Nuovo atto della dittatura della grande finanza europea
L'UE impone il "patto di bilancio" ai paesi che la compongono
In materia di politica economica gli Stati non conteranno più nulla
I governanti firmatari esultano ma i popoli verseranno più lacrime e sangue

I leader di 25 paesi dell'Unione europea (Ue) hanno firmato il 2 marzo a Bruxelles il "'patto di bilancio", o "fiscal compact", nome ispirato dal presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi che l'ha fortemente caldeggiato per mesi. Alla firma ufficiale del testo, che aveva avuto il via libera nel vertice informale del 30 gennaio scorso, sono mancati come previsto il premier britannico David Cameron e quello ceco Petr Necas che si erano chiamati fuori.
Il patto prevede per i paesi firmatari l'obbligo di inserire nella loro legislazione fondamentale, nella Costituzione, il principio dell'equilibrio di bilancio. Specifica che il bilancio deve essere in equilibrio o in attivo, che il deficit nel medio termine non superi lo 0,5% del prodotto interno lordo (pil) e che i governi assicurino una "rapida convergenza" verso questo obiettivo. Nel caso un paese non rispetti gli obiettivi sono previste sanzioni automatiche. A vigilare sul rispetto delle norme sarà la Commissione europea mentre alla Corte di Giustizia Ue spetta il compito di comminare le sanzioni per i paesi che non inseriscono la regola del pareggio di bilancio nei loro ordinamenti nazionali o nei casi in cui non vengano rispettati i parametri.
Il patto entrerà in vigore con la ratifica di almeno 12 paesi dell'area euro e sarà vincolante anche per gli altri 25 che lo hanno firmato. Solo i paesi che lo ratificheranno potranno ricevere aiuti dal fondo salva Stati permanente che dovrebbe entrare in funzione a luglio. Una clausola che rappresenta un pesante ricatto da parte della Ue e che interessa in particolare l'Irlanda dove il testo sarà sottoposto a referendum; il popolo irlandese ha già bocciato due volte i trattati europei, quello di Nizza nel 2001 e quello di Lisbona nel 2008 e se l'evento si ripetesse, porterebbe all'immediata chiusura del rubinetto degli aiuti per il salvataggio finanziario.
I sedici articoli del "patto di stabilità" che riguardano le norme sulla disciplina di bilancio e la gestione dei conti pubblici sono in buona parte già presenti nella legislazione europea. Ma assumono un peso più stringente, confezionate con la firma solenne del Trattato internazionale. E soprattutto per la prima volta spostano la sovranità sulle finanze di ogni singolo stato dal piano nazionale a quello comunitario. La serie di vincoli automatici a partire dal pareggio di bilancio sottolinea che in materia di politica economica gli Stati non conteranno più nulla, così come i parlamenti nazionali dovranno sottomettersi alla dittatura della grande finanza europea.
I governanti firmatari esultano. "Gli effetti saranno profondi e di lunga durata", ha commentato il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, riconfermato all'unanimità dal vertice nella sua carica per altri due anni e mezzo. "Il ritorno della fiducia nel futuro dell'Eurozona porterà alla crescita economica e dell'occupazione", ha assicurato. Per la cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha fortemente voluto questo tipo di patto, l'intesa rappresenta "una pietra miliare nella storia dell'Unione Europea" e "un primo passo verso l'unione politica". "Ma attenzione - ha aggiunto - la crisi non è finita, la situazione resta difficile, abbiamo due tre anni duri per superarla". Un avvertimento rivolto ai commenti entusiasti del presidente francese Nicolas Sarkozy, che si è rallegrato del "primo vertice dal 2011 che non sia di crisi", e del primo ministro italiano Mario Monti che ha commentato: "siamo tutti d'accordo che la strategia giusta e responsabile combina il consolidamento di bilancio con la crescita e l'occupazione, con misure anche dall'effetto immediato su giovani e occupazione femminile". Si lavora, ha proseguito, a "un economic compact, un patto per le riforme economiche a beneficio dei cittadini europei".
Detto mentre in Europa si contano milioni di disoccupati, con la disoccupazione soprattutto giovanile in continua crescita, rappresenta una beffa. I popoli verseranno più lacrime e sangue, costretti a subire la dittatura della grande finanza europea, tanto più che nel pacchetto di norme inserite nel nuovo trattato non c'è un bel niente a favore della crescita e della difesa dell'occupazione a fronte del periodo di recessione che potrebbe durare ancora per molto.
Grecia e Portogallo sono nel pieno di una grave crisi, la Spagna nonostante il governo di destra di Rajoy abbia varato una pesantissima "riforma" del lavoro, ha annunciato in margine al vertice di Bruxelles di non essere in grado di rispettare gli obiettivi di riduzione del deficit che avevano concordato con i partner europei. Ma la crisi lambisce anche i paesi ritenuti "virtuosi": dall'Olanda che potrebbe non rispettare i parametri dato che il prodotto interno lordo ha segnato una netta caduta (-0,9%), peggio che in Italia e ora rischia di perdere il rating dei paesi primi della classe, alla Francia che a causa della recessione economica con difficoltà potrebbe contenere il deficit al 4,5% nel 2012 e rientrare nel 3% entro il 2013 come promesso.

7 marzo 2012