Le superpotenze imperialiste Usa e Russia si fronteggiano nel Caucaso
Mosca sfida apertamente Washington non ritirando tutte le truppe dalla Georgia, in violazione dell'accordo di pace mediato dalla Ue, e riconoscendo l'indipendenza della Ossezia del Sud e dell'Abkhazia
L'Ue blanda con la Russia per non essere tagliata fuori dalla regione e per non perdere le forniture di petrolio e gas

Il 26 agosto il presidente russo Dimitri Medvedev riconosceva formalmente l'indipendenza dalla Georgia degli Stati di Abkhazia e di Ossezia del Sud, come richiesto dai rispettivi presidenti, e provocava un nuovo innalzamento della tensione nella crisi del Caucaso. Una decisione condannata dagli Usa, che emettevano un comunicato a nome del G7, dalla Nato e dalla Ue che in coro ne chiedevano la revoca. Anche la Cina, che fino ad allora aveva appoggiato l'operato di Mosca, esprimeva "preoccupazione" per la decisione della Russia. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, presidente di turno dell'Ue, ribadiva inoltre la richiesta del ritiro completo delle truppe russe dalla Georgia, secondo l'intesa da lui mediata tra Mosca e Tbilisi. Ma la voce grossa dell'Unione europea, che al contrario di Washington non vuol rinunciare seppur momentaneamente al dialogo con Mosca, e ai rifornimenti energetici russi, si fermava al momento alle proteste con Parigi che smentiva ipotesi di sanzioni contro la Russia.
La risposta del ministero degli Esteri russo si concentrava contro Nato e Usa: "la Nato ha ripetutamente ignorato gli Stati Uniti e le leggi internazionali e non ha alcun diritto morale per agire da giudice negli affari internazionali", la posizione della Nato è una decisione dalle "conseguenze irreversibili per il clima politico-militare e la stabilità del continente". E metteva in evidenza che la questione dello scontro tra la Georgia e l'Ossezia del Sud era stato preso a pretesto dalla Russia per aprire una partita direttamente con gli Usa, per dare il segnale che Medvedev e Putin non intendevano più limitarsi alle proteste verbali contro l'accerchiamento Usa e Nato; Caucaso e Mar Nero diventavano teatro di un braccio di ferro diretto tra le due superpotenze imperialiste.
La crisi era stata innescata il 7 agosto dall'esercito georgiano che il presidente filoUsa Michail Saakashvili inviava a occupare la capitale sud-osseta Tshkinvali. Con gli occhi del mondo concentrati sull'apertura dei giochi olimpici di Pechino, Saakashvili e il padrino Usa decidevano di dare un colpo possibilmente definitivo alle posizioni indipendentiste dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud per chiudere a favore della Georgia il lungo contenzioso che tra l'altro vede da una decina di anni nelle due zone la presenza di un contingente di truppe russe in "missione di pace". Tbilisi iniziava dalla più debole militarmente Ossezia del Sud ma offriva l'occasione a Mosca di passare all'offensiva: truppe russe entravano nelle due regioni per cacciare le forze georgiane e superavano i confini per creare delle "zone cuscinetto" mentre l'aviazione bombardava Sinaki, Gori, Poti e le strutture militari alla periferia di Tbilisi. Il 12 agosto il presidente russo poteva annunciare la fine degli scontri: "l'aggressore georgiano è stato punito".
L'intervento russo era definito dall'ipocrita imperialista Bush "un'aggressione drammatica e brutale, inaccettabile nel Ventunesimo secolo" mentre il Segretario di Stato Condoleezza Rice ventilava una minaccia e dichiarava che metteva a rischio la presenza russa nelle istituzioni internazionali, soprattutto all'Organizzazione mondiale del commercio (Wto). "La reputazione internazionale della Russia e il suo ruolo nella comunità internazionale - affermava la Rice - è in questo momento in gioco".
Era in gioco senz'altro il ruolo dell'altra potenza imperialista, l'Unione europea che rischia di ritrovarsi schiacciata dallo scontro tra Usa e Russia.

