Al vertice della Fao a Roma disertato dai capi di Stato e di governo
Parole e niente fatti mentre gli affamati nel mondo salgono a oltre 1 miliardo
Richieste regole per fermare l'accaparramento delle terre dei Paesi poveri da parte dei Paesi ricchi
La causa della fame è l'imperialismo

Il vertice della Fao che si è tenuto al Roma dal 16 al 18 novembre ha prodotto l'ennesima dichiarazione sugli impegni che i 192 paesi dell'organizzazione dell'Onu dicono di volersi assumere per combattere la fame nel mondo. Il testo approvato dal vertice inizia con la conferma del fatto che "i governi rafforzeranno i loro sforzi per dimezzare il numero degli affamati entro il 2015", come richiamato negli "obiettivi del millennio" assunti nel 1996. Un impegno mai seguito da atti concreti, tanto che qualcuno dei partecipanti aveva proposto anche di spostare l'obiettivo al 2025 per renderlo un poco più credibile.
Il direttore generale della Fao, il senegalese Jacques Diouf che è a fine mandato, nel discorso di apertura aveva chiesto 44 miliardi di dollari da destinare allo sviluppo agricolo e alle infrastrutture nei paesi poveri e aveva denunciato che "i fondi per la Fao risultano ridotti di un 22% rispetto ai livelli del 1994".
La "Dichiarazione finale di Roma" si è ridotta invece a cinque punti di generici impegni sulla necessità degli investimenti dei governi su piani di sviluppo in agricoltura, di "un maggiore coordinamento tra strategie nazionali, regionali e globali", di misure per rispondere all'emergenza alimentare immediata e altre per interventi più a lungo termine, di una riforma dell'elefantiaca Fao per una maggiore efficacia delle istituzioni multilaterali. Parole, parole e niente fatti; un documento definito "una scatola vuota" dai movimenti e dalle organizzazioni dei contadini che manifestavano all'esterno della sede Fao.
Eppure la questione della fame nel mondo, in conseguenza anche della crisi economica mondiale, diventa un'emergenza sempre più drammatica per una parte della popolazione mondiale. Le stime dell'Onu affermano che gli affamati nel mondo sono 1,02 miliardi, pari a un sesto della popolazione complessiva mentre altri due miliardi di persone soffrono di carenze proteiche. Nel 2009 sono aumentate del 9%, circa 100 milioni in più rispetto al 2008, il picco più alto dal 1970. La stragrande maggioranza della popolazione che soffre la fame vive nel Sud del mondo, nei paesi poveri e in via di sviluppo, ma gli affamati cominciano a diventare un numero consistente anche nei paesi ricchi, a partire dagli Usa di Obama.
Secondo l'indagine compiuta dal ministero dell'Agricoltura americano e resa nota nei giorni del vertice di Roma, negli Stati Uniti sono ben 49 milioni le persone che non hanno cibo a sufficienza, di cui 17 milioni i bambini, corrispondenti al 14,5 per cento delle famiglie americane, soprattutto quelle della minoranza nera e latina, che "ha difficoltà a riempire la scodella" e all'11 per cento che "si nutre in modo insufficiente e scorretto". Anche il presidente Barack Obama in campagna elettorale aveva promesso di eliminare totalmente la piaga della fame tra i più piccoli entro il 2015.
Ma Obama e con lui i capi di Stato e di governo dei paesi ricchi a partire da Germania, Francia e Inghilterra, hanno disertato il vertice di Roma e insieme non hanno sentito l'appello lanciato dai capi di Stato di Africa, Asia e America Latina affinché mantenessero almeno gli impegni assunti in passato, né la denuncia del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, quando nel suo intervento ha sottolineato: "oggi più di 17 mila bambini moriranno di fame, uno ogni cinque secondi, sei milioni l'anno".
Per conto dell'Unione europea è intervenuto il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, che ha svolto il compitino affermando che la comunità internazionale deve avere come priorità la lotta alla fame e ai cambiamenti climatici, perché ne dipende "la sicurezza mondiale". Poi ha chiuso la cartella e salutato.
Fra i leader dei maggiori paesi era presente quale padrone di casa il neoduce Berlusconi che non ha perso l'occasione della tribuna della Fao per fare passerella e raccontare barzellette, da quella penosa anticomunista su Marx al discorso che voleva essere serio sugli impegni che si è vantato di aver strappato al G8 de L'Aquila, quei 20 miliardi di dollari promessi in tre anni sui quali "c'è da lavorare perché ogni paese si assuma questo impegno in modo preciso, con date e modalità", ovvero sono pochi e ancora tutti sulla carta. D'altra parte l'esempio dell'Italia è lampante, il suo governo ha drasticamente tagliato gli aiuti e i fondi alla cooperazione internazionale.
"La fame è la più terribile arma di distruzione di massa che esista sul pianeta", ha sostenuto il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, che ha denunciato come "di fronte alla crisi, i leader mondiali non hanno esitato a spendere centinaia e centinaia di miliardi di dollari per salvare le banche mentre ne sarebbe bastata la metà per far fronte all'emergenza alimentare".
Anche papa Benedetto XVI nel suo intervento ha denunciato "la persistenza di modelli alimentari orientati al solo consumo e privi di una prospettiva di più ampio raggio e soprattutto l'egoismo, che consente alla speculazione di entrare persino nei mercati dei cereali, per cui il cibo viene considerato alla stregua di tutte le altre merci". Ma non è l'egoismo a determinare la fame nel mondo quanto l'imperialismo che depreda le risorse dei paesi e a quelli più poveri ha imposto uno sviluppo che ha favorito la crescita dei prodotti destinati all'esportazione, sotto il controllo delle multinazionali del settore, a detrimento delle colture tradizionali destinate a garantire l'autosufficienza alimentare locale
Dal vertice Fao l'imperialismo esce invece assolto, anche se il Forum parallelo sulla sovranità alimentare, che ha visto riuniti sempre a Roma oltre 600 rappresentanti di movimenti contadini e sociali e Ong, ha chiesto la fine "dell'accaparramento delle terre" che vede complici "imprese e governi". E una diversa politica della Fao: "circa l'80% delle persone che soffrono la fame vivono nelle zone rurali ma la politica della Fao è quella di concentrarsi sulle multinazionali", le quali "utilizzano il cibo come mezzo di speculazione", ha denunciato il coordinatore de "La Via Campesina", un movimento internazionale dei piccoli agricoltori.

2 dicembre 2009