Vendola apre a Monti
Il leader di Sel non perde l'occasione per attaccare Stalin

"Non si può impedire ad Enrico Letta di chiedere l'appoggio di Monti al governo Bersani. Ma una cosa è il sostegno al governo, altra cosa è appartenere allo stesso governo. Come si fa a spiegare all'Italia che nello stesso governo ci sono SEL e Fini e Casini"? Con questa dichiarazione fatta poche ore prima in un'intervista al settimanale Left diretto dagli ex revisionisti Adalberto Minucci e Giulietto Chiesa, Nichi Vendola si è presentato l'11 gennaio al vertice segreto con Bersani e Letta per stabilire la strategia da seguire dopo la rottura della trattativa con Ingroia su una possibile desistenza della sua lista "Rivoluzione civile" nelle regioni in bilico per il Senato, in particolare in Lombardia e Sicilia.
Un'evidente apertura, quella del leader di SEL, a Monti e ad un possibile accordo post elettorale di governo tra PD e centristi in caso di risultato ora ancor più incerto al Senato, che ribaltava tutte le sue precedenti dichiarazioni sull'incompatibilità totale tra la linea e il programma dell'attuale premier e quelli del "centro-sinistra". Ancorché giudicata "timidissima" dal vicesegretario del PD, Enrico Letta, in quanto ammetteva solo l'"appoggio esterno" e non la partecipazione diretta di Monti ad un futuro governo Bersani, non c'è dubbio infatti che questa dichiarazione rappresentasse un primo e tuttavia clamoroso passo, suscettibile di ulteriori sviluppi futuri, in quella direzione.
Ad ogni modo Bersani e Letta hanno messo ancor più alle strette il governatore pugliese, chiedendogli di cominciare a correggere più accentuatamente la sua campagna elettorale nei confronti di Monti e di un eventuale governo Bersani a "maggioranza allargata". Cosa che egli ha prontamente fatto, rilasciando il giorno dopo un'intervista a Sky Tg24 in cui è tornato sull'argomento con questa nuova dichiarazione: "Se Monti fa autocritica e corregge alcune sue controriforme è un fatto positivo. Con Monti si può costruire un compromesso importante su quello che sarà il carattere della prossima legislatura, il carattere costituente". Un altro "passettino avanti", insomma, in direzione di una completa (anche se necessariamente graduale) capitolazione all'idea di governare insieme al tecnocrate liberista borghese.
L'apertura di Vendola a Monti è stata subito bollata da Ingroia come un segnale che "dietro le quinte l'accordo tra il PD e Monti è già fatto". Anche i suoi alleati Ferrero e Di Pietro hanno avuto reazioni simili: "Le parole di Vendola dimostrano che il governo Monti-Bersani c'è già", ha dichiarato il segretario del PRC trotzkista. "Caro Nichi, hai svenduto i nostri principi per allearti con i vetero democristiani. Sei pronto a fare un compromesso con chi ha salvaguardato gli evasori, le lobby finanziarie e le banche", ha scritto Di Pietro sul suo blog. Giudizi che l'accusato ha respinto ai mittenti con un'intervista a la Repubblica del 20 gennaio, negando di volere un'alleanza con Monti ma solo un "compromesso sulle riforme dello Stato", e accusandoli a sua volta di usare "il vecchio copione stalinista". E ti pareva? La lingua dei rinnegati batte sempre sul dente che duole, Stalin.
Un altro segnale della virata montiana di Vendola è la prudenza con cui il leader di SEL maneggia la scottante materia dell'intervento francese in Mali e del suo presunto "disaccordo" con Bersani, apertamente schierato a fianco di Hollande in questa nuova avventura neocolonialista e imperialista, e preoccupato che il "centro-sinistra" dia segni di divisione su questo tema ancor prima di andare al governo: "Su questi temi non esiste 'o di qua o di là'. Il dibattito è aperto in tutto il mondo", lo ha subito rassicurato l'opportunista Vendola nella suddetta intervista.

23 gennaio 2013