Illustrando il programma all'assemblea costituente del PD
Veltroni lancia la "nuova (vecchia) Italia" capitalista
Tav, rigassificatori, inceneritori. Taglio drastico della spesa pubblica. Meno tasse anche per i padroni. Qualche soldo
in più ai precari ma la legge 30 non si tocca. Aiuti familisti come pretesi dal Vaticano. Le promesse di 700 mila nuove case e 100 campus universitari: un megaffare speculativo. Più poliziotti nelle strade e più pene per i reati "minori"

Berlusconi e Fini: "è una fotocopia del nostro programma"

Mentre stiamo scrivendo Valter Veltroni, accompagnato da una enorme batteria pubblicitaria, sta girando in lungo e in largo l'Italia per illustrare il programma elettorale e di governo del PD e per presentare i candidati tra i quali, addirittura, Massimo Calearo e Matteo Colannino rispettivamente presidente di Federmeccanica e presidente dei giovani di Confindustria, nonché il giuslavorista Pietro Ichino noto per aver apostrofato i pubblici dipendenti come nullafacenti e fannulloni, perciò licenziabili. Un programma quello di Veltroni annunciato nel discorso di apertura della campagna elettorale del 10 febbraio scorso a Spello (Perugia) e ufficializzato nei dettagli davanti all'Assemblea Costituente del PD una settimana dopo, lungo 32 pagine e suddiviso in 12 punti. I programmi elettorali (dei partiti parlamentari), lo sanno tutti, hanno come finalità quella di ottenere più voti possibili. Perciò le promesse si sprecano; se poi rimangono sulla carta, vedi l'esperienza del programma dell'Unione e del governo Prodi, poco importa.
Le promesse che interessano le masse rimangono sulla carta. La strategia e i punti utili al sistema capitalistico e alla borghesia vengono però realizzati.
Gli slogan ad effetto, accattivanti e insieme iperbolici, sono usati a piene mani. In questo Veltroni è un esperto, mostra di conoscere a fondo i meccanismi e l'efficacia dei mezzi di comunicazione e li sa usare forse quanto l'altro grande imbroglione politico borghese, il neoduce Berlusconi. Per non farsi ingannare da questo tornado propagandistico, per valutare attentamente e nella loro reale natura e portata le proposte elettorali di Veltroni è importante ricordare, sia pure brevemente chi è Veltroni, che tipo di partito è il PD e perché è stato costituito.

Da revisionista a liberale anticomunista
Ai giovani Veltroni può essere spacciato per il politico nuovo. Ma per chi ha qualche anno in più e non ha perso la memoria sa benissimo che costui è da 40 anni in politica. Per cui se è vero lo slogan del "rinnovo della classe politica" dovrebbe essere tra i primi a fare le valigie. Il lungo percorso di Veltroni inizia addirittura nella Fgci di cui è stato un massimo dirigente. Nel PCI ha assunto sempre incarichi di vertice, ed è stato tra gli artefici dell'autoscioglimento del PCI e della nascita del PDS e poi dei DS. È stato direttore dell'Unità. Nel primo governo Prodi era vicepremier.
Nei DS è stato segretario generale, dopo che D'Alema divenne presidente del consiglio del governo di "centro-sinistra" e in ultimo ha rivestito la carica di sindaco di Roma a capo di una giunta di "centro-sinistra". Altro che politico nuovo: lui c'era già nella prima repubblica e ha condiviso gran parte della politica della seconda repubblica. Nel corso degli anni Veltroni, da comunista (in realtà revisionista della corrente di destra) è diventato un rinnegato del comunismo, un riformista socialdemocratico e poi un liberale, anticomunista, neo-nazionalista e presidenzialista convinto, uno dei migliori cavalli di razza della grande borghesia.
Il Partito democratico (PD) non è il risultato di un movimento di protesta dei giovani, uno strumento politico nato nella lotta per "cambiare l'Italia"; termine questo da molti super abusato a sproposito! È stata invece un'operazione costruita a "tavolino" da vecchi volponi della politica borghese facenti capo ai DS e alla Margherita, con in testa appunto Veltroni, D'Alema, Prodi e Rutelli. Lo si spaccia per un nuovo partito: niente di più falso. Di vero c'è l'ulteriore spostamento a destra degli ex DS che sono andati oltre (sono usciti) la socialdemocrazia per approdare nel terreno classico dei liberali, per cultura, per programma; di vero c'è l'identificazione col partito democratico americano e col sistema politico bipartitico degli Stati Uniti. Uno dei principali caratteri del PD è l'interclassismo (padroni e operai senza distinzioni) mutuato, verrebbe da dire, dalla vecchia DC, ma in Italia lo portò avanti anche Mussolini nella versione corporativa fascista. Se tutto questo è nuovo!

