Successo dello sciopero generale indetto dopo l'assassinio di Belaid, segretario dei Patrioti democratici uniti
Folla oceanica ai funerali del "martire della rivoluzione"
Tensioni e scontri nella capitale e in tutta la Tunisia

Almeno un milione e quattrocentomila tunisini, secondo i dati forniti dal ministero dell'Interno, hanno accompagnato l'8 febbraio al cimitero di El Jellaz a Tunisi la salma di Chokri Belaid, il leader del Fronte popolare che riunisce i partiti e le organizzazioni dell'opposizione laica e socialista al governo, assassinato due giorni prima mentre usciva di casa per andare al lavoro. La giornata era caratterizzata dallo sciopero generale indetto dal maggiore sindacato del paese, l'Ugtt, il primo dal 13 gennaio 2011 che aveva spinto alla fuga l'allora dittatore Ben Ali, e che paralizzava il paese; uno sciopero generale di protesta contro l'assassinio politico del dirigente del Fronte popolare che proprio nell'ultimo periodo si era esposto nella denuncia della repressione e dei pestaggi contro esponenti dell'opposizione effettuati da gruppi armati al servizio del governo guidato dal partito islamista Ennahda.
Il grande corteo che aveva accompagnato la salma al cimitero faceva ritorno verso il centro di Tunisi ma era bloccato e disperso dalla polizia dopo duri scontri, mentre si dirigeva verso la sede del partito Ennahda per chiedere le dimissioni del governo. Altre manifestazioni di protesta si svolgevano in tutto il paese, dalle città di Sousse e Sfax ai centri minori attraversati da folti cortei che scandivano slogan contro il governo.
Già la notizia dell'assassinio di Chokri Belaid, segretario del Partito dei patrioti democratici, la mattina del 6 febbraio aveva scatenato rivolte in tutto il paese. Il fratello di Belaid accusava apertamente Ennahda e in particolare il suo presidente, Rached Ghannuchi, di essere i mandanti dell'assassinio. Così come Hamma Hammami, portavoce ufficiale del Fronte popolare, che denunciava che "la responsabilità di questo assassinio è anzitutto del potere: il governo, la presidenza della Repubblica, il ministero dell'Interno e l'Assemblea costituente", e chiedeva le dimissioni del governo e dell'Assemblea e invitava tutte le forze di opposizione a organizzare lo sciopero generale il giorno dei funerali di Belaid.
Il partito islamista è certamente il responsabile politico della grave situazione di violenze politiche contro le opposizioni. Nelle prime elezioni dopo la cacciata del dittatore Ben Alì del 23 ottobre 2011 Ennahda era risultato vincitore e aveva conquistato la maggioranza dell'Assemblea nazionale costituente e la guida attraverso il primo ministro Hamadi Jebali del governo provvisorio di coalizione formato con i due partiti laici Ettakotol e Congresso per la Repubblica.
I lavori dell'Assemblea nazionale costituente che avrebbero dovuto concludersi entro un anno dalle elezioni con il varo della nuova costituzione sono ancora ben lontano dalla conclusione anche per le divisioni nella stessa maggioranza fra i tre partiti della coalizione sul ruolo che dovrebbero avere i principi dell'islam nelle leggi dello Stato. Divisioni che si sono ripercosse anche dentro il governo provvisorio il cui mandato è già scaduto ma che continua a governare col pugno di ferro.
Nello scorso ottobre aveva fronteggiato con la repressione della polizia le forti proteste popolari per l'uccisione di un altro leader dell'opposizione, il responsabile del partito laico Nidaa Tounes che fa parte del Fronte popolare, ucciso durante una manifestazione nella città di Tataouine, nel sud della Tunisia. Dell'omicidio erano accusati membri della Lega di Protezione della Rivoluzione, una organizzazione vicina al governo e responsabile di vari episodi di violenza contro gli oppositori degli ultimo mesi.
Dopo l'assassinio di Belaid i partiti dell'opposizione ritiravano i propri rappresentanti dall'Assemblea costituente e chiedevano le dimissioni del governo Jebali e il congelamento dei lavori della costituente. Le richieste, respinte dal leader di Ennahda Gannouchi e dal presidente della repubblica Moncef Marzouki, erano appoggiate da una larga mobilitazione popolare che nella giornata del 6 febbraio faceva sentire la sua voce in piazza. A Tunisi i manifestanti si concentravano davanti alla sede del ministero dell'Interno gridando "il popolo vuole la caduta del governo e la rivoluzione di nuovo"; sui cartelli la denuncia che "Belaid non è morto sotto la dittatura di Ben Ali, ma è stato assassinato col governo Ennahda". E rispondevano alle dure cariche della polizia. Cortei e scontri in molte città tra le quali Sidi Bouzid e Gafsa dove i manifestanti tentavano di prendere d'assalto commissariati e sedi istituzionali.

20 febbraio 2013