Vertice dei leader dei principali paesi imperialisti in Irlanda del Nord
Il G8 alla prova su evasione, elusione, paradisi fiscali e lavoro
Compromesso sulla Siria

Nelle intenzioni del padrone di casa, l'inglese David Cameron, il vertice del G8 che si è tenuto il 17 e 18 giugno a Lough Erne, nella contea di Enniskillen nell'Irlanda del Nord, doveva essere il vertice delle tre T: trade, taxation and trasparency (commercio, tassazione e trasparenza). E di questi argomenti in effetti si è parlato con quali risultati è tutto da vedere. Cameron ha sostenuto che grazie al vertice ci sarà più trasparenza e cooperazione tra i vari paesi nello scambio di informazioni, anche se difficilmente sapremo qualcosa di più su chi possiede veramente le imprese e i fondi offshore e i loro rigiri finanziari soprattutto nel mondo anglosassone; quanto alle multinazionali non avranno difficoltà a trovare nuove soluzioni per spostare i profitti verso i paradisi fiscali.
Il vertice dei capi di Stato e di governo di Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, Canada, Giappone, Russia e Italia, assieme ai presidenti di Commissione e Consiglio dell'Unione europea, della presidente del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde e di Jim Yong Kim della banca Mondiale, quindi poteva rilanciare l'iniziativa del ristretto gruppo delle maggiori vecchie potenze imperialiste mondiali che invece sono rimaste ferme al palo, alle prese chi più chi meno con gli effetti della crisi del capitalismo mondiale. Uno stallo che riguarda anche le principali questioni politiche fra le quali quella all'ordine del giorno della crisi siriana dove gli Otto hanno dovuto ricorrere a un compromesso che ha deluso le velleità interventiste di Obama e dei suoi colleghi Cameron e Hollande. Stoppati dal nuovo zar Vladimir Putin, che per difendere gli interessi imperialisti della Russia, ha difeso il regime di Assad, rimandando una presa di posizione al prossimo vertice del G20 che comprende le potenze economiche capitalistiche emergenti e che organizzerà a settembre in casa propria, a San Pietroburgo.
A Lough Erne il presidente americano Obama ha cercato sostegno alla sua campagna interventista nella crisi siriana ma non ha superato l'ostacolo Putin. Nel comunicato finale il G8 sostiene la conferenza sulla Siria che si dovrebbe tenere nel prossimo agosto, la cosiddetta "Ginevra 2", da cui dovrebbe uscire un "accordo per una forma di governo transitorio con pieni poteri esecutivi, creata sulla base di mutuo consenso e nel quale siano rappresentate tutte le componenti del popolo siriano". Una posizione che non corrisponde a quella dei paesi imperialisti occidentali impegnati a addestrare e armare parte della resistenza siriana e a quella della Russia che, ha affermato Putin, potrebbe rispondere positivamente a richieste di acquisto di armi da parte di Damasco.
La lotta ai paradisi fiscali sembrava fosse l'argomento chiave del G8 tanto che due giorni prima dell'apertura del vertice Cameron dava ampio risalto alla riunione a Londra dei rappresentanti dei dieci territori britannici d'oltremare e dipendenze della Corona, inclusi nell'elenco dei paradisi fiscali, che promettevano maggior "trasparenza" e di firmare la convenzione Ocse sugli scambi delle informazioni fiscali. Una magnifica sceneggiata dato che diversi di questi paesi non hanno imposte dirette sul reddito e sulle società e quindi non avranno nessun dato da comunicare. Altro discorso se la convenzione avesse riguardato il riciclaggio di soldi, una cosa che l'Ocse si è ben guardata dal mettere in pratica.
Così il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, poteva aprire le discussioni sul tema dell'evasione tuonando che "il segreto bancario ed i paradisi fiscali apparterranno presto al passato. In Europa ed a livello globale vogliamo che tutti paghino la proprio quota di tasse in modo trasparente". E il cancelliere inglese Osborne sbandierava il comunicato finale del G8 nella parte che promette di "combattere il flagello dell'evasione fiscale" smascherando le scatole cinesi che fanno sparire padroni e soldi delle società. A suo dire contro l'evasione "sono stati fatti più passi nelle ultime 24 ore che negli ultimi 24 anni". Secondo varie ong, solo nei due giorni del G8 sono stati ben 2,2 i miliardi di dollari che hanno trovato rifugio in un paradiso fiscale e che il 70% dei 1.000 miliardi di dollari che sfuggono al fisco ogni anno "sparisce" nei paesi del G8, a cominciare dal Delaware, stato degli Usa, e dalle Virgin Island, territorio d'oltremare britannico.
Il tema della chiusura dei paradisi fiscali è ben lungi dall'essere risolto, e tempi altrettanto lunghi potrebbero avere gli interventi previsti nella lotta all'evasione e all'elusione fiscale dato che ancora non c'è il pieno accordo sulla ratifica a livello mondiale dell'accordo Ocse per lo scambio di informazioni in materia fiscale, discusso al G20 ma non firmato dalla Cina. Le multinazionali potranno così tranquillamente continuare a spostare utili nelle sedi di paesi con bassa imposizione fiscale, e eludere le regole fiscali "legalmente", o evadere il fisco nascondendo i capitali nelle Cayman o dintorni.
Per iniziativa di Usa, Francia e Giappone il comunicato finale riporta un appello per l'urgente promozione di "crescita e lavoro, in particolare per i giovani e i disoccupati di lungo periodo". Con quali strumenti e quali finanziamenti non è dato di sapere. A sentire Obama la panacea per dare lavoro ai milioni di giovani disoccupati europei sarebbe rappresentata dall'avvio del negoziato di libero commercio tra Europa e Stati Uniti, il cui lancio è stato annunciato a margine del G8. Come dire che i giovani disoccupati faranno in tempo a diventare vecchi disoccupati.

26 giugno 2013