Un partito (vecchio) per la terza repubblica
Il PD è dunque nato a "tavolino" per opera di vecchi volponi borghesi ma non senza motivo e con scopi precisi. È il tentativo di fermare la caduta verticale di fiducia delle larghe masse popolari nei confronti dei vecchi partiti parlamentari e delle istituzioni borghesi; di recuperare credibilità nei confronti del palese fallimento del governo Prodi; di affrontare la crisi politica e istituzionale in cui è giunta la seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista; di creare le condizioni per lanciare e realizzare la terza repubblica, con le stesse caratteristiche di fondo della seconda, attraverso le ennesime "riforme" istituzionali e costituzionali relative alla forma di governo e di Stato, relative al sistema elettorale basato sul bipartitismo e alle forme di rappresentanza parlamentare. Un progetto che ha trovato il pieno appoggio dei grandi media borghesi e dei "poteri forti", compresa la Confindustria. Lo stesso Berlusconi, che prima di essere un leader politico è uno dei più ricchi e potenti capitalisti italiani, ha colto l'opportunità che gli veniva offerta e, non per caso, si è precipitato a costituire il partito che si chiama Popolo delle Libertà (PdL), ovvero l'altro corno, quello di destra, di un futuro sistema bipartitico o bipolare che dir si voglia.
Senza queste premesse, senza questa consapevolezza non è facile inquadrare il programma elettorale e di governo di Veltroni, è più difficile individuare la cultura politica su cui poggia, capire quali sono i punti programmatici veri e quelli messi lì, per inciso, tendenti a ingannare l'elettorato, specie quello popolare e di sinistra. Ma qual è la cultura politica del programma di Veltroni? Dell'interclassismo abbiamo già detto. Sul piano istituzionale: il presidenzialismo e il federalismo, il superamento della repubblica parlamentare e dello Stato unico e indivisibile. Su quello elettorale: la marginalizzazione, se non la cancellazione dei piccoli partiti e il premio di maggioranza per i due principali partiti parlamentari (PD e PdL) in modo da favorire l'avvento del succitato bipartitismo di origine anglosassone. In materia di politica estera: l'interventismo militare, la conferma e il rilancio di una politica imperialista sia pure nell'ambito della Ue. C'è il riferimento esplicito alle missioni militari in Afghanistan, Libano, Kosovo. Sul piano economico: il neoliberismo, le liberalizzazioni, la riduzione delle tasse e il taglio della spesa pubblica. Sul piano sociale: il disimpegno progressivo dello Stato, interventi familisti. Sul lavoro: incentivi per le aziende, flessibilità della forza lavoro, destrutturazione dei diritti sindacali.

