Per la penna del rinnegato Ferrara
Sperticato elogio de "Il Giornale" a Napolitano

"Se il governo riuscirà a guidare il Paese nella crisi mondiale, se il Paese saprà reggere all'urto degli isterismi collettivi, delle demagogie profuse a piene mani, delle tentazioni destabilizzanti, una parte rilevante del merito andrà ascritta all'asciuttezza, incisività e sapienza del capo dello Stato". Così, in un editoriale su "Il Giornale" del 14 agosto scorso, il rinnegato Giuliano Ferrara arriva a tributare un entusiastico riconoscimento del ruolo chiave di Napolitano a sostegno di Berlusconi e del suo governo neofascista.
Non era mai successo finora, almeno non in maniera così esplicita, ma alla fine, dopo la parte decisiva giocata dall'inquilino del Quirinale nel sostenere in tutti i modi, fino in certi momenti alla vera e propria supplenza, il governo e i suoi provvedimenti da massacro sociale nell'infuriare della crisi finanziaria e politica di questa estate, il consigliere del nuovo Mussolini non ha potuto fare a meno di riconoscerlo e di dargli il dovuto rilievo.
Non a caso l'editoriale è stato pubblicato subito dopo la firma di Napolitano alla stangata antipopolare del 12 agosto, e il fatto che sia stato pubblicato sul quotidiano di famiglia del neoduce significa che il suo contenuto è condiviso e approvato dal "capo". L'elogio di Ferrara al nuovo Vittorio Emanuele III si fa addirittura sperticato quando sottolinea la "differenza" tra "il comunista, riformista ed europeista Giorgio Napolitano" e i suoi due immediati predecessori, l'"intrigante ribaltonista antiberlusconiano" Scalfaro e l'"illuminista vicino ai simboli", ossia massone, Ciampi: "Napolitano è di una specie assolutamente diversa", prorompe pieno di ammirazione Ferrara, che tra l'altro ha sempre riconosciuto a Napolitano un ruolo di suo antico maestro come antesignano di tutti i rinnegati come lui, essendo stato il capo storico della corrente "migliorista" del PCI, corrente della destra revisionista che spingeva il partito ad abbandonare ogni richiamo sia pure formale al suo passato, abbracciare il capitalismo e allearsi in modo subalterno all'allora PSI di Craxi.
Ferrara gli riconosce quindi di fatto di essere quello che noi andiamo dicendo da quando ha conferito l'incarico di premier al neoduce, cioè di essere il nuovo Vittorio Emanuele III, la miglior garanzia per Berlusconi di durare per tutta la legislatura. Come quando afferma che "la sua dottrina è semplice: quando non ci sia un'alternativa nel Parlamento o una seria circostanza di rottura istituzionale che riguardi i rapporti tra le Camere e il Paese, il governo è quello eletto, la legislatura è quella definita dalla legge, e i poteri dell'esecutivo possono essere sorvegliati secondo le prerogative proprie del presidente, possono essere stimolati con la persuasione morale, possono essere scossi dall'iniziativa istituzionale, ma mai sovvertiti per la via di trame di palazzo e giochi di partito o di lobby". Al punto che, conclude il rinnegato Ferrara, "alla fine toccherà a Berlusconi, uomo di novità e di rottura, elevare un monumento equestre al solido campione del passato, al politico integralmente formatosi nella Repubblica dei partiti e delle ideologie, per aver compiuto la sua missione personale combattendo la faziosità partitocratica e lobbistica e le sue inquietanti fumisterie".
Col che ecco serviti a dovere tutti coloro, come il liberale Bersani e il moralista borghese Scalfari, che continuano a spacciare il rinnegato del Quirinale come il più sicuro e intransigente "baluardo" a difesa della Costituzione e della democrazia dagli attacchi presidenzialisti e golpisti del premier.

7 settembre 2011