LA STORIA DEL KOSOVO
La storia recente del Kosovo
parte dalla disgregazione dell'impero ottomano a fine '800. Per circa 400 anni i popoli
della penisola balcanica avevano patito sotto il tallone della dominazione turca, sia
quelli di origine slava che erano arrivati nella regione attorno al 500 che gli albanesi,
discendenti dalle antiche popolazioni illiriche presenti già prima della conquista da
parte dell'impero romano. La regione fu il centro del principato di Raska dal VII al XII
secolo quando fu annessa dal sovrano serbo Stefano Nemanja che per un certo periodo
stabilì la capitale a Prizren. La vittoria dei turchi nella battaglia della Piana dei
merli in Kosovo nel giugno 1389 contro le forze slave, albanesi e bulgare segnò l'inizio
della caduta della Serbia inglobata nell'impero ottomano nella metà del secolo successivo
assieme alla Bosnia-Erzegovina. La città kosovara di Pec dal 1557 al 1766 fu sede del
patriarca della chiesa ortodossa di Serbia.
La regione fu teatro di ripetute ribellioni contro i turchi. Nella lotta dei popoli
balcanici contro l'impero ottomano si inserirono a fine '800 le grandi potenze europee. In
particolare avevano mire sulla regione l'impero austro-ungarico, che già comprendeva
Slovenia e Croazia e puntava alla conquista della Bosnia con l'appoggio della Germania, e
la Russia zarista; l'Inghilterra si preoccupava di rallentare la frana dell'impero
ottomano per arginare l'espansione della Russia zarista. La guerra russo-turca del 1877 si
concluse con la sconfitta turca ratificata nel congresso di Berlino del giugno 1878 a cui
parteciparono tutte le grandi potenze europee che ridisegnarono artificiosamente la carta
della penisola balcanica creando le condizioni per fare della penisola "la
polveriera" dell'Europa. Solo Serbia, Montenegro e Romania videro riconosciuta la
completa indipendenza, l'Austria occupò la Bosnia (annessa nel 1908) e il Sangiaccato, il
resto della penisola restò sotto dominio ottomano.
Di nuovo l'ingerenza delle grandi potenze europee unite alle ambizioni espansioniste delle
monarchie e delle borghesie locali determinarono la spartizione della parte meridionale
della penisola tra Serbia, Bulgaria e Grecia dopo le guerre balcaniche del 1912 e 1913 che
segnarono la fine del dominio turco nella regione. Fu riconosciuta l'esistenza di uno
stato albanese, solo nei confini attuali, ma affidato alla reggenza di un principe
tedesco; il Kosovo fu assegnato alla Serbia.
Le due guerre balcaniche furono il preludio del primo conflitto mondiale che proprio
nell'assassinio dell'erede al trono austriaco a Sarajevo il 28 giugno 1914 ebbe il
pretesto formale per lo scontro tra le grandi potenze. I trattati di pace ridisegnarono i
confini della penisola balcanica ancora una volta secondo gli interessi imperialisti delle
potenze vincitrici. La Francia sponsorizzò la nascita del Regno dei serbi, dei croati e
degli sloveni, compreso il Kosovo, a cui si unirono Montenegro e Bosnia e che nel 1929
prese il nome di Jugoslavia sotto la corona del principe serbo Alessandro Karagjorgjevic.
La Jugoslavia fu occupata e smembrata tra la Germania e l'Italia nel secondo conflitto
mondiale. La vittoria delle forze della resistenza, guidate da Tito, grazie all'aiuto
dell'Unione sovietica di Stalin si concluse con la proclamazione della Repubblica
federativa di Jugoslavia. La nuova Costituzione approvata il 31 gennaio 1946 prevedeva
l'unione di sei repubbliche e due regioni autonome (Kosovo e Vojvodina). La costruzione
del socialismo poteva essere il collante per tenere assieme i popoli della Jugoslavia ma
tale strada non fu perseguita per la politica revisionista di Tito. Con la riforma
costituzionale del 1971 e la nuova carta del 1974 le repubbliche federali ottennero la
sovranità statale, il Kosovo lo status di provincia autonoma con proprie istituzioni
indipendenti da quelle serbe.
Una rivolta indipendentista dei kosovari albanesi nel 1981 è repressa dall'esercito
jugoslavo. Le spinte nazionaliste dei dirigenti delle repubbliche federate alla fine degli
anni '80, avallate dalle potenze europee, porteranno alla disgregazione della federazione;
una di queste spinte è quella del progetto di "Grande Serbia" di Milosevic,
eletto presidente nell'89, che porta tra l'altro al maggior controllo serbo sul Kosovo.
Il parlamento regionale del Kosovo controllato da Belgrado approva il 23 marzo 1989 una
modifica alla costituzione che estende il controllo della Serbia sul proprio sistema
amministrativo, giudiziario e scolastico. Gli scioperi e le manifestazioni della
popolazione contro la decisione del parlamento saranno soffocati dai carri armati serbi
che interverranno contro nuove manifestazioni indipendentiste anche nel febbraio 1990. Nel
settembre 1990 l'Assemblea di Belgrado scioglie il parlamento kosovaro e cancella
l'autonomia della regione; è proibito l'uso della lingua albanese, chiusi giornali e
radio, licenziati migliaia di impiegati kosovari albanesi dal settore pubblico. Al
capillare controllo poliziesco serbo gli indipendentisti rispondono organizzando
amministrazioni comunali, scuole, ospedali per conto proprio.
Il 29 settembre 1991 i kosovari albanesi proclamano la repubblica indipendente del Kosovo,
riconosciuta solo da Tirana; il 24 maggio 1992 Rugova è eletto presidente. Milosevic
militarizza la regione e dichiara illegali anche le successive elezioni del parlamento
kosovaro tenute il 22 marzo 1998. Nel frattempo una parte degli indipendentisti si
organizza nell'Uck e dà inizio alla lotta armata.
La repressione serba in Kosovo miete numerose vittime tra la popolazione; i paesi
occidentali impongono sanzioni alla Serbia e decidono di sostenere l'autonomia, non
l'indipendenza, della regione da Belgrado. Il resto è cronaca dei nostri giorni con
l'offensiva serba nell'estate dello scorso anno allo scopo di eliminare le forze dell'Uck,
i massacri di civili nei villaggi kosovari, le prime decine di migliaia di profughi che
scappano in Albania e Macedonia; l'ultimatum della Nato nell'ottobre scorso, i negoziati
che si trascinano fino al fallimento di quelli di Parigi del 15 marzo, l'aggressione
dell'imperialismo occidentale che scatta il 24 marzo.
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