Strage di militari italiani in Afghanistan
Stomachevole patriottismo guerrafondaio esaltato da Napolitano e dal papa
Manifestazioni per il ritiro del contingente italiano a Roma, Milano, Firenze e Vicenza. Alcune scuole non osservano il minuto di silenzio imposto dal governo

Il 17 settembre a Kabul un'autobomba ha fatto saltare per aria due mezzi blindati italiani del contingente di occupazione imperialista. Il bilancio dell'attacco è di 6 paracadustisti della "Folgore" e 10 civili morti e una sessantina di feriti fra i quali altri 4 parà. Un attacco della resistenza in una zona di Kabul fortemente presidiata e vicina all'ambasciata degli Usa subito dopo l'annuncio, da parte della Commissione elettorale afghana, dei risultati preliminari delle elezioni presidenziali farsa che davano vincente il presidente uscente Hamid Karzai con il 54,6 per cento dei voti, sul poco più del 40% degli elettori che avevano votato.
Dopo la strage di Kabul il bilancio delle vittime italiane è salito a 21 soldati, su un totale, dall'inizio dell'occupazione del paese nel 2001, di 1.400 soldati degli eserciti imperialisti uccisi e con una significativa escalation negli ultimi 3 anni: 232 morti nel 2007, 294 nel 2008, 355 nel 2009. A segnalare che la resistenza è sempre più forte e che è necessario l'immediato ritiro del contingente militare di occupazione. Una misura che i paesi imperialisti non hanno alcuna intenzione di prendere. Da Obama che aumenta il contingente americano agli altri alleati, Italia in testa.
Subito il PMLI, attraverso un comunicato (pubblicato in questa stessa pagina), chiedeva con forza di "ritirare immediatamente il contingente italiano dall'Afghanistan".
La strage di Kabul e i funerali delle vittime a Roma il 21 settembre sono stati l'occasione per un'orgia di stomachevole patriottismo guerrafondaio alimentata dal presidente Giorgio Napolitano, da governo e "opposizione" parlamentare uniti a una sola voce, dal Papa. Neanche un'ombra di dubbio in favore della spacciata "missione di pace" che in realtà è una missione di guerra.
Il 17 settembre, in visita ufficiale a Tokyo, il capo dello Stato indirizzava "ai nostri valorosi, che rappresentano l'Italia in questa difficile missione internazionale per la pace e la stabilità, l'espressione della nostra riconoscenza e della nostra vicinanza". E aggiungeva: "non credo ci sia nulla da rivedere nella missione italiana in Afghanistan. Manterremo gli impegni presi".
A ruota il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che al termine del Consiglio dei ministri del 18 settembre affermava: "ora è il momento del cordoglio, della vicinanza e della solidarietà ai nostri ragazzi che hanno sacrificato la vita per il Paese". A Berlusconi che sottolineava come la missione italiana in Afghanistan "è essenziale", in risposta alle lacrime di coccodrillo dell'ipocrita Bossi, faceva eco D'Alema con "il ritiro? Una catastrofe". L'esponente Pd esprimeva "solidarietà alle nostre Forze Armate impegnate contro il terrorismo e per la pacificazione dell'Afghanistan". Seguito da Piero Fassino, responsabile politica estera del Partito Democratico, che aggiungeva: "siamo vicini alle forze armate per il tributo di sangue pagato ancora una volta per affermare le ragioni della pace''.
Non mancava la voce dell'Udc col segretario Lorenzo Cesa: "ci inchiniamo al sacrificio di questi sei eroi della pace, caduti per difendere la popolazione afghana dalla furia cieca del terrorismo. (...) Non è il momento delle divisioni, ma quello dell'unità: stringiamoci tutti intorno ai nostri militari, senza tentennamenti.
Non si badi a spese per garantire loro tutti i mezzi e le risorse perché possano svolgere al meglio questo difficile, ma irrinunciabile lavoro". Come non mancava il commento dell'ex fascista Eugenio Scalfari che iniziava l'editoriale su la Repubblica del 20 settembre con: "dopo i giorni del dolore per i sei ragazzi della Folgore uccisi a Kabul dai terroristi talebani e i quattro feriti, arriva il momento della riflessione politica sulla situazione in Afghanistan e in tutta l'Asia di mezzo". Una riflessione che non portava certo al ritiro del contingente di occupazione imperialista.
Da Castelgandolfo aggiungeva la sua voce Benedetto XVI nel rendere omaggio a tutti "i contingenti internazionali che hanno avuto vittime e che operano per promuovere la pace e lo sviluppo delle istituzioni, così necessarie alla coesistenza umana". E rinnovava il suo incoraggiamento "alla promozione della solidarietà tra le nazioni per contrastare la logica della violenza e della morte". Una benedizione all'esercito imperialista occupante in Afghanistan che non porta certo "democrazia e libertà" ma bombe e morte.
A fronte di questa ostentazione di patriottismo guerrafondaio ci sono state il 19 settembre alcune manifestazioni che si sono svolte a Roma, dove alcune centinaia di dimostranti si sono ritrovati a piazza Navona per la manifestazione inopportunamente revocata per la libertà di stampa; a Milano alla manifestazione antirazzista; a Vicenza, dove oltre 1.500 hanno partecipato alla fiaccolata contro l'ipotesi della Prefettura di impedire i cortei nel centro cittadino. Manifestazioni convocate per altre ragioni ma che hanno espresso la volontà per il ritiro immediato del contingente italiano. Un sit-in si è svolto martedì 22 a Firenze, presente il PMLI. Presidi e volantinaggi anche a Pisa e Palermo.
In occasione dei funerali del 21 settembre, dalla folla si sono sollevate grida di protesta: "ritirateli, quanti morti ci devono essere ancora?" e "adesso ritirateli!", seguite da numerosi applausi.
Diverse scuole non hanno osservato il minuto di silenzio imposto dal governo in occasione dei funerali. Secondo il ministero dell'Istruzione la circolare che imponeva il minuto di silenzio non è stata rispettata in varie regioni e la ministro Mariastella Gelmini ha espresso "amarezza" per "l'idea che, per motivi di polemica politica, alcuni docenti e dirigenti scolastici abbiano voluto deliberatamente mancare di rispetto a chi ha dato la propria vita per portare pace e sicurezza nel mondo". Per tutte le scuole chiamate in causa ha risposto la responsabile di una scuola romana: "in questo momento sarebbe stata solo retorica. Se proprio va osservato un minuto di silenzio deve essere dedicato a tutte le vittime che muoiono sul posto di lavoro. Non è stata una scelta polemica ma pedagogica. In ogni caso una vera missione di pace va fatta con dottori e insegnanti non con i militari".

23 settembre 2009