L'accordo di pace
La presidenza di turno francese, col sostegno determinante di Berlino, si attivava per una rapida soluzione al conflitto e mediava un accordo di pace tra Russia e Georgia. L'accordo di pace era reso noto il 12 agosto da Sarkozy, in una conferenza stampa congiunta con il presidente georgiano Saakashvili. Il piano prevedeva la cessazione immediata di tutte le ostilità, il libero accesso agli aiuti umanitari, il ritorno delle forze armate georgiane alle postazioni permanenti e il ritiro delle forze russe alle posizioni precedenti al conflitto, salvo una limitata e temporanea presenza in alcune zone cuscinetto fuori dai centri abitati. Il futuro status di Ossezia del Sud e Abkhazia era affidato a una successiva discussione negli organismi internazionali assieme alla definizione di ulteriori strumenti per garantire stabilità e sicurezza nella regione. L'Unione europea si poneva come mediatore privilegiato nel contenzioso tra le parti.
L'Ue tamponava, la Russia se la prendeva comoda sul ritiro dalla Georgia e gli Usa alzavano il tiro; si innescava il braccio di ferro in Caucaso tra le due potenze imperialiste in un continuo botta e risposta. Il 14 agosto Bush intimava alla Russia di rispettare gli accordi mentre spediva a Tbilisi un velivolo con rifornimenti medici e un nuovo team di specialisti militari, la stessa missione dal duplice scopo affidata alla prima fregata americana che raggiungerà i porti georgiani.
Ben più pesante per i rapporti Usa-Russia era il contemporaneo annuncio dell'accordo bilaterale sottoscritto a Varsavia dal vice ministro degli esteri polacco Andrzej Kremer e dal capo dei negoziatori americani, John Reed, per il dispiegamento entro il 2012 di 10 missili intercettori in Polonia, una parte del progetto dello scudo americano osteggiato da Mosca che adesso può essere realizzato, dato che l'altro pezzo del piano era stato definito il 9 luglio scorso dalla Rice a Praga con la firma di un accordo analogo sulla costruzione di una base radar nella Repubblica Ceca. Washington ha già installato alcune strutture in Groenlandia e Gran Bretagna.
Il vertice straordinario della Nato del 19 agosto a Bruxelles produceva solo un nuovo invito al Cremlino perché ritirasse le sue truppe dalla Georgia, "altrimenti non potremo continuare a far finta di niente"; la Nato non prendeva iniziative, come il fantasma Onu. Gli Usa non riuscivano a smuovere i partner europei dell'alleanza, dalla loro avevano solo Polonia, Cechia e i tre paesi Baltici; neanche la Gran Bretagna del laburista Brown che pure in un primo momento aveva invocato un'alleanza antirussa.
Il 20 agosto la Rice e il ministro degli esteri polacco Radoslaw Sikorski firmavano l'accordo bilaterale sullo scudo missilistico e il giorno successivo il governo russo annunciava la sospensione della cooperazione tra Russia e Nato, salvo il permesso di transito di materiali dell'Alleanza destinati alle forze in Afghanistan, almeno per il momento.

