Strage di cristiani copti in Egitto

Era da poco passata la mezzanotte a Sidi Bishr, uno dei quartieri di Alessandria, la seconda città egiziana, quando davanti alla Chiesa dei Santi una violentissima esplosione investiva i fedeli mentre uscivano dalla messa di fine anno. L'incendio causato dall'esplosione si propagava alle automobili parcheggiate sulla strada che a loro volta esplodevano. Il bilancio diffuso dal ministero della Sanità egiziano sull'attentato dell'1 gennaio parla di 23 vittime e 80 feriti, il più grave attentato compiuto in Egitto negli ultimi anni.
Il presidente Mubarak, al potere dal 1981 e in procinto di lasciare la carica a favore del figlio, ha affermato che l'attentato "reca l'impronta di elementi stranieri" e le indagini della polizia si sono indirizzate verso il cosiddetto "terrorismo islamico".
La rabbia della comunità copta, che rappresenta circa il 10% degli 80 milioni di egiziani, si è manifestata in proteste al Cairo con migliaia di giovani che scendevano in strada armati di sassi e bottiglie si scontravano con la polizia e urlavano slogan contro il presidente Hosni Mubarak, accusato di non aver protetto a sufficienza le chiese copte. E denunciavano le gravi discriminazioni subite da parte del governo, chiedendo tra l'altro l'abolizione dell'indicazione della fede nelle domande d'impiego, nei documenti di compravendita e di delega e una legge unica per i luoghi di culto che elimini le difficoltà per costruire chiese.
La polizia disperdeva anche una manifestazione di un migliaio di dimostranti, sia copti che musulmani, che si erano radunati insieme nel pressi della chiesa colpita nella notte di Capodanno per esprimere la loro solidarietà alle vittime della strage.
Una netta condanna alla strage di Alessandria è stata espressa dal responsabile della moschea di Al-Ahzar, dal movimento dei Fratelli Musulmani e dai movimenti di opposizione al regime che sono scesi in strada a fianco dei copti per protestare contro il governo incapace di salvaguardare le minoranze.

19 gennaio 2011