Studentesse e studenti in piazza il 4, 11 e 12 ottobre
Il "decreto scuola" è insufficiente e non inverte la tendenza dello sfascio della scuola pubblica
Il decreto del ministro Carrozza eroga briciole alla scuola pubblica. Tagli mascherati alle borse di studio. Diritto allo studio agli sgoccioli. I precari: "truffa del governo"
Infiammiamo l'autunno con una grande mobilitazione per la scuola pubblica, unitaria, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti

Emanato il 9 settembre e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il successivo 12, il "Decreto scuola" ("Misure urgenti per la scuola, l'università e la ricerca") della ministro Maria Chiara Carrozza è stato sbandierato come "decisiva inversione di tendenza" dal PD e salutato positivamente anche dal PDL, secondo cui "presenta aspetti apprezzabili e recepisce molte delle proposte" avanzate dal partito del neoduce di Arcore.
Ma è proprio vero che Carrozza, proveniente dall'esclusiva Scuola superiore di Sant'Anna di Pisaper teste d'uovo della borghesia, ammiratrice del suo predecessore Profumo e fautrice della "cultura dell'imprenditorialità" nelle scuole, ha finalmente invertito la tendenza di sfascio della scuola pubblica italiana? Noi non crediamo e i fatti ci danno ragione.

Le misure del decreto
Il decreto prevede lo stanziamento di 100 milioni di euro per rifinanziare le borse di studio e già questo provvedimento, fra i più esaltati, non è altro che uno specchietto per le allodole, come nota la scheda tecnica preparata dall'UdS (Unione degli studenti), in quanto in base "alla copertura finanziaria derivante dal combinato disposto del disegno di legge di bilancio 2013-2015 e della legge di stabilità, il Fondo integrativo per la concessione delle borse di studio cala ulteriormente dalla cifra di 151 milioni di euro a 114.000.000 (...) il Governo ha di fatto sottratto ulteriori 37 milioni di euro".
Un ulteriore stanziamento di 15 milioni sosterrà il "welfare dello studente" (trasporto e ristorazione) rivolto agli studenti medi, ma la somma è del tutto irrisoria. Altri 15 milioni andranno alla connettività wireless. I fondi saranno ripartiti per regione in misura proporzionale al numero di studenti e non alle necessità effettive degli istituti.
Mentre taglia le borse di studio, il governo istituisce la "borsa di mobilità" e appronta un finanziamento di 17 milioni. Questa nuova borsa, che si inserisce pericolosamente nel contesto di progressiva cancellazione delle borse di studio, è rivolta ai ragazzi che vanno a studiare via dal luogo di residenza, ma i parametri di "merito" sono ferocemente selettivi: è necessario avere conseguito un voto di almeno 95/100 alla maturità, avere una media universitaria non inferiore a 28/30, non avere mai preso meno di 26 ad un esame e maturare il 90% dei crediti formativi entro un anno. Requisiti difficilissimi da ottenere per uno studente che dovrà contemporaneamente lavorare per pagarsi gli studi altrove.
A fronte del dramma del caro libri, anziché per assicurare la fornitura gratuita del materiale didattico a tutti gli studenti, il decreto eroga briciole (2,7 milioni per il 2013 e 5,3 per il 2014) e nel frattempo, all'art. 6, dichiara "facoltativa" (sic!) l'adozione dei libri di testo e permette l'utilizzo delle edizioni precedenti "purché conformi alle Indicazioni nazionali".
Dell'edilizia scolastica il governo se ne lava le mani e offre un'altra ghiotta occasione per l'aziendalizzazione della scuola pubblica promuovendo mutui trentennali da stipulare con la Banca europea per gli investimenti, la Banca di sviluppo europea, la Cassa depositi e prestiti "e con i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria" (art. 10). In altre parole, sta agli istituti cercarsi i finanziamenti. Questo mentre l'XI "Rapporto su sicurezza, qualità e accessibilità a scuola" di Cittadinanzattiva denuncia lo stato di totale sfascio in cui versano gli istituti scolastici.
Fra gli altri provvedimenti compaiono 15 milioni contro l'abbandono scolastico, senza chiarire come verranno distribuiti. Camere di commercio e agenzie per il lavoro potranno partecipare ai percorsi di orientamento universitario, che quindi sarà ulteriormente sottomesso alle esigenze e indicazioni delle imprese. La valutazione della ricerca resta nelle mani dell'ANVUR. Scompare invece il famigerato bonus maturità a seguito delle proteste studentesche.

