Ragionando sulle buste paga di gennaio
Le tasse locali e i contributi previdenziali annullano gli sgravi del governo Prodi

Con l'arrivo delle buste paga di gennaio il fiore all'occhiello che il governo Prodi aveva appuntato sulla Finanziaria 2007 si è appassito in un attimo. La redistribuzione del reddito a favore dei redditi più bassi, attraverso la "riforma" dell'Irpef (imposte sul reddito delle persone fisiche) ha prodotto risultati assai deludenti: pochi gli stipendi che prendono qualcosa, in particolare per chi ha carichi familiari, tanti gli altri che fanno pari o ci rimettono, specie i singoli. Questa amara verità che sta diffondendo sempre più rabbia e delusione tra lavoratori e pensionati, emerge in modo inequivocabile calcolando, insieme alle nuove norme Irpef, il rincaro dello 0,30% dei contributi Inps e gli aumenti delle addizionali comunali e regionali decisi con la legge finanziaria. Per non dire degli altri aumenti (ticket sanitari, bollo auto e cicli, Ici) che contribuiscono a tagliare il potere d'acquisto anche degli operai e dei ceti più deboli.
A questo proposito è bene ricordare che con la Finanziaria 2007 sono state riscritte le aliquote e gli scaglioni di reddito (23% fino a 15mila euro, 27% da 15 a 28mila, 38% da 28 a 55mila, 41% da 55 a 75mila e 43% oltre 75mila euro). Inoltre, sono state trasformate le precedenti deduzioni per familiari a carico in detrazioni, variabili in funzione del reddito complessivo; è stata sostituita la no tax area con un sistema di detrazioni d'imposta di importo diverso a seconda della tipologia di reddito (lavoro dipendente, pensione, lavoro autonomo, impresa, ecc.); è stata abolita la clausola di salvaguardia, cioè la possibilità di utilizzare i sistemi di calcolo precedenti. Si tratta di un sistema fiscale estremamente complesso in sede di applicazione e di calcolo, che non ha risolto il problema degli incapienti, che essendo già esenti non ricevono nulla, e con alcune magagne che si stanno facendo già sentire in senso negativo. Per esempio l'aliquota del 27% che agisce sui redditi da 15 a 28 mila euro; mentre prima fino a 26 mila euro (dove c'è una parte consistente di salari operai) si pagava il 23%. Per esempio la cancellazione delle deduzioni sostituite dalle detrazioni. Le quali prevedono prima il calcolo delle imposte in base alle aliquote fissate per i vari scaglioni e poi la sottrazione della cifra finale delle detrazioni. Le deduzioni invece abbattono direttamente il reddito imponibile sul quale poi applicare l'aliquota. Il sistema delle detrazioni rende dunque più ampia la base imponibile ai fini delle tasse addizionali comunali e regionali che a parità di reddito subiscono un incremento.

Le bugie sulla redistribuzione del reddito
Il governo ha sostenuto sin dall'inizio che, attraverso la nuova Irpef e lo stanziamento di 6,6 miliardi di euro (3 miliardi per i lavoratori dipendenti e subordinati, di cui però 2,1 di assegni familiari; 2 miliardi per i pensionati; 1,6% per i lavoratori autonomi), avrebbe attuato una redistribuzione del reddito per tutti i redditi entro i 40 mila euro l'anno. Nel tentativo di soffocare sul nascere i malumori di molti lavoratori e pensionati il vice ministro per l'Economia, con delega sul fisco, Vincenzo Visco, a fine gennaio ha reso pubbliche le seguenti simulazioni. Un lavoratore dipendente singolo, senza carichi familiari, con una retribuzione lorda di 15 mila euro, vede il suo netto mensile in busta paga passare da 901 euro nel 2006 a 908 euro nel 2007 (+ 7 euro). Un lavoratore dipendente singolo, con una retribuzione lorda annua di 20 mila euro vede il suo stipendio mensile passare da 1.145 euro a 1.148 euro (+ 3 euro). Pari a zero, invece, sarà l'impatto delle nuove aliquote sulla busta paga di un lavoratore dipendente singolo con retribuzione lorda annua di 30 mila euro. Proseguendo, un lavoratore dipendente con coniuge e figli a carico e retribuzione lorda annua da 17.620 euro, avrà una busta paga mensile - sostiene il viceministro - più alta di 43 euro. Avrà 64 euro mensili in più, invece, un lavoratore dipendente, con coniuge con due figli a carico, che ha una retribuzione lorda annua di 23.675 euro. Il calcolo è fatto su tredici mensilità.
Ora, a parte l'esiguità delle cifre, a parte l'impostazione marcatamente familista, questi calcoli sono parziali e non veritieri perché non tengono di conto degli aspetti sopracitati, come l'incremento dei contributi Inps e delle addizionali locali Irpef che dallo 0,2 possono salire fino allo 0,8%, che incidono, eccome, nel conteggio del dare e dell'avere. In una nota dell'Ufficio sindacale della Fiom del 17 gennaio scorso emerge un quadro diverso e peggiore di quello dipinto dal governo. Vi si legge che "l'aggravio dell'Irpef locale, sommato all'aumento dei contributi Irpef, rischia di ridurre il salario netto per tutte le lavoratrici e i lavoratori single e per quelli con figli a carico con reddito superiore a 35 mila euro". Nella nota si fa riferimento anche alla tassazione locale, l'aumento delle imposte sui servizi e sui trasporti, la rivalutazione degli indici catastali e i ticket sulla sanità, ai rincari sul canone Rai e dei pedaggi autostradali per concludere che, tutto ciò, "comporta una riduzione del reddito netto disponibile per tutti i redditi oltre i 25 mila euro lordi anche se i titolari hanno figli a carico, e per tutti i redditi, anche i più bassi, di coloro che non hanno carichi familiari".

