Una sentenza giusta
Corte europea: via i crocifissi dalle scuole
L'ira del Vaticano e della Cei. Il governo Berlusconi annuncia ricorso. Il PD difende il crocifisso nelle scuole. Un podestà leghista della Brianza impone multe ai presidi che non espongono il crocifisso nelle aule

La presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche è "una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni". È quanto ha stabilito il 3 novembre la Corte europea dei diritti dell'uomo su istanza presentata da una cittadina italiana, Soile Lautsi, originaria della Finlandia e socia dell'Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti). L'Unione precisa di aver "promosso, sostenuto, curato tecnicamente l'iter giuridico, che era già passato da Tar del Veneto, Corte Costituzionale e Consiglio di Stato". Soile Lautsi, infatti, nel 2002 aveva chiesto all'istituto statale "Vittorino da Feltre" di Abano Terme, in provincia di Padova, frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocifissi dalle aule. Al rifiuto del preside a nulla erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia.
I giudici di Strasburgo le hanno dato invece ragione, stabilendo inoltre che il governo italiano debba pagare alla donna un risarcimento di cinquemila euro per danni morali. I sette componenti della Corte europea hanno sentenziato che la presenza dei crocifissi nelle aule può facilmente essere interpretata dai ragazzi di ogni età come un evidente "segno religioso" e, dunque, potrebbe condizionarli. E se questo condizionamento può essere di "incoraggiamento" per i bambini già cattolici, può invece "disturbare" quelli di altre religioni o gli atei.
È stata così finalmente ribaltata l'aberrante decisione n. 556 emessa dal Consiglio di Stato il 13 febbraio 2006 che invece di riconoscere che l'imposizione del crocifisso in luoghi pubblici è la violazione più palese dei più elementari principi di laicità dello Stato e di separazione tra Stato e Chiesa, definiva addirittura il simbolo "idoneo ad esprimere valori civilmente rilevanti, come l'uguaglianza e la solidarietà, che stanno alla base ed ispirano il nostro intero ordinamento costituzionale ovvero il fondamento del nostro vivere civile". Riecheggiando le martellanti crociate per la evangelizzazione dell'umanità risuonanti in Piazza S. Pietro i giudici erano arrivati a scrivere: "In tal senso il crocifisso potrà svolgere, anche in un orizzonte laico, diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni".
La sentenza unanime della Corte europea ha fatto piazza pulita di questo strisciante tentativo di far tornare l'Italia nelle tenebre dell'oscurantismo medioevale stabilendo una volta e per sempre che il crocifisso è un "segno esteriore forte" della religione cattolica, "che può essere perturbante dal punto di vista emozionale per gli studenti di altre religioni o che non ne professano alcuna", violando in tal modo gli artt. 18 e 26 della Dichiarazione Universale Dei Diritti dell'Uomo del 1948.
Numerosi i precedenti. Nel febbraio del 2008 una sentenza della Cassazione aveva annullato una condanna per "omissione in atti d'ufficio e interruzione di pubblico servizio" nei confronti del giudice Luigi Tosti, "colpevole" di aver rifiutato di celebrare udienze in un'aula dove era affisso un crocifisso. Qualche anno prima a fare scalpore fu la vicenda del presidente dell'Unione musulmani d'Italia Adel Smith, promotore di una analoga protesta contro la direzione della scuola elementare di Ofena con tanto di sentenza a lui favorevole del tribunale de L'Aquila. Fu aggredito con pugni e spranghe in diretta tv da squadristi di Forza Nuova che irruppero nell'emittente veronese "Telenuovo". Si muove qualcosa anche in Spagna dove un giudice di Valladolid ordina per la prima volta nella storia spagnola a una scuola pubblica di rimuovere il crocifisso, affisso nelle classi. (Nelle scuole e negli ospedali francesi dal 2003 sono ammessi solo come segni privati di fede e origine).

Reazioni dei clerico-fascisti
Questa volta senza aspettare neanche la reazione furibonda della Cei e della Santa Sede, il governo italiano ha presentato ricorso, mentre il nuovo Mussolini in segno di deferenza nei confronti del papa nero Ratzinger, affermava: la sentenza "non è rispettosa della realtà: l'Europa tutta e in particolare l'Italia non può non dirsi cristiana. Quando sono stato presidente del Consiglio Europeo condussi una battaglia per introdurre nella Costituzione le radici giudaico-cristiane, ma Paesi laici e laicisti come la Francia di Chirac si opposero e siccome serviva l'unanimità non riuscimmo a introdurle".
A ruota l'esponente Udc Rocco Buttiglione: "decisione aberrante", il ministro della pubblica di-struzione Mariastella Gelmini: "la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione", il presidente della Camera Gianfranco Fini: "Mi auguro che la sentenza non venga salutata come giusta affermazione della laicità delle istituzioni, che è valore ben diverso dalla negazione, propria del laicismo più deteriore, del ruolo del Cristianesimo nella società e nella identità italiana", il neosegretario del Pd Pier Luigi Bersani: "Un'antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno. Penso che su questioni delicate come questa, qualche volta il buonsenso finisce di essere vittima del diritto".
Una clamorosa sostanziale unanimità di vedute tra i due poli del regime neofascista che è il segnale del via libera per gli Inquisitori che non vedono l'ora di arruolarsi nelle nuova crociata per affossare la sentenza europea e imporre per legge il crocifisso in ogni luogo pubblico, come già è avvenuto con la trasformazione di fatto dell'ora di religione da facoltativa in obbligatoria.
Ed è forse ispirandosi all'art. 118 del regio decreto n. 965 del 1924 che alla vigilia delle leggi fascistissime imponeva la presenza nelle aule del crocifisso e dei ritratti del duce e del Re, che il sindaco di Ascoli ha ritenuto "doveroso adottare un'ordinanza per mantenere l'esposizione del Crocifisso" mentre il podestà leghista di Besana Brianza (in provincia di Monza), Vittorio Gatti, è andato oltre, imponendo un'ordinanza che prevede multe di 150 euro per tutti i presidi che non affiggono, entro sette giorni, il crocefisso in tutte le aule. A controllare, i vigili urbani, che gireranno negli istituti cittadini (sic!).
Questa giusta e importante sentenza è quindi da difendere, perché rappresenta un argine, anche simbolico, alla invadenza del clerico-fascismo. In Spagna ed in Italia non si può proprio dire che il crocifisso sia stato storicamente solo un simbolo religioso. Per l'Inquisizione, come per il franchismo e per il fascismo, esso fungeva da monito per tutti gli oppositori, non solo atei, agnostici e credenti di altre religioni, fungeva da simbolo politico, e quindi da strumento concreto di oppressione di quei regimi ultradittatoriali, ultra-reazionari, ultra-razzisti, allo stesso modo del saluto romano e del fascio littorio!

18 novembre 2009