Salute, ambiente, agricoltura e sviluppo subordinati alle necessità e agli interessi dei paesi imperialisti
UN PUGNO DI MOSCHE DAL VERTICE DI JOHANNESBURG SULLO "SVILUPPO SOSTENIBILE''
Gli Usa e le multinazionali dettano legge. L'Ue si barcamena
BERLUSCONI DECANTA LE RICETTE E LE ELEMOSINE DELL'ITALIA PER I PAESI POVERI
Dopo una settimana di lavori e gli interventi del 2 settembre dei principali leader occidentali, ad esclusione del rappresentante americano, il vertice mondiale sullo "sviluppo sostenibile" di Johannesburg si avvia alla conclusione con la messa a punto del documento finale contenente gli impegni dei 189 paesi partecipanti per affrontare i problemi della lotta alla povertà, all'inquinamento dell'aria e marino, all'estinzione delle specie; per la messa al bando delle sostanze chimiche nocive, migliorare la disponibilità di acqua potabile e di servizi alle popolazioni che non ne hanno, sviluppare energie alternative. Impegni che però sono generici e non hanno scadenze vincolanti a breve termine, si parla di obiettivi da raggiungere entro il 2015.
La lista dei capitoli del documento è lunga come innumerevoli sono i problemi che colpiscono soprattutto i paesi più poveri e in via di sviluppo ma alla fin fine le promesse di quelli più ricchi si traducono in un pugno di mosche; la salute, l'ambiente, l'agricoltura e lo sviluppo sono messi nelle mani degli interventi privati, delle multinazionali, subordinati alle necessità e agli interessi dei paesi imperialisti. La verifica di uno "sviluppo sostenibile in un mondo globalizzato'' è affidata sostanzialmente al Wto, l'organizzazione mondiale del commercio che vigila sulla liberalizzazione dei mercati.
Il summit sudafricano promosso dall'Onu dal 26 agosto al 4 settembre è stato anche chiamato "Vertice della terra 2'' per ricordare quello di Rio de Janeiro del 1992, il primo di una serie di conferenze dell'Onu sui temi dello sviluppo economico legato al rispetto dell'ambiente; una serie di summit a partire da Rio che si sono chiusi con il varo di pomposi programmi d'azione regolarmente disattesi dai paesi ricchi.
I lavori erano stati aperti il 26 agosto dal presidente sudafricano Thabo Mbeki che aveva denunciato le diseguaglianze del pianeta e "l'apartheid globale che separa una ricca minoranza, che ha raggiunto livelli di agiatezza mai visti'' dalla popolazione del Sud del pianeta "in crisi, svilita e minacciata dalla povertà e dai conflitti''; la "società globale'' affermava si basa sulla "povertà di molti e la prosperità di pochi''. Le riunioni degli oltre 12 mila delegati proseguivano nei giorni successivi sui singoli temi del vertice in preparazione della fase finale che iniziava il 2 settembre con gli interventi dei capi di Stato e di governo presenti al summit.
La sessione del 2 settembre era aperta da Mbeki e dal segretario dell'Onu Kofi Annan. Mbeki sottolineava che occorre agire in concreto per sradicare la povertà e proteggere l'ambiente; Annan ricordava che soltanto in Sudafrica e nei paesi confinanti ci sono 13 milioni di persone che rischiano di morire di fame e che sono i paesi più ricchi i maggiori responsabili dei problemi ambientali e hanno la responsabilità di impegnare risorse economiche e tecnologie per affrontarli.
La risposta negli interventi pieni di promesse da Blair a Chirac, da Schroeder a Berlusconi; i primi tre hanno anche criticato la posizione Usa contraria allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile e all'adesione al protocollo di Kyoto. Il presidente francese ha proposto la creazione di un'organizzazione mondiale dell'ambiente. Quanto alle misure concrete Blair e Chirac annunciano in una conferenza stampa che costituiranno un Fondo dotato di 3 milioni di euro in tre anni a garanzia degli investimenti privati nei paesi africani; un ulteriore contributo allo sfruttamento e non certo allo sviluppo dei paesi poveri da parte dei capitalisti e delle multinazionali.
La vetrina del summit è stata utilizzata anche dal neoduce Berlusconi per decantare le ricette e le elemosine dell'Italia per i paesi poveri; non diceva nulla sul protocollo di Kyoto per non irritare l'amico americano e rilanciava l'invito ai paesi poveri di dotarsi di un sistema informatizzato di gestione dell'amministrazione statale, il cosiddetto e-governement, per garantire anche "la trasparenza dei conti pubblici''. Di bilanci pubblici non trasparenti e pieni di cifre confacenti agli interessi della classe capitalista al potere Berlusconi se ne intende. Quanto ai soldi da destinare ai paesi poveri il presidente del Consiglio annunciava di nuovo l'introduzione della de-tax, di "una nuova misura fiscale basata sulla libera decisione dei consumatori di assegnare l'1-2% del costo dei loro acquisti a progetti concreti nei paesi in via di sviluppo''; un contributo detassato e volontario che somiglia più a una colletta delle masse popolari italiane. L'intervento pubblico del governo si limita alla promessa della cancellazione di 4 miliardi di dollari di debiti "nei prossimi anni''; dopo aver cancellato quelli con Angola e Mozambico, che non avrebbero potuto comunque pagarli, per un valore di un miliardo di dollari l'Italia versa una nuova elemosina per i paesi poveri.
