Fallito il tentativo di Marini
Verso le elezioni anticipate
Berlusconi e Veltroni si disputano l'egemonia della terza repubblica
Non farsi fuorviare dai giochi elettorali e parlamentari della destra e della "sinistra" del regime neofascista. Battiamoci per l'astensionismo come voto dato al PMLI e al socialismo
Il tentativo di Franco Marini di verificare, su mandato di Napolitano, la possibilità di formare un governo istituzionale o "di scopo" è fallito. Il 4 febbraio, dopo aver ricevuto da Berlusconi la conferma della sua indisponibilità a tale soluzione e della sua pervicace volontà di andare subito al voto, al presidente del Senato non è restato altro che tornare al Quirinale per restituire il mandato al capo dello Stato. Si va quindi verso le elezioni anticipate, che si terranno probabilmente il prossimo 13 aprile.
Napolitano aveva dato il mandato "esplorativo" a Marini il 30 gennaio, per verificare, secondo le sue stesse parole, "la possibilità di consenso su un preciso progetto di riforma della legge elettorale, e di sostegno a un governo funzionale all'approvazione di quel progetto e all'assunzione delle decisioni più urgenti in alcuni campi", per poi andare subito al voto appena esaurito il suo compito. Un'impresa che si prospettava disperata in partenza, viste le posizioni inconciliabili dei due principali partiti dello schieramento parlamentare, il PD e Forza Italia. Se Veltroni gli aveva riconfermato infatti la priorità alla legge elettorale, per andare subito dopo al voto, massimo a giugno, o meglio ancora l'anno prossimo, per fare nel frattempo le "riforme istituzionali" della terza repubblica, da parte sua il neoduce aveva ribadito al capo dello Stato che non c'erano più margini politici né tempo a sufficienza e che occorreva quindi andare subito al voto senza altri indugi. Va ricordato che nei giorni precedenti il neoduce non aveva esitato a fare pressioni su Napolitano perché sciogliesse subito le Camere senza neanche fare un tentativo di salvare la legislatura, arrivando a minacciare una marcia su Roma di milioni di persone per manifestare davanti al Quirinale. E il suo inquilino non aveva neanche battuto ciglio all'incredibile e inaudita minaccia fascista!
D'altra parte, già pregustando la vittoria elettorale, la Casa del fascio si era ricomposta di botto, superando come d'incanto le dure polemiche che l'avevano quasi mandata in pezzi nei mesi scorsi, quando l'"uomo della provvidenza" aveva praticamente dato il benservito a Fini e Casini e aveva lanciato dal predellino di un'automobile in piazza San Babila il partito del "popolo delle libertà" con l'obiettivo di risucchiare anche gran parte del bacino elettorale di UDC ed AN. Cosicché, se da una parte Berlusconi aveva prontamente rimesso in frigorifero questo progetto sostenendo che "non c'era tempo" e che per ora restavano in vigore tanto FI quanto la Casa del fascio, da parte loro le pecorelle smarrite Fini e Casini erano state ben felici di ritornare all'ovile come se niente fosse, e anche loro facevano muro, come del resto aveva già fatto la Lega, a sostegno della richiesta del neoduce di andare subito al voto.
Per la verità, in un primo tempo, Casini aveva provato a resistere debolmente all'abbraccio del neoduce, avanzando a Napolitano la proposta di un "governo di pacificazione", sembrando con ciò offrire una certa sponda tanto agli accorati appelli di Veltroni alla destra a fare insieme un governo almeno per cambiare la legge elettorale, quanto alle preoccupazioni del capo dello Stato. Ma aveva subito ringambato non appena è apparso chiaro che ciò avrebbe voluto dire rompere davvero e per sempre col neoduce. Malgrado tutto ciò Napolitano aveva voluto tentare lo stesso la carta di Marini, anche per rispondere alle pressioni della Confindustria e del Vaticano in favore del governo istituzionale e della riforma elettorale, preoccupati che un'altra votazione con questa legge possa prolungare l'attuale situazione di instabilità e ingovernabilità del sistema, specie in un momento in cui si addensano all'orizzonte le nubi della recessione mondiale.
Un appello a tutte le "forze politiche responsabili" per fare la riforma elettorale prima del voto era stato già lanciato dal presidente di Confindustria, Montezemolo. Riforma che veniva definita un "passaggio obbligato nell'interesse del Paese" in un "manifesto sulla governabilità" reso pubblico il 29 gennaio a firma di Confindustria, Confcommercio, Cna, Confagricoltura, Lega delle cooperative e altre associazioni imprenditoriali commerciali e artigiane. Alla stessa richiesta si erano poi unite anche le segreterie sindacali Cgil, Cisl e Uil, seguite a ruota dal sindacato fascista Ugl. E dopo l'esortazione dell'organo della Cei, Avvenire, per un "governo di scopo" quale soluzione migliore per il Paese, anche il capo dei vescovi italiani si era espresso favorevolmente per il tentativo che Napolitano stava per affidare a Marini: "Sappiamo - aveva detto il cardinale Betori - che ciò che farà il capo dello Stato è per il bene comune, naturalmente nell'ambito delle possibilità che gli saranno concesse".