Le forze russe non si ritirano dalla Georgia
Il 21 agosto il generale Anatoly Nogovitsin, vicecapo di stato maggiore delle forze armate russe, dichiarava che i militari avrebbero costruito una linea di check-point 20 chilometri a sud del confine amministrativo tra Ossezia del Sud e Georgia, mettendo stabilmente questa fascia di territorio georgiano sotto il controllo dei militari russi. Una violazione dell'accordo di pace.
Lo stesso giorno iniziavano le manovre navali Nato nel Mar Nero, programmate da tempo ma che vedevano fronteggiarsi a distanza il Gruppo marittimo uno della Nato, composto da cinque fregate di Usa, Germania, Spagna e Polonia, cui si univa l'ammiraglia della Sesta flotta americana, e la flotta russa di stanza nella base ucraina in Crimea. Alcune unità della flotta russa si posizionavano davanti alle coste dell'Abkhazia mentre altre navi costituivano posti di blocco davanti al porto georgiano di Poti per "controllare il passaggio degli aiuti umanitari americani" a Tbilisi.
Il 25 agosto Medvedev rispondeva alle iniziative americane con un "siamo pronti anche a tornare alla guerra fredda" e affermava che la Russia è pronta a interrompere totalmente ogni relazione con la Nato. Mentre Putin sosteneva che se alla Russia fosse negato l'ingresso previsto nel Wto, non avebbero fatto drammi, anzi avrebbe sospeso "l'applicazione degli accordi commerciali preliminari, per noi negativi, che avevamo concluso in vista dell'adesione".
All'annuncio russo del riconoscimento dell'indipendenza di Abkhazia e di Ossezia del Sud, da Washington un portavoce del Dipartimento di Stato affermava che il presidente Bush "sta rivedendo l'insieme dei rapporti con Mosca". Alla condanna si univa la Ue, con la cancelliera tedesca Angela Merkel che comunque nell'occasione difendeva la realizzazione del progettato gasdotto russo-tedesco del Baltico, in aggiunta a quello costruito nel 2005 da Baku al porto turco di Ceyhan, che passa dalla Georgia e voluto dagli Usa per sottrarlo al controllo di Mosca.
L'iniziativa russa otteneva un parziale appoggio della Cina. Il 28 agosto il documento conclusivo del summit dell'Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione (Sco), l'organismo che riunisce Russia, Cina e le repubbliche centrasiatiche che si teneva a Dushanbe, capitale del Tagikistan, esprimeva il sostegno "al ruolo positivo della Russia nella promozione della pace e della cooperazione nella regione", pur riaffermando l'impegno nel garantire "l'integrità territoriale degli stati".
Lo stesso giorno la Francia annunciava l'intenzione della Ue di prendere in considerazione ipotesi di sanzioni contro la Russia. In una intervista alla Cnn il primo ministro russo Putin garantiva che Mosca non avebbe usato le forniture energetiche come strumento di pressione in risposta alle critiche Ue; un modo come un altro per ricordare agli europei che la Russia controlla il 70% del loro fabbisogno energetico e per invitarli a non soffiare su una crisi alle porte di casa e non dimenticare i propri interessi imperialisti, diversi da quelli degli Usa. Nella stessa giornata la Francia, e la Ue, facevano marcia indietro e cancellavano l'ipotesi delle sanzioni. Così al vertice di Bruxelles dell'1 settembre i 27 capi di Stato e di governo dei paesi europei affermavano che "con la crisi in Georgia i rapporti tra l'Ue la la Russia sono arrivati a un bivio" ma si limitavano a sospendere i negoziati per il rinnovo dell'accordo di partenariato con Mosca "fino al completo ritiro delle truppe" russe dalla Georgia, controllato dai circa 200 osservatori che la Ue invierà nel paese.
Sempre il 28 agosto fonti militari di Mosca accusavano gli Stati Uniti di aver aiutato le forze georgiane ad abbattere quattro aerei russi durante la guerra e portavano la prova di alcuni veicoli americani dotati di mezzi per le comunicazioni satellitari sequestrati dai soldati russi in Georgia. Lo stesso giorno la Russia effettuava un test missilistico col lancio di un missile balistico intercontinentale che secondo il ministero della Difesa di Mosca avrebbe una testata in grado di superare le difese dello scudo Usa previsto in Polonia e Repubblica Ceca. L'ultimo atto, al momento, della sfida tra le superpotenze imperialiste Usa e Russia nel Caucaso.

Il pericolo di una guerra interimperialista
Senza dubbio il filoUsa Saakashvili ha compiuto un crimine di guerra attaccando a cannonate Tshkinvali, un crimine analogo l'hanno commesso il nuovo zar Putin e il suo valletto Medvedev invadendo la Georgia. E ora le due superpotenze Usa e Russia si fronteggiano in armi per il controllo del Caucaso. Mentre la superpotenza imperialista dell'Unione europea cerca di interporsi a esse per avere un proprio spazio e ruolo. Tutti e tre vogliono avere voce in capitolo per "mettere ordine" in quella regione strategica in base ai propri interessi e per gli affari che riguardano il dominio del mondo.
La pace mondiale è a rischio, potrebbe esplodere in Europa una guerra interimperialista. I popoli non vi devono prendere parte, e non devono fare affidamento su nessuna delle superpotenze imperialiste per difendere l'indipendenza e la sovranità del proprio paese. Devono contare soprattutto sulle proprie forze e abbattere i propri governi guerrafondai.

3 settembre 2008