Mentre la manovra sale a 68 miliardi di euro e la speculazione finanziaria attacca anche l'Italia
Napolitano invoca l'unità tra governo e opposizione parlamentare sulla stangata
Bersani, Di Pietro e Casini pronti a "collaborare". Tregua armata tra il neoduce e Tremonti per "calmare" i mercati
Il governo della macelleria sociale va abbattuto con un nuovo 25 Aprile

Ora che ne è stato reso noto il testo definitivo, dopo che Napolitano l'ha firmata il 6 luglio e contemporaneamente Tremonti l'ha illustrata alla stampa, la manovra governativa appare ancor più devastante di quanto già sembrava dalle anticipazioni dei giorni scorsi: a regime, cioè per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014, la stangata non sarà di 47 ma di ben 68 miliardi.
Il capo dello Stato, infatti, nel firmare il decreto, l'ha accompagnato con una nota in cui osserva che per conseguire quell'obiettivo mancano alla manovra governativa ancora 15 miliardi, per trovare i quali "si dovrà procedere con gli ordinari strumenti di bilancio per il triennio 2012-2014 e i relativi disegni di legge collegati". E in conferenza stampa Tremonti non solo ha concordato con le osservazioni del Quirinale, ma ha rincarato la dose fornendo le cifre definitive della manovra, che sono ancor più elevate di quanto era stato riportato in precedenza sui giornali: 2 miliardi per quest'anno; 6 nel 2012; 18 nel 2013, a cui si aggiungeranno però altri 2 miliardi "risparmiati" dall'assistenza (pensioni di invalidità e reversibilità, accompagnamento, ecc.); e altri 25 (e non 20, come era stato detto) nel 2014. Più, appunto, i 15 miliardi mancanti lamentati da Napolitano, il che porta il totale della manovra a ben 68 miliardi di euro.
Dove pensa Tremonti di trovare i 15 miliardi non previsti nel decreto? Il ministro dell'economia ha spiegato solo che saranno rastrellati col "riordino" delle detrazioni e agevolazioni previsto nel disegno di legge delega fiscale e assistenziale che accompagna il decreto, il cui testo però è ancora sconosciuto.
Cioè pescando tra le oltre 400 voci che consentono detrazioni fiscali, alcune anche assurde e anacronistiche, ma per la maggior parte legate a condizioni disagiate e oneri assistenziali: tra cui per esempio le detrazioni per carichi familiari e per lavoratori dipendenti, per spese sanitarie, interessi sui mutui casa, per assicurazioni sulla vita e antinfortunistiche, per spese assistenziali di portatori di handicap, e così via. Si parla di un bacino potenziale di oltre 100 miliardi di euro su cui il superministro intende affondare il bisturi. O meglio, farlo fare al governo che ci sarà a quel momento.
Tremonti ha anche aggiunto che questa "riforma" dell'assistenza è "blindata", nel senso che è stata prevista una clausola di salvaguardia che farà scattare tagli di pari importo e in maniera indiscriminata se il disegno di legge delega non andrà a buon fine. Ossia, come ha suggerito anche Napolitano, i 15 miliardi saranno in quel caso inseriti nella legge di stabilità ordinaria per l'anno in corso. Se non è macelleria sociale, questa, che cos'è mai?

