po' invadente? Inoltre ci viene spontanea un'altra domanda, che a nessuno è venuta in mente: se D'Amato, che era un fascista e un golpista ma non certo uno sciocco o uno sprovveduto, tentò di manovrare "Lotta continua" accordandosi con il suo leader, è segno che come minimo conosceva i suoi polli e riteneva di avere qualche probabilità di successo. Il che era più che ragionevole, vista la fine che hanno fatto sia questa organizzazione pseudo rivoluzionaria e trotzkista, sia i suoi leader oggi "pentiti" e ben pasciuti alla greppia del regime neofascista. Senza contare che, in fin dei conti, abbiamo solo la parola di Sofri per credere che tutto si ridusse a quell'unico incontro non andato a "buon fine".
La verità, indipendentemente dalle ambigue e reticenti ricostruzioni di Sofri, è nei fatti: come oggi fa un gioco sporco, utilizzando la sua vicenda personale al servizio del capitalismo e dell'imperialismo, osannandoli come "vincitori" sulla generazione "sconfitta" del '68 e del '77 di cui egli si attribuisce abusivamente la rappresentanza, così ieri faceva un gioco sporco spingendo i giovani rivoluzionari a bruciarsi inutilmente col terrorismo, anziché lottare col e nel PMLI per creare le condizioni per la rivoluzione socialista in Italia. Col fondato sospetto, da lui stesso ora confermato, che quest'opera nefasta sia stata compiuta, in un modo o in un altro, "in combutta" con lo Stato borghese e i suoi servizi segreti fascisti, piduisti e golpisti.
Nel documento del 14 dicembre 1988 dal titolo "Viva la Grande Rivolta del Sessantotto", il CC del PMLI ha definito Sofri un "agente provocatore" della borghesia (vedi il brano del documento riportato qui a fianco).

5 settembre 2007