Afghanistan
Strage di civili a Herat
Gli Usa bombardano la popolazione nella zona occupata dal contingente italiano
L'offensiva dei soldati americani scattata a fine aprile nel distretto di Herat con l'impiego dei bombardieri strategici B-1 ha ucciso diverse decine di civili e scatenato una serie di proteste della popolazione contro le truppe occupanti.
Secondo quanto denunciato dai membri della missione Onu in Afghanistan (Unama) che l'1 Maggio si sono recati nei villaggi della valle di Zerkoh, nella provincia occidentale di Herat, sotto le bombe Usa sono rimasti uccisi decine di civili, una sessantina, tra cui 18 donne; centinaia di abitazioni sono state distrutte e circa 10 mila abitanti della valle sono fuggiti a nord verso il capoluogo distrettuale di Shindand.
Il comando americano ha negato la strage di civili e comunicato che nell'offensiva di fine aprile nella provincia di Herat sono stati uccisi almeno 130 talebani. Prontamente smentito dagli emissari Onu e dalle denunce della popolazione che ha manifestato contro gli occupanti. Il 30 aprile migliaia di persone sono scese in piazza a Herat urlando slogan contro le truppe americane e afghane, alcune centinaia di dimostranti hanno manifestato davanti alla stazione di polizia del distretto di Shindand al grido di "Morte all'America". A Jalalabad, vicino la frontiera col Pakistan, un migliaio di studenti hanno manifestato per diversi giorni contro i raid americani sui civili, con cortei e blocchi stradali, bruciato bandiere Usa e manichini di Bush e urlato "Morte a Bush", "Morte a Karzai".
La protesta contro i massacri di civili durante l'offensiva "Achille" lanciata dagli occupanti imperialisti nelle regioni del sud del paese è stata così forte che anche il fantoccio Karzai ha dovuto far finta di protestare con i comandi Usa e Nato: "Le morti dei civili e le continue perquisizioni arbitrarie nelle case hanno raggiunto un livello inaccettabile (sic!). La pazienza del popolo afghano è agli sgoccioli".
L'offensiva americana nella regione di Herat, nella zona occupata dal contingente italiano, ha causato anche le "preoccupazioni" dell'Italia, espresse dal ministro degli Esteri Massimo D'Alema e dal ministro della Guerra Arturo Parisi.
Il ministro Parisi nel corso della visita a Kabul, il 7 maggio, ha affermato che l'attacco nella valle di Zenkoh è stato "uno sconfinamento" delle forze Usa nell'area sotto controllo del contingente italiano, un avvenimento "negativo" che non deve più ripetersi. Pochi giorni prima D'Alema durante un'audizione alle commissioni congiunte Esteri e Difesa del Senato si era lamentato per lo scarso coordinamento tra la missione Isaf della Nato, cui partecipa l'Italia, che "mira alla stabilizzazione e alla pacificazione" e quella Usa di "Enduring Freedom" che "mira a ricercare e colpire gruppi di talebani". Come se le truppe Isaf, comprese quelle italiane, non fossero inserite in una unica catena di comando che dal 4 febbraio scorso, agli ordini del generale statunitense Dan K. McNeill, unifica di fatto le operazioni Nato e Usa. E rende il contingente di occupazione italiano corresponsabile delle stragi di civili afghani.

9 maggio 2007