Per evitare la bancarotta a Cipro
La Ue concede gli aiuti ma impone il principio del prelievo forzoso sui depositi bancari
Tassati solo i conti sopra i 100 mila euro dopo che il parlamento aveva bocciato il diktat della troika Ue sul prelievo generalizzato

Nella notte del 24 marzo l'Eurogruppo ha raggiunto all'unanimità un accordo per evitare la bancarotta di Cipro che riceverà aiuti per 10 miliardi in cambio della chiusura della Laiki Bank e del prelievo fino al 3z0% sui conti sopra i 100 mila euro della Bank of Cyprus, le due maggiori banche del paese sull'orlo del fallimento. Il versamento della prima parte del prestito dovrebbe avvenire ai primi di maggio secondo quanto dichiarato dal capo del meccanismo europeo di stabilità (Esm), Klaus Regklingk.
L'intesa definita dal presidente della Repubblica cipriota Nikos Anastasiadis col presidente dell'eurogruppo, l'olandese Jeroen Dijsselbloem, e alla presenza della responsabile del Fondo monetario internazionale (Fmi) Christine Lagarde, e del presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi, che prevede la pesante ristrutturazione delle due maggiori banche di Cipro è imposta al paese dalla troika e passerà sulla testa del parlamento di Nicosia. Che pure il 22 marzo aveva assolto al compito assegnatogli dalla Ue approvando una serie di disegni di legge fra i quali quello che concede al governo il potere di imporre restrizioni sui movimenti dei capitali depositati nelle banche, di intervenire direttamente per ristrutturare le banche a rischio di fallimento e di poter imporre prelievi forzosi sui depositi.
In quel momento a Nicosia si ragionava di un prelievo del 15% sui depositi oltre i 100 mila euro. Fra gli altri è stato approvato il disegno di legge che prevede la creazione di un fondo di solidarietà in cui raccogliere titoli statali, quelli dei fondi pensionistici e gli ingenti beni immobiliari messi a disposizione dalla Chiesa greco-ortodossa. Maggiori poteri sono inoltre assegnati alla Banca Centrale di Cipro che potrà tra l'altro definire il valore del prelievo giornaliero dai bancomat, un potere messo subito in pratica con la limitazione del prelievo giornaliero a 100 euro.
Le misure del parlamento di Nicosia erano state sollecitate anche dalla Commissione europea che sottolineava come "la restrizione di capitali è necessaria per evitare movimenti di fondi che possano mettere a rischio la stabilità della zona euro visto che Cipro rappresenta un rischio sistemico". La "piccola" economia di Cipro che ha un Pil di circa 18 miliardi, quasi un centesimo dell'Italia, poteva diventare l'innesco di una crisi pesante del sistema legato all'euro.
La mannaia della troika è caduta sulla Laiki Bank (Banca Popolare, il secondo istituto di credito cipriota) che sarà divisa in due pezzi, in pratica chiusa. Parte del fallimento delle due banche sarà pagato dai clienti, che nella prima ipotesi, quella varata il 16 marzo scorso dall'Eurogruppo, prevedeva in cambio del piano di aiuti un pesante prelievo sui depositi bancari pari al 9,9% su tutti i depositi superiori a 100 mila euro e del 6,75% per quelli inferiori. Il governo cipriota decideva la chiusura delle banche per evitare massicci prelievi.
La protesta di piazza e in particolare quella di Mosca, dato che aziende e miliardari russi avrebbero secondo varie stime intorno ai 30 milioni depositati nelle banche cipriote, spingevano il 19 marzo il parlamento di Nicosia a bocciare il progetto.
Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble spiegava che la questione della crisi finanziaria di Cipro non poteva esse risolta solo con i contributi europei, anche "i creditori delle banche di Cipro devono condividere il peso del salvataggio". Una posizione che dettava la linea all'Eurogruppo impegnandolo in una nuova trattativa. E il presidente dell'Eurogruppo, l'olandese Jeroen Dijsselbloem, dopo il nuovo accordo spiegava che il salvataggio di Cipro, con la partecipazione degli investitori e titolari di depositi nella ristrutturazione delle banche, rappresentava un nuovo modello su come gestire i problemi del sistema bancario in Europa. Un metodo che potrebbe in futuro essere esteso a altri paesi dell'Eurozona con problemi analoghi come Lussemburgo, Malta o la Slovenia.
Così per la prima volta dall'inizio della crisi le masse popolari sono chiamate a pagare il peso della crisi finanziaria non solo indirettamente tramite tasse e tagli ma anche direttamente con i propri risparmi, con un prelievo forzoso che pure non è una novità assoluta se si ricorda quello imposto in Italia dal governo di Giuliano Amato durante la crisi valutaria del 1992.

27 marzo 2013