Non si arresta lo sfascio dell'università pubblica
Vent'anni di controriforme della destra e della "sinistra" borghese. Meno 58mila immatricolati dal 2003, come fosse scomparsa la Statale di Milano. Azzeramento del fondo di finanziamento ordinario, tasse alle stelle, tagli al diritto allo studio
Il ministro Profumo rispolvera la cancellazione delle borse di studio

Il 30 gennaio scorso il Consiglio universitario nazionale (CUN) ha emesso un documento nel quale certifica lo sfascio dell'università pubblica italiana. Il primo dato, il più grave, è quello del crollo di immatricolati, calati di 58.000 studenti (-17%) dal 2003 al 2011, "come se in un decennio" - fa notare il CUN - "fosse scomparso un ateneo grande come la Statale di Milano". Contestualmente cala anche l'ingresso all'università dei neodiplomati, passato al 61% nel 2011 rispetto al 68% nel 2007, alla vigilia della crisi.
Secondo il CUN, "Questi dati indicano chiaramente un diminuito interesse per l'istruzione universitaria e/o una diminuita capacità di accedervi", dovuti, il primo, alla "diminuzione delle opportunità occupazionali per i laureati", e il secondo alla "contrazione delle risorse per il diritto allo studio". Insomma, un altro effetto devastante della macelleria sociale attuata da Berlusconi e Monti, quest'ultimo con l'avvallo anche del PD, che mette fortemente in discussione quello che dovrebbe essere un diritto sancito dalla stessa Costituzione del '48, a ulteriore riprova che ormai è carta straccia.
Del resto non c'è da stupirsi che l'università sia sempre più strozzata: il documento denota che nonostante una "minor spesa per stipendi dovuta alla riduzione degli organici", già di per sé inaccettabile, "il saldo resta comunque negativo con una riduzione sostanziale delle risorse a disposizione degli Atenei (...) aggravata dalla difficoltà degli Atenei di attingere a finanziamenti esterni". Si pensi ai tagli di 960 milioni (Gelmini) e poi di 300 milioni (Profumo) al fondo di finanziamento ordinario e che attualmente mettono addirittura a rischio l'esistenza di una ventina di atenei italiani, per lo più al Sud, che sono a un passo dal fallimento. Tagli che, inoltre, "stanno rendendo obsolescenti e inadeguate le attrezzature indispensabili".
Per non parlare degli oneri che pesano sugli studenti e le loro famiglie, come l'aumento delle tasse regionali per il diritto allo studio, i continui tagli e restrizioni di accesso alle borse di studio (il fondo nel 2011 copriva il 75% degli aventi diritto), la spesa per studente sempre più bassa (spesa su cui l'Italia è al 16° posto su 25 paesi secondo dati OCSE).
L'Italia è poi al 34° posto su 36 paesi OCSE per laureati nella fascia d'età 30-34 anni, il 19%, ben lontano dall'obiettivo del 40% stabilito dalla strategia "Europa 2020".
Il CUN non lo dice, ma è bene sottolineare che, a fronte di tutti questi pesanti tagli, è stata lautamente finanziata l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario (ANVUR), istituita dal 2° governo Prodi, alle dipendenze dell'esecutivo, che si occupa di definire l'allocazione delle risorse per le "eccellenze", di definire i criteri di valutazione e che sta rendendo impossibile l'abilitazione scientifica nazionale, per non parlare delle lungaggini burocratiche e degli errori madornali che l'hanno resa famosa.
Il documento inoltre evidenzia come il blocco del turn over abbia portato ad una riduzione del 22% del numero complessivo dei professori in sei anni, riduzione orientata a peggiorare, aumentando la media del rapporto docenti/studenti e determinando la chiusura di numerosi corsi di laurea (oltre mille in sei anni), non per necessità di "razionalizzazione" ma "in larghissima misura anche imposta dalla pesante riduzione numerica del personale docente".
Il CUN conclude dicendo che "i dati sulle crescenti difficoltà finanziarie degli Atenei mostrano i segni di un evidente squilibrio territoriale che pone a rischio l'erogazione dei servizi formativi e la promozione delle capacità di ricerca proprio nelle aree del Paese che già scontano un maggiore disagio economico e sociale".
Il ministro dell'Istruzione Profumo ha accusato il CUN di usare "toni allarmistici". Non solo: approfittando del fatto che tutta l'attenzione è concentrata sulla campagna elettorale e benché il governo di cui fa parte sia dimissionario da quasi due mesi, Profumo sta per fare approvare un decreto legge lampo che restringerà l'accesso anagrafico ed economico alle borse di studio, ne abbasserà gli importi e ne aumenterà i requisiti di "merito". La strada imboccata, evidentemente, è quella della sostituzione delle borse di studio con i prestiti d'onore, da tempo nelle intenzioni di Profumo e di Gelmini prima di lui. Occorre rilanciare immediatamente la mobilitazione studentesca per fermare questo decreto, rompendo lo squallido teatrino della campagna elettorale dei partiti borghesi.
In ogni caso, il documento del CUN chiama in causa le controriforme dell'istruzione attuate dai governi di destra come di "sinistra" borghese, e infatti i partiti in lizza alle elezioni non hanno alcuna intenzione o proposte concrete per risanare l'università pubblica. Il peggio del peggio è Oscar Giannino, candidato premier della formazione iperliberista "Fare per fermare il declino", che tralasciando gli ostacoli imposti da tasse e tagli, su "Twitter" sentenzia: "Cinquantamila universitari in meno vuol dire che i giovani non sono fessi, vedono l'università senza merito come inutile".
L'unico modo è battersi per realizzare l'università pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti, una lotta nella quale devono impegnarsi in primo luogo gli studenti a partire da ciascun ateneo. Intanto gli studenti, i docenti democratici e progressisti, il personale tecnico-amministrativo e chiunque ha a cuore questa lotta non diano il loro consenso a chi ha distrutto l'università pubblica, astenendosi il 24 e il 25 febbraio.

6 febbraio 2013