Riunito a Bruxelles il Consiglio europeo
La grande finanza e le banche esultano per le decisioni del vertice Ue
Niente per i popoli e i disoccupati europei

Alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles del 28 e 29 giugno la cancelliera Merkel era intervenuta al Bundestag, il parlamento tedesco, per ribadire che avrebbe respinto qualsiasi "soluzione comune" nel breve periodo per sostenere i paesi con debiti pubblici alti, vedi Spagna e Italia, e affermava che "gli Eurobond e similari sono economicamente controproduttivi", pseudosoluzioni che al massimo produrrebbero effimeri "fuochi di paglia". Sparava alto per mettere le mani avanti, non contro gli Eurobond che non erano nemmeno all'ordine del giorno ma contro la serie di richieste che la coppia italospagnola formata da Mario Monti e Mariano Rajoy aveva già avanzato per avere dall'Unione europea (Ue) o quantomeno dall'eurogruppo una mano per fronteggiare gli attacchi ai titoli di Stato nazionali.
Dalla parte della Germania si sono ritrovati Finlandia e Olanda, troppo pochi per sostenere le pressioni italiane e spagnole, appoggiate anche dal francese Hollande, che hanno portato a casa in particolare la possibilità di ricorrere all'intervento del fondo salva-Stati per l'acquisto dei loro titoli sovrani in caso di differenziale troppo alto rispetto quelli tedeschi.
L'intesa raggiunta a Bruxelles prevede che i fondi salva-stati europei possano acquistare direttamente i titoli pubblici sul mercato primario e secondario, su richiesta dal paese interessato e senza passare da forme di controllo come il presidio della cosiddetta trojka (Fondo monetario internazionale, Unione europea e Banca centrale europea), quella che per dare un minimo contributo alla Grecia ha tolto al governo di Atene la sovranità sul controllo del proprio bilancio. Sullo scudo anti-spread è stato raggiunto un accordo di principio, la stesura delle modalità di funzionamento è stata affidata ai ministri delle Finanze che dovranno presentarle alla firma prevista all'Eurogruppo del 9 luglio.
L'intesa raggiunta nella nottata del 29 giugno ha dato il via libera anche agli accordi raggiunti nella prima parte del vertice sugli altri punti all'ordine del giorno tra i quali la decisione di affidare alla Bce il compito di attuare la sorveglianza bancaria e di poter intervenire, attraverso il fondo di stabilità finanziaria per ricapitalizzare direttamente le banche in difficoltà. Un primo passo verso la cosiddetta unione bancaria. Che secondo vari analisti riguarderà solo l'eurogruppo e non la Ue a 27. Il compito di definire le modalità di intervento è stato affidato alla Commissione europea che dovrà chiudere i lavori entro la fine del 2012. La stessa scadenza è stata fissata per il lavoro del presidente del Consiglio Ue, Van Rompuy, per definire il percorso di rafforzamento dell'integrazione economica tra i paesi membri al fine di creare una unione di bilancio. Infine il vertice ha varato anche il cosiddetto "pacchetto crescita" invocato da Hollande e Monti con un piano di investimenti da 120 miliardi di euro. Una cifra ridicola, pari all'1% del pil europeo, che poco potrà funzionare da stimolo economico a fronte della recessione che si allarga anche nella zona euro e minaccia financo i paesi più forti.
In altre parole niente per i popoli e i disoccupati europei ancora sotto torchio per pagare la crisi; gli interventi decisi a Bruxelles, a breve come a lungo termine, sono a favore della grande finanza e delle banche che infatti esultano per le decisioni del vertice Ue. Un esito salutato da rialzi spettacolari sui mercati finanziari, anche se solo momentanei; le Borse sanno che la crisi non è solo finanziaria ma anche economica e la recessione morde comunque, spread a parte.
Certo la crisi finanziaria è pesante in paesi come la Spagna: il premier Mariano Rajoy si è presentato a Bruxelles affermando che "le riforme dell'Unione europea non servono a niente, se non c'è una soluzione al problema del debito". Madrid ha il grosso problema di puntellare le proprie banche sull'orlo del tracollo e aveva avvisato che se lo spread dei titoli nazionali con quelli tedeschi fosse rimasto alto la bancarotta era solo rimandata nel tempo. In condizioni simili, solo di poco migliori, quelle italiane che rinsaldavano l'asse Monti-Rajoy, appoggiati da Hollande che reclamava "soluzioni molto rapide per sostenere sui mercati i paesi in difficoltà finanziaria, quando hanno fatto sforzi considerevoli". Di rincalzo il primo ministro belga Elio Di Rupo affermava che "Italia, Spagna, Grecia, Cipro, Portogallo sono in grandissima difficoltà, se non li aiutiamo ci sarà un effetto domino per tutta l'Europa, dobbiamo prendere misure d'emergenza".
Tedeschi, finlandesi e olandesi volevano che il Consiglio europeo si limitasse a approvare il piano per la crescita da 120 miliardi e quello per riformare l'Unione bancaria e economica. Nessuna decisione su strumenti necessari per contrastare gli effetti attuali delle crisi finanziarie. Dalla Merkel al finlandese Katainen, all'olandese Rutte, l'obiettivo era ed è quello di tenere sotto pressione i paesi in difficoltà e mantenere i propri tassi molto bassi per attrarre i capitali; fino al limite ammesso prima del crollo. Un gioco al massacro che sembrerebbe quantomeno frenato con il via libera allo scudo anti-spread. Che per arrivare al battesimo del 9 luglio deve superare ulteriori ostacoli posti di nuovo da Finlandia e Olanda il 2 luglio, nelle discussioni del documento che definirà le modalità di intervento dello scudo.

4 luglio 2012