Tratte dal nero libro "Il sangue dei vinti"
"Porta a porta" accredita le tesi revisioniste di Pansa
Ferrero attacca l'Urss di Stalin e si identifica con la Costituzione borghese del 1948

Nella trasmissione "Porta a porta" curata da Bruno Vespa, maggiordomo del neoduce Berlusconi, è andata in onda una puntata sul film "Il sangue dei vinti" tratto dall'omonimo libro del calunniatore di partigiani Giampaolo Pansa. Lo scopo di Vespa, in sintonia con quello dei suoi padroni, è la demolizione dei valori dell'antifascismo, della Resistenza e della guerra di Liberazione.
Ne hanno parlato in studio il falso comunista Paolo Ferrero, l'attore Michele Placido (che nel film è un responsabile di polizia) seduto di fronte al ministro della guerra La Russa, insieme agli storici borghesi Francesco Perfetti e Nicola Tranfaglia, docenti di storia all'università di Roma e Torino. La trasmissione, supportata dalla stampa di regime (com'è il caso di Miriam Mafai, per la quale il film racconterebbe una verità storica) si proponeva di far luce da destra sui fatti accaduti in Italia tra il '43 e il '45, distorcendo e minimizzando il carattere di classe della dittatura fascista mussoliniana, riproponendo di fatto la cosiddetta "riconciliazione" nazionale e la "memoria condivisa" tra antifascisti e fascisti, tra vittime e carnefici, tra chi ha combattuto per la libertà e il riscatto del Paese e chi ha difeso e praticato fino all'ultimo la tirannide e la barbarie.
Ferrero assume strumentalmente la linea della demarcazione categorica e indiscutibile tra antifascisti e fascisti, ma allo stesso tempo non contrappone la dittatura del proletariato sulla borghesia in opposizione a quella della borghesia sul proletariato, non a caso sull'esperienza del socialismo realizzato da Lenin e Stalin fa sapere di non avere assolutamente nulla da spartire, infatti chiarisce di identificarsi pienamente nella Costituzione borghese del '48 e nelle parole del presidente della Repubblica, cioè in sostanza nel capitalismo.
Già dal nome della puntata "Perché negare il sangue dei vinti" si capisce il tono provocatorio di tutta la trasmissione, in cui Ferrero era presentato come un reprobo, un dissidente rispetto alla giusta linea sottesa da Vespa, cioè quella dei fascisti come La Russa che menava il chiodo "sulla democrazia e libertà" (quella del neoduce Berlusconi s'intende) al posto dell'antifascismo e i due storici Perfetti e Tranfaglia che invitavano, seppur in maniera velata, il "recalcitrante" Ferrero a "fare i conti con la propria identità", come vorrebbe Pansa, non a caso apprezzano la vergognosa farsa di Berlusconi quando ha "commemorato" la Liberazione. Poi c'è Michele Placido, sedicente uomo di sinistra e "al di sopra delle parti", secondo cui "è difficile uscirne fuori" in quanto durante il fascismo "gli italiani erano tutti fascisti" (sic!) e se "la storia va letta in modo diverso" è perché l'Italia perse la guerra, non c'è che dire.
Al centro della puntata c'è il cosiddetto "triangolo della morte" in Emilia dove secondo il romanzo borghese di Pansa - basato sulle "rivelazioni" di traditori, fascisti ed ex-repubblichini - si sarebbero consumati efferati ed arbitrari delitti dei partigiani comunisti contro innocenti, preti e nemici di classe, che nella fantasia di Pansa sarebbero stati guidati da Togliatti, proprio quel Togliatti che nella realtà remava contro la rivoluzione socialista nell'interesse della borghesia, una rivoluzione che non ebbe luogo e che in ogni caso non avrebbe avuto nulla a che vedere con simili episodi come invece vorrebbe sottointendere Pansa, spalleggiato da Vespa.
Il filmaccio in questione, racconta la storia di una famiglia lacerata dalle divisioni politiche verso la fine della II Guerra Mondiale, Placido impersona il poliziotto Francesco Dogliani, confidente nello Stato e nella giustizia borghesi e fedele al Re, cerca di risolvere un caso di omicidio, avvenuto durante il bombardamento dello scalo di San Lorenzo, in cui ha trovato la morte una giovane prostituta. Nel frattempo il fratello di Dogliani, Ettore, si aggrega alle brigate partigiane mentre sua sorella, Lucia, entra a far parte della milizia della cosiddetta "repubblica sociale italiana".
Il film, diretto da Michele Soavi presente in studio, non indaga sulle ragioni delle scelte diverse, e usa il poliziotto Placido per indicare un'ipotetica terza via: né coi partigiani né con i repubblichini ma solo con il proprio dovere. Altro non è che la tesi fascista accreditata dalla trasmissione, che ancora una volta vede fascisti e revisionisti e trotzkisti accomunati dagli stessi interessi del capitalismo.

15 luglio 2009