Manovre elettoralistiche e clientelari
Le differenze tra il decreto approvato dal Consiglio dei ministri il 30 giugno e presentato nella prima conferenza stampa congiunta di Berlusconi e Tremonti, e il testo approdato dopo diversi giorni al Quirinale per la firma, sono dovute anche alle manovre sotterranee di stampo elettoralistico e clientelare che si sono scatenate nella maggioranza per aggiungere, togliere o modificare questa o quella misura a proprio vantaggio. Il caso più scandaloso è quello del comma 23 fatto aggiungere di soppiatto da Berlusconi all'articolo 37 del decreto, e poi ritirato per manifesta illegalità: la cosiddetta clausola salva-Fininvest, per annullare in anticipo l'imminente sentenza di appello civile del Tribunale di Milano sul risarcimento alla CIR di De Benedetti conseguente a quella penale sul lodo Mondadori. Tremonti ne ha negato non solo la paternità, che il neoduce gli aveva invece attribuito, ma perfino di esserne stato messo al corrente (cosa questa assai meno credibile), limitandosi a rispondere seccamente ai giornalisti, che gli chiedevano di chiarire questo punto, di rivolgere la domanda "a Palazzo Chigi".
Un'altra misura espunta dal documento definitivo, dopo il lungo tira e molla tra la Lega e il ministro dell'Ambiente Prestigiacomo, è quella sulla cancellazione degli incentivi alle energie rinnovabili. In compenso è rimasta la scandalosa cancellazione delle multe sulle quote latte difesa a spada tratta dalla Lega. Ma sono spuntate fuori altre brutte sorprese, come la supertassa dell'aumento dei bolli sui BOT, che oltretutto puzza anche di incostituzionalità perché in percentuale va a punire maggiormente i piccoli depositi di titoli in banca rispetto a quelli più grossi.
E così crescono nella maggioranza i malumori per l'impatto negativo che la manovra ha anche sull'elettorato del "centro-destra". La Lega teme conseguenze per il federalismo fiscale provenienti dai tagli a Regioni ed Enti locali, che sono sul piede di guerra perché tra la manovra dell'anno scorso e l'attuale, sono ben 22 i miliardi tagliati. Solo per i Comuni il taglio è di 7 miliardi, sottratti a sanità, asili nido, trasporti e altri servizi. Lo stesso Berlusconi è scontento per la mancata riforma fiscale subito, con la quale sperava di rialzare le sue sorti elettorali, e non nasconde tutta la sua ostilità a Tremonti, che a detta sua "è l'unico nel governo che non fa gioco di squadra", ossia non apre i cordoni della borsa e non si sottomette ai suoi capricci, ma si comporta ormai come un superministro, l'unico di cui i mercati "si fidano" e capace di fare argine alla speculazione internazionale.

Napolitano puntella il governo per salvare la manovra
Il neoduce vede ormai Tremonti più come un possibile rivale capace di scalzarlo, il potenziale premier di un "governo tecnico" dopo la sua caduta, piuttosto che un alleato. I due sono arrivati ai ferri corti, tanto che a un certo punto Tremonti ha minacciato perfino le dimissioni, e l'instabilità politica generata da questo sordo dissidio, aggravata dallo scandalo del caso Milanese in cui il superministro si trova impegolato, ha allarmato Napolitano che ha chiesto e ottenuto dai due una "tregua", certificata da un pranzo in cui i due rivali hanno finto di smentire ogni voce di dissidio, per non dare ulteriore esca alla speculazione internazionale che ha preso di mira la nostra economia.
Ciò comunque non è bastato affatto ad arginarla, tanto che i tonfi in Borsa di venerdì 8 e lunedì 11 luglio e l'impennata dei tassi sui titoli di Stato hanno fatto temere l'arrivo di una tempesta finanziaria come quella che sta passando la Grecia.
Napolitano, dopo l'incontro col presidente tedesco in visita di Stato in Italia, aveva già "auspicato un confronto aperto e costruttivo" tra governo e opposizione per varare al più presto la manovra economica e calmare i mercati. Dopo il "venerdì nero" la sua richiesta si è fatta ancor più diretta e imperativa, arrivando a chiedere senza mezzi termini una vera e propria unità sulla stangata in nome della stabilità finanziaria: "Maggioranza e opposizione - ha detto l'inquilino del Quirinale in tono perentorio - devono concordare sulla necessità di conseguire l'obiettivo del pareggio di bilancio. Voglio che questo obiettivo non sia messo in discussione da nessuna parte politica".
E immediatamente, sia Bersani che Di Pietro e Casini, hanno risposto alla chiamata alle armi del nuovo Vittorio Emanuele III dicendosi pronti a "fare la loro parte" e a "collaborare" col governo. Il che significa che non solo rinunceranno a ogni ipotesi di ostruzionismo, ma favoriranno al massimo l'intenzione del governo di approvare la stangata in fretta e furia, forse anche nel giro di una o due settimane, sicuramente prima della pausa estiva. E sarebbe il colmo se alla fine contenesse anche una nuova leggina salva-Fininvest, che il neoduce potrebbe far inserire all'ultimo tuffo, per farla passare insieme alla manovra blindata, con tanto di via libera dell'"opposizione" e di firma a razzo di Napolitano.
Il governo stangatore e della macelleria sociale non merita certo di essere aiutato in alcun modo. Va abbattuto con un nuovo 25 Aprile.

13 luglio 2011