Strage nel mare di Lampedusa
Annegati oltre 300 migranti, tra cui donne e bambini

Ennesima strage di profughi nel Canale di Sicilia. Nella notte del 5 aprile un barcone che trasportava circa 370 immigrati eritrei e somali, partito due giorni prima dal porto libico di Al Zwara, si è ribaltato a circa 39 miglia a sud-ovest di Lampedusa.
La cronaca dell'affondamento rivela la totale inadeguatezza degli strumenti con cui si è portato "soccorso" al barcone alla deriva nel mare in tempesta. Infatti, gli occupanti dell'imbarcazione avevano chiesto con il telefono satellitare un intervento urgente, poi trasmesso alle autorità competenti. Da Lampedusa erano partite appena due motovedette ed un elicottero della Guardia di finanza. Giunta sul posto alle quattro circa della mattina, la prima delle motovedette aveva agganciato il barcone alla deriva, ma i profughi sono finiti in acqua proprio durante le operazioni di soccorso, quando il barcone si è ribaltato. Il mare in tempesta avrebbe fatto il resto, impedendo il recupero dei naufraghi. Soltanto 51 sono stati tratti in salvo. Sono oltre 300 i morti per annegamento e assideramento. Infatti, quando la mattina successiva, tra le 10,30 e le 12,30 (con tutta tranquillità) si è alzato un solo elicottero della Guardia di Finanza erano decine i cadaveri in mare, tra cui donne e bambini.
Una strage che ha molte concause e tra queste l'elemento naturale, il mare in tempesta, non è certo un dettaglio, ma non è quella determinante. Anzitutto le responsabilità sono politiche. L'aggressione imperialista alla Libia ha, di fatto, trasformato la parte sud del bacino del Mediterraneo in zona di manovre militari, tutto è subordinato agli interessi delle potenze imperialiste nella zona e a queste non interessa certo portare soccorso ai profughi in fuga dalla guerra e dalla fame o predisporre un aiuto concreto alla popolazione civile perseguitata dalla guerra. Le navi militari, certamente presenti nella zona, le uniche che avrebbero potuto velocemente portare soccorso ai naufraghi perché non l'hanno fatto?
C'è poi la chiusura totale dell'Italia e dell'Unione europea di fronte al problema di enorme portata che riguarda l'esodo e l'accoglienza dei profughi che, di fatto, sono lasciati alla loro sorte, alla mercé di trafficanti senza scrupoli (le centinaia di profughi morti nel naufragio avevano pagato 400 euro a testa per imbarcarsi), attraversano il Mediterraneo in condizioni disumane e, infine, arrivati in Italia, vengono rinchiusi nei lager.
Dietro a questa vera e propria omissione di soccorso, c'è la criminale politica del governo Berlusconi e delle istituzioni europee nei confronti dei migranti.
Ma ci potrebbe essere di più e di peggio, come fa supporre la vicenda di un altro barcone con 355 profughi, etiopi ed eritrei, salpato dalla Libia e di cui si sono perse le tracce nella notte tra il 22 e il 23 marzo. Associazioni per la difesa dei migranti denunciano che quel barcone non è semplicemente "disperso" o "naufragato". Infatti, i corpi restituiti dal mare sulle spiagge libiche, e che sarebbero stati identificati come appartenenti con certezza al gruppo di passeggeri del barcone, sono crivellati da colpi di arma da fuoco. Don Zerai, all'agenzia SIR (Servizio Informazione Religiosa), afferma che "queste persone sono state probabilmente colpite mentre erano già in mare. Essendo stato il primo barcone a uscire dalla Libia subito dopo l'inizio dell'intervento internazionale, non vorrei che qualcuno li avesse scambiati per mercenari". Affondati da militari? Da chi, altrimenti, visto che i corpi sono crivellati? Zerai annuncia di aver intenzione di "denunciare l'omissione di soccorso. Queste persone sono state localizzate a 60 miglia dalle coste libiche. Lì è pieno di navi della Nato, non riesco a capire perché nessuno li ha soccorsi". Mentre, su questo "naufragio" altri gruppi umanitari hanno chiamato in causa il ministro degli Esteri Frattini, PDL invitandolo a riferire in parlamento.
E a questi si devono aggiungere ancora altre decine di profughi morti durante la traversata verso le coste italiane.
Deboli le reazioni a livello istituzionale su questa ennesima strage. Di fronte alle sue dimensioni appare assolutamente ipocrita il minuto di silenzio chiesto dal presidente della Camera Fini per le vittime del naufragio, immediatamente dopo la relazione del ministro leghista Maroni, partito che intanto torna a chiedere "un blocco navale assoluto a difesa delle nostre acque e dei nostri confini". Inutile dire che si tratterebbe di un mandato ad usare mezzi militari contro i profughi, una generalizzazione di quello che, di fatto da venerdì 8 aprile succede, grazie all'intesa con Tunisi, che prevede che entrambi gli Stati intervengano con i propri mezzi, ognuno nelle proprie acque territoriali. Ci sono tutte le premesse, a questo punto, perché, purtroppo, l'esodo dei profughi venga arginato in perfetto stile nazista, usando le armi contro i fuggiaschi dalla guerra.
 
13 aprile 2011