Briciole ai precari, niente per gli esodati
Tanto fumo e niente arrosto anche sul fronte precari. Infatti la legge appronta un piano triennale di assunzioni per 69mila insegnanti (fra cui 26mila di sostegno). Una misura del tutto irrisoria e propagandistica per due motivi: innanzitutto perché è insufficiente per risolvere l'emergenza, dal momento che restano tantissimi i precari della conoscenza non confermati; in secondo luogo, perché i neo-assunti dovranno accettare variazioni contrattuali e blocco degli stipendi. Queste le posizioni con le quali i precari hanno contestato il sottosegretario Marco Rossi Doria alla festa dell'Unità di Bologna l'8 settembre.
"I titoli che inneggiano alle 69mila assunzioni della scuola in tre anni", nota il Comitato insegnanti precari, "tacciono della iniqua distribuzione dei ruoli sul territorio nazionale, del ricatto occupazionale, del mancato riconoscimento degli scatti di anzianità in cambio del posto fisso, varato con la complicità di quei sindacati che parlano di inversione di tendenza". Addirittura, la riduzione dei posti in deroga lascerà a casa oltre 3mila insegnanti di sostegno precari.
Come aggiungono i "Precari uniti contro i tagli": "Resta la questione dei precari che non saranno assunti nemmeno a breve termine. Basti pensare che il 73% di chi ha svolto l'inutile concorsone sono rimasti a casa. È una truffa del governo".
Nulla viene fatto per gli esodati, benché Carrozza assicuri che "pensiamo anche a loro", ma a giudicare dall'impianto di questo decreto, suona più come una minaccia.

Studentesse e studenti in piazza
Lasciando da parte i toni trionfalistici della propaganda di regime, la legge non incide minimamente sulla gravissima e pessima situazione in cui versa il diritto allo studio. Parliamo, infatti, di un investimento di appena 400 milioni contro i 15 miliardi che sono stati tagliati alla scuola in cinque anni con la complicità del "centro-sinistra" borghese. Eppure i fondi ci sarebbero, sottraendoli a grandi opere inutili e costose come la TAV, agli F35, ai finanziamenti alle scuole private.
Insomma, questo governo dà prova di non essere affatto amico degli studenti e dei precari, che anzi continua a tartassare creando le condizioni per poterli sfruttare ulteriormente. La stessa Carrozza, in ossequio ai comandi di Confindustria (che l'ha peraltro bacchettata per non avere potenziato gli istituti tecnici, una delle maggiori fonti di manodopera giovanile a basso costo), ha già lasciato intendere che rafforzerà la possibilità di assumere studenti per stage e tirocini supersfruttati, sottopagati o gratuiti, perché, parole sue: "L'Italia non dovrà mai più sfornare un laureato che a 25 anni non ha mai fatto un lavoro". Dimostrando di essere lontana anni luce da quegli studenti che sono costretti a svolgere ogni genere di lavoro malpagato per proseguire gli studi.
Se ne sono resi conto gli studenti, i quali non hanno perso tempo e si sono subito mobilitati. L'UdS, afferente alla Rete della conoscenza, ha giudicato "propagandistico" il decreto e ha annunciato una manifestazione per l'11 ottobre per chiedere il rifinanziamento del diritto allo studio, ma anche per dire no alla guerra alla Siria, un'operazione imperialista che, fra le altre cose, scaricherebbe ulteriori costi sul nostro popolo. "Scenderemo in piazza", dicono gli studenti dell'UdS", "per gridare NO alle politiche di austerità, NO alle logiche di mercato nelle scuole, NO ai test INVALSI, NO al contributo volontario, per rivendicare una legge nazionale sul diritto allo studio, per delle scuole come comunità realmente partecipate e democratiche, per raggiungere gli standard europei sui finanziamenti in istruzione, per scuole ed università aperte ed accessibili, per un reddito di formazione, perché vogliamo scuole che non ci crollino in testa". Gli studenti scenderanno in piazza anche il 12 ottobre contro la controriforma della Costituzione.
La rete "Studaut" ha lanciato una mobilitazione per il 4 ottobre "per esprimere tutta la nostra rabbia nei confronti di chi ci condanna a una vita all'insegna della precarietà".
Anche la FLC-CGIL aderirà all'11 ottobre "per il diritto allo studio, per migliorare la scuola e l'università, per superare ogni barriera d'accesso al sapere", ma allo stesso tempo apre pericolosamente al decreto legge.
I marxisti-leninisti italiani salutano la mobilitazione studentesca e cercheranno di contribuire al suo successo, nell'auspicio che sia la miccia per scatenare il fuoco di un autunno rovente contro il governo Letta-Berlusconi. Per il PMLI il materiale didattico, i trasporti, il vitto e l'alloggio devono essere garantiti dallo Stato per tutti gli studenti. L'abbandono scolastico deve essere contrastato potenziando veramente il diritto allo studio, portando la scuola dell'obbligo a 18 anni, abolendo tutte le norme repressive antistudentesche (a partire dal voto in condotta) e coinvolgendo attivamente gli studenti nella definizione dei piani didattici. Le borse di studio devono essere rifinanziate fino all'eliminazione dell'odiosa figura di "idoneo non beneficiario" ed erogate in base a requisiti economici. A tutti i precari deve essere garantito un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato.
Per ottenere queste rivendicazioni, non c'è altra strada che unire le forze e mettere in campo un'unica grande mobilitazione per la scuola pubblica, unitaria, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti e per buttare giù il governo Letta-Berlusconi al servizio del capitalismo.

25 settembre 2013