Contro il piano Fiat che prevede la chiusura della fabbrica siciliana
Gli operai di Termini Imerese occupano il municipio

Dal nostro corrispondente della Sicilia
Il 18 novembre diverse centinaia di operai, sia di Fiat che indotto, hanno occupato, con l'appoggio unitario dei sindacati il municipio di Termini Imerese (Palermo), annunciando che non lo avrebbero abbandonato finché il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, non si fosse presentato in paese a discutere con loro del futuro dello stabilimento siciliano. E non ha avuto scelta il governo Berlusconi. L'occupazione, di per sé un'azione di lotta incisiva, che scredita le istituzioni borghesi, rischiava di risolversi in una situazione politicamente difficile da gestire. Infatti, il neopodestà Burrafato area Pd, eletto nella scorsa primavera, con una maggioranza d'inciucio a cui appartengono anche spezzoni del Pdl e l'Mpa, era stato "esautorato" dagli operai che, preso possesso dell'aula consiliare, avevano eletto due "sindaci dei lavoratori", il primo dipendente della Fiat, l'altro dell'indotto, mentre alla scalinata del municipio appendevano il cartello: "Miccichè, dove sei?", quest'ultimo cercato invano dai lavoratori.
Si inasprisce la protesta degli operai della Fiat di Termini Imerese, che saranno nuovamente in cassa integrazione dal 21 dicembre al 6 gennaio, contro il piano dell'amministratore delegato Marchionne che prevede il trasferimento in Polonia della produzione della Lancia Ypsilon attualmente in Sicilia. Il futuro di Termini sarebbe delineato, se-condo i vertici aziendali, e lo si evince anche dalle parole di Marchionne: "non si può pensare di difendere tutto e di tenere tutti gli stabilimenti aperti". La decisa azione di protesta degli operai era in preparazione già da qualche giorno. Il 17 di novembre Sicilfiat si era fermata per un'assemblea sindacale nella quale i dipendenti, appoggiati unitariamente da Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil, avevano deciso di mettere in atto un presidio davanti ai cancelli, durante il quale si è anche parlato di un possibile sciopero generale del comprensorio che potrebbe essere indetto a breve.
Gli operai Fiat ce l'hanno fatta a costringere il ministro Scajola a presentarsi a Termini. All'incontro hanno preso parte anche l'assessore regionale all'Industria Marco Venturi e Gianfranco Miccichè. In quella sede è stato chiesto il rispetto dell'accordo sottoscritto il 9 aprile 2008, con cui Fiat assicura a Termini la produzione della Lancia Y, 250 nuove assunzioni e investimenti per 550 milioni. Scarse, tuttavia, le rassicurazioni venute dall'esponente del governo nazionale. Niente in sostanza, a parte la promessa che tra il primo e il 20 dicembre, giorno in cui è previsto il vertice a Palazzo Chigi tra Berlusconi e Marchionne, "ci saranno degli incontri per l'affinamento del piano industriale della Fiat per Termini Imerese".
"Scajola - commenta Giovanna Marano, segretario regionale della Fiom - non ha dato certezze sulla permanenza dell'auto a Termini". Sulla stessa linea Vincenzo Comella, della Uilm: "Oggi abbiamo avuto un appuntamento per fine mese, non ci hanno mica assegnato un prodotto".
Quali amare sorprese per gli operai Fiat nasconda il prossimo "affinamento" del piano industriale non è ancora dato sapere. Certo è che l'altro esponente del governo Berlusconi, Gianfranco Miccichè, appare pienamente schierato con Marchionne, chiare infatti le parole con cui ha invitato sindacati e lavoratori a non "fossilizzarsi" sull'accordo del 2008: "L'intesa con Fiat era stata raggiunta prima della crisi che ha sconvolto il mondo", ha detto a giustificazione del progetto Fiat di abbandonare la Sicilia. Roberto Mastrosimone, della Fiom, risponde: "L'accordo del 9 aprile va onorato". In quanto alla "riconversione" gli operai non si fidano per niente. Non c'è niente da riconvertire, come ha ben detto Mastrosimone: "A Termini quarant'anni fa c'erano spiagge incontaminate, terreni agricoli e artigianato. L'industria ci ha cambiati e non si può tornare indietro".
Neanche la Regione, dove c'è un assessore che viene da Confindustria, Gaetano Armao, sembra avere un concreto piano per bloccare la fuga della Fiat. Mentre la maggioranza è dilaniata dall'ennesima crisi di governo quello che arriva da Palazzo d'Orleans è solo qualche numero che sembra buttato lì a caso: 350 milioni da offrire alla Fiat. 200 in più rispetto ai 150 che nel 2005 l'ex-governatore, Salvatore Cuffaro (UdC), aveva offerto al Lingotto. In quel piano mastodontico la Regione avrebbe messo i soldi per costruire nuovi capannoni, creare una nuova area di produzione e portare a cinquemila il numero degli addetti. Tutto fumo e niente arrosto, allora come ora. Del resto Lombardo, impegnato nella guerra interna al "centro-destra" siciliano per la scalata ai vertici dei sistemi clientelari ha dedicato zero tempo e interesse alle attività produttive. La deindustrializzazione galoppa, mentre l'agricoltura versa in una condizione di profonda crisi.
Non resta che continuare la lotta con iniziative sempre più incisive, a partire dallo sciopero generale regionale di 8 ore di tutte le categorie, costruendo un largo fronte unito per la difesa della Fiat e dell'industria dell'isola. La solidarietà raccolta nel 2002 dagli operai in lotta dimostra che c'è la forza per mettere con le spalle al muro i governi nazionale e regionale, la Fiat e tutti i capitalisti in fuga dall'isola e costringerli a mettere in atto un piano per il rilancio dell'economia siciliana. Comunque, la posizione più avanzata su questa vertenza rimane quella del PMLI che chiede l'esproprio dell'intero gruppo Fiat senza indennizzo; anche perché lo Stato ha già pagato a sufficienza. Il che comporta anche la nazionalizzazione della Fiat auto, per attuare una sua profonda riconversione industriale che abbia al suo centro la produzione dei mezzi di trasporto collettivi pubblici su rotaia e via mare, comprendendo in questo contesto anche la ricerca e la costruzione dell'auto ecologica.

25 novembre 2009