Tutti appesi alla volontà del neoduce
È in questo quadro che Napolitano si era deciso a conferire a Marini il mandato "esplorativo", per quanto deboli apparissero le probabilità di successo. La seconda carica dello Stato, infatti, aveva subito detto e ribadito che il suo non sarebbe mai stato "un governicchio", ma un governo di ampia coalizione, per quanto tecnico, e che senza Forza Italia non se ne sarebbe fatto di nulla. Oltre alla Confindustria, ai vertici sindacali, al Vaticano, al guardiano della Camera Bertinotti e al PD, a sostenere il tentativo del noto anticomunista democristiano era scesa in campo anche la sinistra arcobaleno, PRC, PdCI, Verdi e SD. Particolarmente entusiasta il vertice di Rifondazione trotzkista, con Giordano che si spingeva a definire il mandato di Marini "in totale sintonia con quanto da sempre andiamo dicendo sulla possibile rapida conclusione della crisi: un governo che in tempi brevissimi faccia una legge elettorale condivisa". Da parte sua il capogruppo del PRC alla Camera, Gennaro Migliore, non si vergognava di fare gli auguri di "miglior successo" all'ex sindacalista crumiro della Cisl, "la cui indiscussa autorevolezza è garanzia di rigore istituzionale e capacità di dialogo". Patetico era poi Diliberto, che tanto per ribadire il suo indefesso spirito di servizio dichiarava di essere favorevole ad un governo Marini purché fosse "in continuità col governo Prodi".
Veltroni ha fatto di tutto per convincere il neoduce a cedere. È arrivato perfino ad offrirgli di fare una "grande coalizione" alla tedesca con un governo presieduto da Marini per "riscrivere le regole del gioco", ma non c'è stato nulla da fare. Il neoduce non si è fidato, e preferisce incassare subito quella vittoria elettorale che i sondaggi gli promettono. E solo dopo, eventualmente, se la sua maggioranza fosse troppo ristretta e precaria, giocare la carta delle "larghe intese" con Veltroni, ma sempre tenendo il coltello dalla parte del manico. Non a caso, pur puntando i piedi sulle elezioni anticipate subito, si è mostrato conciliante dichiarando che la prossima sarà una "legislatura costituente", e ha persino fatto intendere che potrebbe lasciare la presidenza del Senato a Marini.
Dopo la rinuncia di Marini la campagna elettorale è praticamente iniziata. A contendersi il consenso dell'elettorato e quindi l'egemonia della terza repubblica saranno il neoduce Berlusconi e il borghese liberale e anticomunista Veltroni. Quest'ultimo, dando un calcio ai partiti della sinistra arcobaleno ha detto e ripetuto che il PD "correrà da solo". Bertinotti spinge per accelerare l'aggregazione della "cosa rossa", proponendo intanto un unico cartello elettorale della sinistra arcobaleno sotto l'egemonia del PRC e magari con lui stesso come candidato di bandiera. Ma SD, invece, frena e preme per accordi elettorali, o almeno di desistenza, con il PD.

Stare fuori dalle istituzioni borghesi
A noi marxisti-leninisti questi nauseabondi giochi elettorali e parlamentari della destra e della "sinistra" del regime neofascista non interessano, e così pensiamo debba essere per tutti i sinceri e conseguenti anticapitalisti e fautori del socialismo. Come dimostra l'amara pratica di questi due anni di governo di "centro-sinistra", qualunque sia la fazione del regime neofascista che vincerà queste elezioni, di certo non farà che continuare e aggravare la politica capitalista, neofascista, stangatrice e guerrafondaia dei precedenti governi del piduista Berlusconi e del tecnocrate democristiano Prodi. E intanto la destra e la "sinistra" del regime neofascista si accorderanno in parlamento per fare insieme la controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione e instaurare la terza repubblica.
Che i sinceri e conseguenti anticapitalisti si pongano decisamente al di fuori delle marce istituzioni borghesi e contino solo sulle masse e sulla lotta di classe nelle piazze, nei luoghi di lavoro e di studio, per cambiare completamente la società e conquistare l'Italia unita, rossa e socialista. È l'ora di abbandonare ogni illusione elettorale, parlamentare, riformista e governativa, di mollare i falsi partiti comunisti e di unirsi al PMLI per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo da contrapporre alle istituzioni della classe dominante borghese in camicia nera. Intanto uniamoci e battiamoci in questa campagna elettorale per far affermare l'astensionismo, come voto dato al PMLI e al socialismo, contro il capitalismo, il regime neofascista e la terza repubblica, che hanno in programma Berlusconi e Veltroni.

6 febbraio 2008