Indifesi i redditi bassi
Anche i calcoli fatti dalla Uil sbugiardano la propaganda ingannatoria governativa. La Finanziaria, è la denuncia, non difende nemmeno i redditi bassi. Sarà sufficiente prendere 1.350 euro netti al mese che corrisponde al salario di un operaio specializzato, per essere penalizzati dalle nuove imposte. Sempre la Uil dichiara "i benefici delle nuove aliquote fiscali saranno 'compensate' negativamente dall'aumento delle addizionali Irpef". Aumento dovuto al taglio dei trasferimenti agli enti locali ai quali è stata data facoltà di alzare le aliquote dell'addizionale comunale Irpef dallo 0,2 allo 0,8%. Aumento che non è ipotetico ma che è stato già annunciato da 60 comuni capoluogo di provincia tra cui Trieste, Padova, Bologna, Salerno, Palermo e via di seguito. Aumento che sarà ancora più salato perché agirà su una base imponibile più ampia e non godrà di detrazioni per i familiari a carico. La Cisl "valuta con profonda preoccupazione l'impatto economico sui salari e le pensioni causato dalle nuove addizionali regionali e comunali sull'Irpef e dall'introduzione dei ticket sanitari". Da registrare il silenzio della Cgil di Epifani, a parte un'analisi dell'Ires-Cgil che descrive la nuova Irpef come un provvedimento nella direzione giusta.
C'è chi ha fatto i conti valutando solo gli effetti delle nuove aliquote, delle detrazioni, degli assegni familiari e l'aumento dei contributi previdenziali giungendo a risultati non tanto dissimili: più di un terzo di lavoratori perde o non guadagna nulla; un altro terzo che "guadagna" una cifra irrisoria (meno di 100 euro all'anno; c'è poi un 5,9% ha ottenuto un incremento tra i 100 e i 250 euro l'anno; infine c'è un quarto di lavoratori, sono quelli con coniuge e figli a carico che hanno preso tra i 250 ai 400 euro. Questa ricerca svela tra l'altro, il trucco del governo che, quando parla del 62,5% dei redditi che avrebbero beneficiato degli sgravi fiscali, omette di dire che si tratta dei soli lavoratori con carichi di famiglia, pari al 24% dell'insieme dei lavoratori dipendenti, uno su quattro.

La stangata sui single
I singoli, o comunque i non sposati anche se convivono, l'abbiamo già accennato, sono i più colpiti dalle nuove norme fiscali. Alcuni esempi possono aiutare a mettere in chiaro questa ingiustizia. Se un lavoratore dipendente con moglie e due figli a carico e un reddito di 20 mila euro all'anno pagherà tasse per complessivi 1.342 euro; lo stesso lavoratore dipendente singolo, con lo stesso reddito pagherà invece 3.629 euro. Non va meglio per il singolo lavoratore autonomo che pagherà 4.030 euro di tasse su un reddito di 20 mila euro; rispetto a quello con moglie e due figli che verserà 1.743 euro. Un dato importante e pesante se si tiene in considerazione che i singoli, o quelli che sono considerati tali, sono il 61,4% dell'insieme dei dipendenti. Mentre i lavoratori con coniuge e un figlio a carico sono il 12,6% e con moglie e due figli a carico 14,8%.
Ci sarebbe da aggiungere, a quanto finora esaminato, la tassazione del Tfr (trattamento di fine rapporto) aggravata già nella precedente controriforma di Berlusconi di cinque punti percentuali di aliquota sui redditi più bassi (passaggio dal 18 al 23%) e ora di altri quattro punti nella fascia di reddito da 15 mila ai 26 mila euro tassata non più al 23 ma al 27%.
La nuova Irpef di Prodi in conclusione lascia totalmente irrisolto il problema di un consistente alleggerimento delle tasse sui lavoratori e i pensionati e di un altrettanto consistente recupero del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni se è vero come è vero che solo nel 2005 gli impiegati e gli operai hanno perso mediamente circa 1.500 euro, mentre gli imprenditori e i liberi professionisti hanno incrementato i loro redditi medi di 9 mila euro, se è vero che a tutt'oggi 5 milioni di lavoratori percepiscono un salario mensile sotto i mille euro e più in generale 10 milioni di persone percepiscono un reddito inferiore e 800 euro al mese.

7 febbraio 2007