Il "successo'' del summit vantato negli interventi del 2 settembre era maturato nella giornata precedente con la definizione di vari passaggi del documento finale piegati alle leggi imposte dagli Usa e dalle multinazionali. L'Ue ha dovuto in molti casi fare marcia indietro mentre in gran parte disattese sono state le richieste avanzate dal G77 formato dai paesi in via di sviluppo. Il primo obiettivo sbandierato è quello sulla lotta alla povertà per dimezzare l'oltre un miliardo di persone che hanno un reddito inferiore a un dollaro al giorno; i poveri che sopravvivono con tale cifra dovranno aspettare fino al 2015 per vederlo realizzato. Non è indicato con quali strumenti e mezzi finanziari sarà raggiunto l'obiettivo; la dice lunga il fatto che intanto i paesi più ricchi non depongono l'arma del ricatto del debito che strozza quelli poveri e anzi chiedono una maggiore apertura dei loro mercati alla privatizzazione e al liberismo, a ricorrere a quegli strumenti che creano un numero ancora maggiore di poveri invece di ridurlo.
I paesi ricchi hanno ribadito l'impegno già sottoscritto nella conferenza di Doha e ancora non messo in pratica di eliminare gradualmente i sussidi all'agricoltura e ad altri settori che penalizzano le esportazioni dei paesi più poveri. La maggiore attenzione sulle questioni del commercio l'hanno però messa nel consegnare nelle mani del Wto la verifica che non ci siano intralci alla liberalizzazione dei commerci da accordi bilaterali o multilaterali sull'ambiente.
Sul tema della disponibilità di acqua potabile l'obiettivo sottoscritto a Johannesburg è quello di ridurre del 50% il numero delle persone che non hanno accesso all'acqua e che oggi sono circa 1,2 miliardi; oltre il doppio quelle che non hanno impianti fognari efficienti. Il piano prevede che contemporaneamente all'acqua siano resi disponibili anche i servizi igienici di base; secondo le stime degli organismi dell'Onu ogni giorno nel mondo muoiono circa 6 mila bambini di dissenteria e altre malattie legate alla mancanza di acqua pulita e di servizi igienici. Ipocrita e risibile l'obiettivo del vertice di dimezzare il numero delle persone che non hanno accesso all'acqua entro il 2015, tantopiù che il piano non indica con quali strumenti ottenerlo; il compito è lasciato agli accordi bilaterali tra i paesi interessati offrendo ai paesi più ricchi un altro strumento di ricatto per "aiutare'' quelli poveri.
Un accordo faticoso è stato raggiunto sul tema delle fonti di energia rinnovabili. La Ue si era presentata al vertice chiedendo di portare al 15% entro il 2010 la produzione mondiale di energia pulita. Ha fatto bella figura e non ha speso nulla dato che su questo argomento si è arresa alla coalizione formata da Usa, Giappone e paesi produttori di petrolio che hanno imposto una generica formulazione all'impegno di "incrementare sostanzialmente la quota globale di produzione di energia da fonti rinnovabili''. Fra queste rientrano anche le grandi centrali idroelettriche, alimentate da megadighe devastanti per l'ambiente e per gli spostamenti della popolazione. Inoltre non è stato inserito nessun divieto a costruire nuove centrali nucleari che anzi secondo l'accusa delle associazioni ambientaliste potrebbe addirittura essere incentivato dall'invito a ricorrere anche alle "tecnologie avanzate''.
L'inquinamento e lo sfruttamento selvaggio delle risorse del pianeta hanno accelerato il ritmo di estinzione di varie specie; sei mesi fa alla conferenza dell'Aja sulle biodiversità i paesi ricchi si erano trovati d'accordo per dimezzarlo entro il 2010. Questo "ambizioso'' obiettivo è stato immediatamente corretto dal summit di Johannesburg che si è impegnato solo per una "riduzione'' del ritmo di estinzione. Per la messa al bando delle sostanze chimiche nocive la scadenza è fissata a un lontanissimo 2020.
Stessa ipocrisia nella parte relativa alla difesa del clima e nell'applicazione delle già insufficienti misure di riduzione delle emissioni inquinanti che provocano l'effetto serra decise nel vertice di Kyoto del 1997. In questo caso non ci sono stati passi indietro ma neanche in avanti; Usa e Russia, fra i maggiori inquinatori del pianeta, non intendono sottoscrivere nemmeno il protocollo di Kyoto. Il documento di Johannesburg riporta così il semplice "invito'' a firmare al più presto il protocollo. Cosa che la Russia ha infine fatto, assieme alla Cina.
Altri capitoli del documento generale e della dichiarazione finale sono al momento in corso di elaborazione, fra i quali la definizione di un organismo per "monitorare le misure a favore dello sviluppo sostenibile'', ovvero per verificare quanti degli impegni definiti a Johannesburg saranno realizzati. Date le premesse è difficile che non si ripeta l'esperienza del bilancio degli impegni del vertice sull'ambiente di Rio de Janeiro. I paesi ricchi firmarono nel summit brasiliano l'Agenda 21 che li impegnava tra l'altro a raddoppiare i loro aiuti ai paesi più poveri, portandoli dallo 0,35 allo 0,7% del prodotto interno lordo (Pil); a 10 anni di distanza Berlusconi è ancora a promettere che il contributo dell'Italia salirà allo 0,39% ma intanto la media degli aiuti allo sviluppo dei paesi ricchi è scesa allo 0,22%. In totale gli stanziamenti previsti da Agenda 21 erano di 600 miliardi di dollari all'anno, nel 2000 sono stati solo 53 miliardi. Disattesa al contrario anche la parte dell'accordo che prevedeva che tra il 1992 e il 2002 non ci fosse nessun incremento delle emissioni inquinanti; queste sono invece aumentate del 10%.

4 settembre 2002