I punti programmatici
"Più crescita, più libertà, più uguaglianza" è lo slogan del programma. Per aggiungere subito dopo: "Senza crescita non c'è politica redistributiva che tenga". Ma questo ritornello non è nuovo, è stato intonato tante volte dai governi che si sono succeduti. È la politica dei due tempi: prima, i conti dello Stato e poi gli investimenti sul sociale; prima i profitti e poi i salari; prima la produttività e poi l'occupazione. E si sa come è andata.
Nel programma di Veltroni più che delle vere e proprie novità troviamo, in larga parte, cose vecchie riproposte in una forma peggiorativa. Nel primo punto dedicato a "modernizzare l'Italia" si invoca "meno veti, meno conservatorismi", e "l'ambientalismo del fare" per fare cosa? Rendere più permissiva la normativa di valutazione ambientale delle opere, dare il via ai rigassificatori, liberalizzare l'approvvigionamento di metano, costruire i "termovalorizzatori", ossia gli inceneritori, per il trattamento dei rifiuti e dare piena attuazione al mega-progetto speculativo dell'Alta velocità ferroviaria, ivi compresa la tratta in Valle Susa. Liberalizzare la gestione delle reti idriche, quantunque verso questo esista una forte e ampia opposizione popolare. Circa il Mezzogiorno, trattato nel secondo punto, Veltroni se la cava con poche righe dove propone genericamente la costruzione di una rete di infrastrutture entro il 2013.
Il taglio liberista del programma emerge con chiarezza nel terzo punto su: "controllo della spesa pubblica". Dove si propone una riqualificazione, ma più che altro il taglio della stessa. E che taglio: mezzo punto del Pil della spesa corrente nel primo anno, un punto nel secondo e un altro punto nel terzo. Dove questi soldi, e sono tanti, verranno "risparmiati" non è del tutto chiaro. Gli esempi riportati non risultano convincenti. C'è da aspettarsi però un forte dimagrimento della pubblica amministrazione attraverso la riduzione del personale. Questi tagli alla spesa pubblica, sono necessari, si legge nel programma, per ridurre le tasse a tutti (quarto punto). Non solo ai lavoratori dipendenti e ai pensionati a basso reddito che ne hanno ben diritto visto la drastica perdita di acquisto subita negli anni, ma anche alle imprese le quali hanno già beneficiato di un cospicuo alleggerimento fiscale con il taglio di cinque punti attuato dal governo Prodi. Nel programma di Veltroni si parla del taglio delle aliquote Irpef di un punto l'anno per tre anni consecutivi. Inoltre è prevista anche la detassazione sulla contrattazione sindacale di secondo livello. I padroni possono essere contenti, anzi stracontenti. Anche perché non c'è più traccia dell'innalzamento della tassa sulle rendite finanziarie, in Italia la più bassa d'Europa. Passa la filosofia neoliberista confindustriale che recita: meno spese pubbliche e meno tasse ai capitalisti.
Per le donne le proposte di Veltroni (quinto punto) sono generiche, insufficienti e contraddittorie. Da un lato invoca una maggiore occupazione femminile, dall'altro propone che le donne facciano più figli. I provvedimenti a sostegno di questi obiettivi, ammesso che una volta al governo siano effettivamente legiferati, ci sembrano davvero poca cosa. Si va da un credito d'imposta rimborsabile per le lavoratrici per sostenere le spese di cura, al congedo parentale al 100% per 12 mesi, alla "dote fiscale" di 2.500 euro all'anno per i figli (settimo punto). Non aggiuntive però ma in sostituzione degli assegni familiari e delle detrazioni fiscali per la prole a carico. Si parla inoltre di incrementare in tre anni i posti degli asili nido dall'attuale 9% ad almeno 20%. Ma per essere un servizio universale l'asilo nido deve essere gratuito e non a rette esose per non dire insopportabili per le famiglie lavoratrici a basso-medio reddito. Sulla 194 una riga per dire che va bene e che va applicata interamente. Sulla legge 40 sulla fecondazione assistita, di stampo medioevale e reazionaria nulla di nulla. Anche sul tema della parità uomo-donna tutt'altro che raggiunta, si sorvola.
Ma come deve essere questa occupazione femminile? A tempo indeterminato o precario, com'è in larghissima misura ancor oggi? Il proposito di contrastare la precarietà (nono punto) è falso, senza fondamento. Intanto perché per Veltroni le flessibilità sono necessarie al processo produttivo (capitalistico) e all'aumento della produttività e alla competitività (capitalistici). Infatti nel programma del PD non c'è la cancellazione della legge 30, e nemmeno di alcuni dei contratti precari più odiosi e intollerabili. Ci sono delle proposte per attenuare il disagio economico dei lavoratori atipici, sperimentando per loro un "compenso minimo legale" di 1.000 euro al mese netti (un incremento di 200 euro rispetto alle 800 medie attuali) e un percorso che veda l'allungamento del periodo di prova in modo da indurre le aziende all'assunzione stabile.
Su scuola e università il programma di Veltroni spara la proposta di "cento campus universitari e scolastici" (ottavo punto) da realizzare entro il 2010. L'idea sembra molto americana. Non è però specificato dove, con quali soldi, se saranno pubblici o privati. In ogni caso si configura come un grosso affare per le società finanziarie e costruttrici. Dal momento che non se ne parla, Veltroni assume come proprie le "riforme" Fioroni e Mussi per la scuola e per l'università che per negatività poco hanno da invidiare alle controriforme Moratti.
Sulla casa (sesto punto) il PD propone un progetto di "social housing" da affidare a dei fondi immobiliari privati di "tipo etico" per la costruzione di 700 mila abitazioni da mettere sul mercato a canoni tra i 300-500 euro. Non sono case popolari, gli affitti per quanto un tantino calmierati non sono poi così bassi, la proprietà non è pubblica. Insomma un altro grosso affare per le banche e per i grandi capitalisti.
Sulla sicurezza (decimo punto) le proposte del PD si confondono con quelle della destra: più poliziotti per strada, più controlli e più videosorveglianza di quanto non ce ne siano già, conferma del "pacchetto sicurezza" di stampo fascista e xenofobo varato dal governo Prodi il 30 ottobre 2007 che decreta poteri speciali ai prefetti in materia di immigrazione ed estende l'utilizzo obbligatorio della custodia cautelativa in carcere a una serie di reati sin dal primo grado di giudizio. Fanno ridere le affermazioni sulla legalità e la certezza della pena (undicesimo punto) senza fare cenno all'abrogazione delle "leggi vergogna" varate dal governo Berlusconi, senza rafforzare la legislazione antimafia colpevolmente indebolita nelle ultime due legislature. Così come fanno ridire le proposte in materia di televisione che non intaccano affatto il duopolio Rai-Mediaset.
Veltroni si sbraccia e si sgola per far credere che lui è il nuovo e che ciò che propone cambia l'Italia. Peccato che Berlusconi e Fini lo accusino di copiare le proposte del "centro-destra". "Oggi c'è qualcuno - ha detto Berlusconi riferendosi a Veltroni - che propone la nostra ricetta con parole neoliberiste in un programma che altro non è che la fotocopia del nostro". E Fini: "I punti del programma del Partito democratico? Nella migliore delle ipotesi sono la fotocopia di ciò che il centrodestra propone e ha realizzato".

12 marzo 2008