Per sterminare gli indipendentisti Tamil
Massacro di civili in Sri Lanka
Il governo di "centro-sinistra" di Colombo ha ignorato gli appelli internazionali per una tregua umanitaria

Il capo del servizio diplomatico internazionale dell'esercito del Ltte (Tigri di liberazione del Tamil Eelam) in un comunicato diffuso il 17 maggio, annunciava la resa delle forze Tamil all'esercito governativo di Colombo denunciando che "nonostante la nostra richiesta al mondo di salvare migliaia di persone, il silenzio della comunità internazionale ha solo incoraggiato l'esercito dello Sri Lanka a continuare la guerra fino alla sua amara fine. Nelle ultime 24 ore, più di 3.000 cadaveri di civili sono stati contati sulle strade, mentre oltre 25.000 risultano feriti gravemente senza aiuti medici. Consci di questo abbiamo già annunciato al mondo la nostra posizione di mettere a tacere le nostre armi per salvare il nostro popolo".
Il 18 maggio il governo di Colombo annunciava di aver preso il controllo di tutta l'isola e la morte dei dirigenti del Ltte; la fine di un conflitto che dura da oltre 25 anni, segnato da più di 70.000 morti e di 250.000 sfollati solo nell'ultimo anno. Un massacro di civili compiuto dall'esercito cingalese anche nel corso dell'offensiva degli ultimi mesi tanto che L'Unione Europea ha chiesto "un esame indipendente delle violazioni dei diritti umani in Sri Lanka" e che i responsabili siano assicurati alla giustizia. Una richiesta respinta dal presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa.
Il governo di Colombo aveva deciso di risolvere lo scontro con i ribelli indipendentisti Tamil col pugno di ferro e a fine aprile aveva lanciato una pesante offensiva nella parte settentrionale dell'isola, nella parte controllata dal Ltte.
L'attacco contro le regioni settentrionali dell'isola era iniziato a gennaio con una mossa significativa decisa dal governo di Colombo, l'espulsione dal teatro della guerra di operatori umanitari e giornalisti indipendenti, possibili testimoni del macello programmato. L'attacco dell'esercito con i mezzi pesanti, secondo una denuncia delle Nazioni Unite ha provocato oltre 6 mila morti e quasi 14 mila feriti tra i civili Tamil nel periodo tra il 20 gennaio e il 20 aprile.
Neanche le pressioni dell'Onu e di una missione diplomatica dei ministri degli Esteri britannico e francese, David Miliband e Bernard Kouchner, riusciva a convincere il presidente Mahinda Rajapakse a concedere una tregua umanitaria e consentire l'evacuazione delle decine di migliaia di civili intrappolati nella zona di conflitto. Il presidente e il governo di "centro-sinistra" ignoravano gli appelli e portavano fino in fondo l'attacco.
Tra l'altro il presidente Rajapakse contestava gli appelli affermando che "gli occidentali cercano di fare pressione su di noi usando l'argomento dei civili ma perché non vanno a vedere cosa hanno fatto e stanno facendo loro in Iraq e Afghanistan? Se io ho detto che non stiamo usando armi pesanti e bombardamenti per non mettere a rischio i civili, significa che è così", dimostrando di aver ben imparato dagli esempi dei principali paesi imperialisti.
Le diverse decine di migliaia di civili Tamil che riuscivano a fuggire dalla zona di guerra venivano ammassati in campi di accoglienza allestiti dall'esercito che erano dei veri e propri lager: sovraffollati, privi di condizioni igieniche di base, senza acqua corrente, cibo nè acqua potabile a sufficienza, nessuna assistenza medica per i feriti, denunciavano gli operatori umanitari presenti.
Una denuncia rilanciata nelle manifestazioni dei Tamil fuoriusciti in Europa e in America; il 27 aprile erano in 25 mila a Bruxelles davanti ai palazzi dell'Unione Europa, in 10 mila a Ginevra di fronte alla sede delle Nazioni Unite, e in 120 mila a Toronto, in Canada, a chiedere di porre fine al massacro di civili in Sri Lanka.
Solo il 27 aprile il governo annunciava la fine degli attacchi con armi pesanti e dei bombardamenti aerei "per evitare altre vittime civili"; il giorno precedente l'Ltte aveva proclamato il cessate il fuoco unilaterale dalla zona della giungla nella regione di Vanni, sulla costa settentrionale dell'isola, dove si era ritirato.
La guerra in Sri Lanka è iniziata nel 1983 e ha registrato finora un bilancio di oltre 70 mila morti, una buona metà civili. La popolazione dell'isola è costituita per quasi tre quarti dai singalesi, di religione buddista e origine indoeuropea, il restante da Tamil, di religione induista e origine dravidica, come gli abitanti dello Stato del Tamil Nadu dell'India meridionale. La convivenza tra le due etnie è stata portata a un punto di rottura dai colonialisti inglesi che nello Sri Lanka, allora denominato Ceylon, emarginarono la maggioranza singalese privilegiando la minoranza Tamil cui vennero assegnati i posti di funzionari locali dell'amministrazione coloniale e impiegati in gran parte degli impieghi pubblici. Una situazione ribaltata dal governo della maggioranza singalese nel 1948, dopo la conquista dell'indipendenza, che adottò politiche discriminatorie verso la minoranza Tamil. Il movimento indipendentista Tamil si organizzò in partiti e movimenti negli anni '70 con l'obiettivo di creare uno Stato autonomo e dopo la sanguinosa repressione delle proteste Tamil del 1977, quando centinaia di manifestanti vennero uccisi dall'esercito, una parte passò alla lotta armata contro il governo di Colombo. Una guerra condotta a partire dal 1983 dal movimento delle Tigri per la liberazione della patria Tamil (Liberation Tigers of Tamil Eelam, Ltte, nella sigla inglese) che riuscì a conquistare il controllo delle regioni settentrionali dell'isola.
La controffensiva del governo di Colombo iniziò a partire dalla fine del 2005 dopo l'elezione alla presidenza di Mahinda Rajapaksa e riuscì in capo a due anni a limitare la zona controllata dal Ltte alla zona nord dell'isola. L'attacco dell'esercito singalese proseguiva nel 2008 fino alla conquista, nel gennaio scorso, della città di Kilinochchi, il capoluogo degli indipendentisti Tamil. Preludio dell'offensiva di aprile che puntava alla liquidazione delle forze degli indipendentisti Tamil a costo di un nuovo bagno di sangue e di massacri di civili.

20 maggio 2009