Facilitò i legami tra Pavelic, Mussolini e il papa fascista Pio XII
Il nero Ratzinger fa santo Stepinac, vescovo dei fascisti ustascia
Fu l'artefice della "soluzione finale" contro musulmani e cattolici ortodossi

Nella completa omologazione della Chiesa cattolica alla nera dottrina di Karol Wojtyla prima e dell'ex giovane hitleriano e attuale papa Ratzinger, non è mancato il completamento della santificazione di una delle figure più lugubri del Novecento cristiano, quale è quella del vescovo Stepinac.
Già beatificato nel 1998 dal falso antinazista Giovanni Paolo II, nonostante le proteste dei cattolici più progressisti, l'alto prelato croato è stata una vera e propria cerniera tra i fascisti croati, gli Ustascia, agli ordini di Ante Pavelic, Mussolini e il papa fascista Pio XII, nell'ottica di far sviluppare l'ideologia e l'occupazione militare nazi-fascista nell'area dei Balcani. In cambio la Chiesa cattolica, completamente ammanigliata alle dittature terroristiche fascista e nazista, propugnava l'espansione del cattolicesimo nella zona della ex Jugoslavia e una sorta di "soluzione finale" che eliminasse il problema dei serbi musulmani.
Il tutto ben sintetizzato dai proclami alla Goebbels di Pavelic: "Un terzo dei Serbi deve diventare cattolico, un terzo deve abbandonare il paese, un terzo deve morire!". Gli Ustascia passarono dalle parole ai fatti e nella Croazia ormai fascistizzata furono assassinati tre vescovi, più di cento preti e monaci ortodossi e 180.000 fra serbi ed ebrei. Per ordine dell'ordinariato episcopale le chiese ortodosse vennero trasformate in luoghi di culto cattolico oppure furono completamente distrutte. Il mese seguente vennero ammazzati oltre 100.000 Serbi, donne, vecchi, bambini, mentre nella chiesa di Glina avvenne una delle stragi più efferate e trasformata in un vero e proprio mattatoio.
Tutto ciò sotto gli occhi dell'allora presidente della conferenza episcopale croata e arcivescovo di Zagabria che, vigliaccamente, non usciva allo scoperto, tessendo le fila della soluzione finale dietro le quinte, anche se, tronfio della sua nefanda opera, esternò compiacimento verso Pavelic, soprattutto con l'avvento degli anni '40 e l'aumento della recrudescenza fascista croata: "che Pavelic è un devoto cattolico e la chiesa gode di una piena libertà d'azione", compiacendosi, Stepinac, della dichiarazione di guerra aperta e senza regole alla chiesa ortodossa.
Successivamente il vescovo nero completò l'opera di ricongiungimento con la Chiesa cattolica e fece riconoscere ufficialmente la Croazia degli Ustascia. In tutta risposta la Chiesa appoggiò in maniera convinta il fascismo croato e nel gennaio del 1942 Stepinac venne nominato dal Vaticano Vicario militare degli Ustascia: subito quasi 150 preti divennero cappellani dell'esercito ustascia. Dal canto suo Pavelic, sempre ben foraggiato e protetto dal duce Mussolini, ricambiò la "cortesia" e nel 1944 Stepinac venne decorato dal governo fascista croato con la "Gran Croce con Stella", una delle massime onorificenze del regime. Il genocidio in atto voluto da Pavelic e da Stepinac si concluse con la vittoria sul mostro ustascia da parte dei partigiani jugoslavi e la nuova Jugoslavia colpì il potere cattolico fascista chiudendo le scuole cattoliche, espropriando le proprietà della Chiesa, requisendo le tipografie eliminando la religione dall'insegnamento ufficiale delle scuole. Nonostante Stepinac avesse sostenuto il regime fascista croato, Pio XII lo confermò provocatoriamente alla carica di primate di Croazia.
Le dure proteste delle masse popolari liberate portarono il 18 settembre 1946 la magistratura di Zagabria a disporre l'arresto di Alojzije Stepinac, accusandolo di "collaborazionismo e di attività eversiva contro lo Stato jugoslavo". Il processo contro di lui per presunta collaborazione con gli ustascia iniziò il 30 settembre 1946 e queste furono vili affermazioni di Stepinac in sua "difesa": "Sono stati falsificati i documenti e le foto che mi mostrano con la mano alzata in saluto fascista e non è vero che ho preso parte alla benedizione delle flotte croate che partirono per il mar Nero; non presi parte né a quella cerimonia, né sollevai la mano in segno fascista". La requisitoria della pubblica accusa fu durissima: collaborazione con i nazisti, relazioni con il governo di Paveli, nomina di cappellani dell'esercito croato, conversione forzata di serbi-ortodossi al cattolicesimo, opposizione al governo socialista. Il processo durò pochi giorni e dei 35 testimoni proposti dalla difesa, tra cui c'erano alcuni serbi ed ebrei, ne vennero ascoltati solo 8. L' 11 ottobre 1946 l'arcivescovo Stepinac veniva condannato "alla pena di privazione dalla libertà con lavori forzati per la durata di 16 anni e alla privazione dei diritti politici e civili per la durata di cinque anni". Non vi fu, giustamente, alcuna amnistia dall'allora governo jugoslavo e lo stesso vescovo degli ustascia fascisti morì nel 1960, completando l'iter dei lavori forzati cui era stato condannato.
Nessun revisionismo storico, dunque, sul collaboratore dei nazifascisti Stepinac come dice il papa nero Ratzinger, né l'assunto che il vescovo ustascia "concesse inizialmente qualche protezione agli ustascia ma che poi si accorse strada facendo dell'errore compiuto e prese le distanze" si possono accettare. I collaboratori del nazifascismo, al pari dei fascisti e dei nazisti, hanno per noi marxisti-leninisti posto solo nello squallido pattume della storia e per loro non esisterà, né ora né mai, alcuna riabilitazione.

18 gennaio 2012