Sposando la tesi di Berlusconi secondo cui i governi attuali non hanno poteri e che la repubblica parlamentare è ingovernabile
Ora Veltroni alza la bandiera del presidenzialismo

In Italia la repubblica parlamentare così come l'ha disegnata la Costituzione del 1948 è ingovernabile, e produce solo governi deboli e senza poteri. Bisogna scegliere: o un premierato forte o una repubblica presidenziale.
Non è Berlusconi che lo dice, anche se potrebbe esserlo benissimo, ma è l'ex segretario e fondatore del PD Walter Veltroni, che dopo alcuni anni di relativa assenza dalle scene, conseguente alle dimissioni dovute ai fallimenti della sua stagione politica, si rifà avanti per rilanciarsi nei giochi che si sono riaperti per la leadership col marasma in cui è precipitato il suo partito.
L'occasione è - manco a dirlo - l'uscita del suo ennesimo libro, titolo "E se noi domani", sottotitolo "L'Italia e la sinistra che vorrei", con perfetto tempismo per il suo lancio al Salone del libro di Torino, preceduto da ampi stralci su un paginone de l'Unità del 15 maggio. Che cosa ci dice il "saggio"? Ci dice in sostanza che in questi ultimi decenni dopo l'89, tangentopoli, la fine dei grandi partiti, la politica "condizionata dal fenomeno Berlusconi", la crisi economica ecc., ecc., "la società si è fatta veloce, globale, interconnessa. Le vecchie classi sociali non sono più identificabili con blocchi consolidati e omogenei, così come l'informazione e le idee. Tutto è veloce e liquido. Tutto è precario e questo genera ansia, paura del futuro". Tutto ciò per arrivare ad affermare che "la società è veloce e le istituzioni sono lente", e quindi per domandarsi retoricamente se "il sistema integralmente parlamentare, così come lo abbiamo conosciuto in Italia" sia "il migliore per rispondere a questo tempo incerto e impaurito, al bisogno di velocità e di decisione".
Ovviamente la risposta è scontata: "Forse è il momento di dirsi che quel sistema è collassato quando i partiti sono entrati in crisi. I partiti forti, quelli che piacciono al mio amico di sempre, Fabrizio Barca, non esistono più. Non esistono in nessuna parte del mondo. Se ne può avere nostalgia in Italia?", si risponde infatti Veltroni, assestando già che c'è anche un colpetto basso al nuovo pretendente alla leadership e alla sua idea di riportare il PD al rango di "partito solido" di stampo socialdemocratico europeo, in contrapposizione all'idea veltroniana di "partito liquido" di matrice liberale all'americana.

Veltroni si copre dietro il presidenzialismo dell'azionista Calamandrei
Giunto a questo punto il passo per proporre apertamente la soluzione presidenzialista sarebbe stato breve, ma Veltroni sente evidentemente il bisogno di pararsi dall'accusa di favorire una controriforma gaullista, se non fascista della Costituzione. E allora la prende larga, chiama in soccorso il liberale azionista Calamandrei, citando un suo discorso del 1946 in cui ribatteva "a chi dice che la repubblica presidenziale presenta il pericolo delle dittature", che invece il fascismo è sorto "da un regime a tipo parlamentare, anzi parlamentaristico", caratterizzato dalla "impossibilità di avere un governo appoggiato ad una maggioranza solida che gli permettesse di governare"; e che "le dittature sorgono non dai governi che governano e che durano, ma dalla impossibilità di governare dei governi democratici".
Se poteva dirlo Calamandrei, che era uno dei padri della Costituzione, posso dirlo anch'io senza tema di essere accusato di violare la Costituzione e di passare per antidemocratico, è il ragionamento furbetto di Veltroni. E difatti a questo punto ci va giù a ruota libera, pontificando senza reticenze: "con Mussolini abbiamo avuto il potere, ma non la libertà. Con la Repubblica la libertà, ma non il potere. Se l'Italia non riuscirà a ricongiungere i due termini essenziali di una democrazia il suo futuro è esposto a rischi elevatissimi. Nei paesi in cui vigono regimi presidenziali o semipresidenziali non c'è meno democrazia che in Italia. Non c'è meno democrazia negli Usa né in Francia". Anzi, a suo dire, "consociativismo e corruzione nascono dalla opacità di un sistema in cui nessuno decide", e "non per caso in questi anni durissimi il Quirinale ha svolto un ruolo politico crescente, fino ai limiti consentiti dalla Costituzione".

Sul terreno di Berlusconi, di Craxi e della P2
Ma questa sorta di repubblica presidenziale di fatto che si è instaurata grazie a Napolitano (e a Berlusconi, aggiungiamo noi) non basta per compensare la mancanza di potere decisionale che Veltroni attribuisce ai vizi del parlamentarismo. E allora "si decida", conclude lui: "O un governo forte, al quale si conferiscano margini di decisione molto più elevati e cogenti con un parlamento che definisce per sé essenzialmente un ruolo di controllo, di "cane da guardia" dell'esecutivo. Oppure si abbia il coraggio, in un contesto di comune responsabilità istituzionale, di assumere per intero il modello della quinta Repubblica francese: un sistema semipresidenziale e un meccanismo elettorale a doppio turno di collegio. Vorrei ricordare che l'apertura al semipresidenzialismo era scritta, e sottoscritta, nelle tesi dell'Ulivo del 1996".
Dunque per Veltroni è giunta l'ora di passare a una repubblica presidenziale alla francese, con tanto di elezione diretta del presidente della Repubblica. Ma questo non era il programma di Berlusconi, e prima ancora lo è stato di Craxi, mutuato dal "piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli? Tanto che il neoduce di Arcore lo ha inserito al primo posto nella lista delle controriforme costituzionali da varare col governo delle larghe intese?
Ma ciò non turba affatto i sonni dell'ex segretario PD: in una compiacente intervista fattagli da Sebastiano Messina per la Repubblica, alla domanda se non tema che la sua proposta di semipresidenzialismo alla francese apra la strada del Quirinale a Berlusconi, se l'è cavata con questa risposta che rivolta la frittata: "La strada a Berlusconi e a tutte le pulsioni populiste è stata spianata dall'impossibilità di avere un governo che risponda ai cittadini di quello che fa sulla base di una maggioranza programmatica. E le democrazie, come diceva Calamandrei, muoiono per incapacità di decidere. Detto questo, io credo che se si scegliesse il semipresidenzialismo andrebbe approvata contestualmente una norma chiarissima sul conflitto d'interessi: non si può candidare al Quirinale chi possiede televisioni e giornali".
Che razza di bugiardo e di ipocrita! Come se non si sapesse che da quando Berlusconi è sceso in campo, pur avendone avuta più volte l'occasione, Veltroni e gli altri leader rinnegati e liberali del PDS-DS-PD si sono sempre guardati bene dall'approvarla, e che perfino ora che potrebbero votare per la sua ineleggibilità, si rifiutano di farlo adducendo le più risibili e vergognose scuse pur di continuare a parargli il culo e inciuciare con lui. Per cui non si capisce perché mai dovrebbero farlo proprio adesso che stanno insieme nel governo Letta-Berlusconi, preoccupati unicamente che duri il più possibile per ufficializzare, come si legge fin dal titolo nel Documento dell'UP del PMLI, "il regime neofascista, presidenzialista e federalista".

5 giugno 2013