Veltroni stringe un patto col fascista Alemanno sulla sussidiarietà nei servizi pubblici

Continuano le prove di consociativismo, tra il leader "in pectore" del neonato Partito democratico, nonché neopodestà di Roma, l'anticomunista Walter Veltroni e i fascisti di AN.
Dopo il duetto sulle riforme elettorali e costituzionali inscenato con il leader di AN Gianfranco Fini nel febbraio scorso, questa volta Veltroni ha praticamente stretto un vero e proprio patto con l'esponente di AN Gianni Alemanno (colui che lo sfidò, lo scorso anno alle elezioni per la poltrona di sindaco) sul modello ideale di "Stato sociale" da dare alla capitale.
L'occasione è stata il convegno "Quale sussidiarietà per Roma?" svoltosi il 2 luglio scorso, organizzato dalla cooperativa Labores in collaborazione con la Fondazione "Nuova Italia" presieduta proprio da Alemanno e introdotto da sua moglie Isabella Rauti, consigliera nazionale per le pari opportunità del ministero del Lavoro e figlia del caporione Pino.
Quello che doveva essere uno scontro di opinioni tra i due ex-sfidanti sul tema della sussidiarietà, cavallo di battaglia storico della destra più oltranzista e clericale, si è invece rivelato una totale convergenza, e affinità di vedute a dir poco imbarazzanti.
E più che un confronto-dibattito è stata un'amichevole conversazione intercalata da numerosi "come Gianni ha già ricordato", "come ha detto Walter" e simili, dove Veltroni e Alemanno si sono ritrovati sulla medesima barricata a invocare, nella gestione e nell'erogazione dei servizi pubblici e sociali, più sussidiarietà e più mercato, ribadendo entrambi il principio cardine: la libertà di scegliere a quale ente erogatore di servizi rivolgersi, che detto in altre parole significa "meno Stato e più mercato".
Il "modello Roma", ha detto Veltroni, con Alemanno che annuiva vistosamente, è quello della welfare-community, in contrapposizione al welfare-State. Ossia viene teorizzato un drastico ridimensionamento del pubblico col fatto che "la città è una comunità che affronta tutta insieme i bisogni sociali", e quindi "non c'è solo l'amministrazione, ma tutta la società romana. Dobbiamo portare i livelli di governo il più vicino possibile ai cittadini, e l'istituzione deve essere parte, non tutto". Per realizzare ciò, ha detto ancora Veltroni, il Campidoglio ha intrapreso una "strada molto difficile", quella "dell'accreditamento", cioè delle strutture private riconosciute dal comune e dove l'istituzione pubblica si limita a fare da garante degli standard qualitativi. Alemanno ha praticamente detto le stesse cose di Veltroni, con la sola differenza di spingere ulteriormente l'acceleratore al ritiro del pubblico nella gestione dei servizi pubblici affinché il sistema di "accreditamento" da parte dell'istituzione non entri in conflitto col principio di "offrire reale libertà di scelta e concorrenza" all'utente e agli enti privati che erogano servizi. E visto che c'era ha colto la palla al balzo per chiedere a Veltroni di spingere pure l'acceleratore sul federalismo fiscale mettendo in pratica il ddl Lanzillotta "in modo che i soldi delle tassazioni sul sociale rimangano ai cittadini e possano essere spendibili tramite buoni o voucher".
Come dice il detto "chi si somiglia si piglia", e Veltroni ed Alemanno, riguardo allo smantellamento dello "Stato sociale" e alla restaurazione di una politica sociale fondata sulla centralità della famiglia e del mercato privato, possono essere considerate due anime gemelle.

12 settembre 2007