Alla deriva da 20 giorni nessuna nave che passava li ha soccorsi
Strage di immigrati nel Canale di Sicilia
A Lampedusa sbarcano in 5 erano 78 su gommone. Il figlio di Bossi gioca a "rimbalza clandestino"
Gravi responsabilità dei governanti italiani e maltesi

Il Mediterraneo è diventato sempre di più il cimitero di migliaia e migliaia di migranti che dalle coste africane fuggono dalla fame, dalle guerre, dalla persecuzione politica e tentano il viaggio della speranza (o della disperazione) verso l'Italia e altri paesi europei. Le cifre ufficiali di questa odissea sono davvero agghiaccianti e assolutamente intollerabili: nel 2009, ma l'anno non è finito, si contano ben 500 (uomini, donne, bambini) che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le nostre coste. Nel 2008 i migranti morti in mare erano stati 642. Un dato più complessivo che conta le vittime dal 1988, parla di 4.638. Sono dati in difetto giacché la realtà è ancora peggiore. Sono dati che riguardano solo il nostro Paese. Il numero cresce più del doppio (14.794 secondo l'osservatorio Fortress Europe) se si aggiungono i migranti morti mentre cercavano di raggiungere anche altri paesi dell'Europa.
L'ultima tragedia del mare riguarda la strage di 73 immigrati eritrei avvenuta nella prima metà di agosto di cui portano, per come sono andate le cose, gravissime responsabilità i governanti italiani e maltesi. Erano partiti in 78 (58 maschi e 20 donne) da Tripoli il 28 luglio scorso, stipati su un gommone di 12 metri e sono arrivati in cinque (tra cui 3 ragazzi e una donna) il 20 agosto, soccorsi finalmente dalla Guardia di finanza a 12 miglia da Lampedusa. Gli altri 73, morti di fame e di sete nel corso della traversata, sono stati gettati in mare dai sopravvissuti. Ecco il racconto terrificante di uno di loro appena toccata terra: "Siamo partiti oltre 20 giorni fa dalla Libia, eravamo in 78. Noi siamo gli unici sopravvissuti. I nostri compagni morivano e noi gettavamo in mare i loro cadaveri. Durante la traversata abbiamo incrociato almeno 10 imbarcazioni, alle quali abbiamo chiesto inutilmente aiuto. Solo qualche giorno fa un pescatore ci ha offerto acqua e cibo". Nonostante che il racconto dei fatti sia stato poi confermato dagli altri compagni di viaggio, aggiungendo altri particolari che aggravano le responsabilità di chi doveva prestare soccorso e non l'ha fatto, nonostante che l'imbarcazione fosse compatibile ad "ospitare" il numero suddetto di migranti eritrei, il ministro dell'Interno, il leghista Roberto Maroni che è l'autore principale della nuova legge razzista e xenofoba in tema di immigrazione, con un cinismo senza pari a messo in discussione la versione degli avvenimenti e dato mandato al prefetto di Agrigento di stilare una relazione. Intanto una parte dei cadaveri sono stati avvistati e raccolti dalle motovedette maltesi.
Mano a mano che tutte notizie sulla vicenda si completano e il quadro si chiarisce emerge una verità pesante e indiscutibile: questi 73 migranti potevano essere salvati e, invece, sono stati lasciati morire in modo disumano. Tutti gli allarmi lanciati dallo stesso gommone con i cellulari, fino a che non sono finite le batterie, e da terra da parte di parenti e amici preoccupati dal ritardo sono stati vigliaccamente ignorati da chi di dovere. Da più parti è stata disattesa, anzi tradita la legge del mare che impone a tutte le imbarcazioni, specie se si tratta di marina militare, di salvare la vita dei naufraghi. E questo, con la legge Maroni che tra l'altro comprende il respingimento dei barconi pieni di immigrati verso le coste libiche è diventato più facile. Non tutti, ma tanti pescherecci, diversamente dal passato, ora fanno finta di nulla e tirano a diritto, per evitare guai giudiziari, il sequestro della barca e i relativi danni economici. "È come se si avesse paura - ha infatti sottolineato Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Unher - di soccorrere chi è in difficoltà".
Nella vicenda in questione si assiste a uno squallido rimpallo di responsabilità tra le autorità italiane e maltesi (alle quali forse andrebbero aggiunte anche quelle libiche). Al di là delle versioni di comodo delle une e delle altre, alcuni fatti appaiono accertati: il primo è che i soccorsi non sono scattati finché si era a tempo per salvare la vita ai 73 migranti morti e, come si è detto, gli allarmi c'erano stati, già dal 14 agosto era noto con certezza che il gommone era alla deriva senza benzina, cibo e acqua; il secondo riguarda i governanti di Malta che hanno inviato una sua motovedetta nei pressi del gommone ma non per soccorrere ed accogliere i cinque sopravvissuti ma per spingerli a proseguire verso l'Italia, dando loro un po' di cibo e acqua e un po' di benzina. La versione, del tutto fantasiosa è che stavano bene e volevano proseguire il viaggio (sic!). Il terzo concerne il ritardo dei soccorsi da parte italiana cavillando su una telefonata ricevuta in una data successiva rispetto a quella sostenuta dai maltesi. Eppure, come sostiene il direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, Christopher Hein, "quello è il tratto di mare più sorvegliato del mondo".
Su tutta la vicenda la procura di Agrigento ha aperto un'indagine che comprende una rogatoria per interrogare le parti coinvolte maltesi, per verificare se vi sono state violazioni delle leggi del mare. Ci auguriamo che tempestivamente venga fatta piena luce e siano puniti i responsabili, ma abbiamo forti dubbi che ciò avvenga veramente. Il colmo è che i cinque scampati alla morte, in base alla nuova legge sull'immigrazione, rischiano l'incriminazione per il reato di clandestinità. "L'iscrizione nel registro degli indagati è un atto dovuto - ha detto il procuratore Renato Di Natale - lo impongono le nuove norme del decreto sicurezza. la sanzione è amministrativa e varia da cinque a diecimila euro. Lo sottolineo - aggiunge - perché mi sembra difficile che possano pagare questa somma". Considerato che, come minimo, avranno già sborsato 2 mila euro ai criminali organizzatori del viaggio della morte. Di sicuro sul banco degli imputati dovrebbero sedere i governanti italiani, indegni di governare e rappresentare l'Italia.
A margine di questa drammatica vicenda, rimane da denunciare duramente il gioco iper-razzista messo in rete nella pagina della Lega Nord su Facebook denominato Rimbalza il clandestino, gestito, si dice, nientemeno che dal figlio di Umberto Bossi, Renzo, meglio conosciuto con il soprannome di trota a causa della sua scarsa intelligenza. È un infame passatempo padano, ma anche strumento di propaganda della fascistissima Lega per respingere, sul monitor, con un semplice clic le barchette dei migranti che appaiono a ridosso delle coste italiane. "Abbiamo deciso di puntare sull'interattività - hanno avuto la spudoratezza di giustificare gli ideatori - cercando di coinvolgere i giovani e sensibilizzarli su un fenomeno reale che affligge le nostre coste". A costoro non importa che i migranti muoiano in gran numero per davvero e non virtualmente nell'attraversamento del Mediterraneo e del Canale di Sicilia. Che dire? L'iniziativa macabra e vergognosa si commenta da sola.

2 settembre 2009