Viva il 1° Maggio, giornata internazionale dei lavoratori
Teniamo alta la bandiera dell'emancipazione del proletariato lottando col PMLI per l'Italia unita, rossa e socialista
di Emanuele Sala*
Ha ancora senso celebrare il 1° Maggio come giornata internazionale dei lavoratori, a distanza di 107 anni da quando fu istituita nel 1890 dalla Seconda Internazionale dei partiti operai? Per la borghesia e per i suoi partiti di destra, di centro e di "sinistra" sicuramente no! Se potessero, se non temessero la collera popolare, lo cancellerebbero. Intanto hanno operato per renderla una festa inoffensiva, per svuotarla di ogni significato di classe e di lotta. Per noi marxisti-leninisti invece il 1° Maggio è e rimane, da un punto di vista simbolico, da un punto di vista storico, da un punto di vista internazionalista, la più importante festa della classe operaia e delle masse sfruttate e oppresse.
Mentre i falsi comunisti di ieri e di oggi, in testa i DS praticamente autosciolti per fondare il Partito Democratico, un partito borghese al 100%, ma anche il PRC e il PdCI, anch'essi proiettati verso l'autoscioglimento per unirsi in un nuovo "soggetto" riformista e borghese, non vedono l'ora di tagliare in modo drastico e irreversibile con qualsiasi richiamo alla falce e martello, al marxismo, al leninismo, alla Rivoluzione d'Ottobre, al socialismo e al comunismo, noi marxisti-leninisti all'opposto difendiamo e rilanciamo le tradizioni, la storia, l'ideologia e il modello di società del proletariato con a capo i suoi grandi maestri Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. In questo quadro non dimentichiamo, ricordiamo e onoriamo i martiri di Chicago, gli operai che quel 1886 furono barbaramente trucidati dalla polizia durante una manifestazione per rivendicare la giornata di lavoro di 8 ore. Ricordiamo e onoriamo le lotte proletarie, le guerre di liberazione e le rivoluzioni socialiste che hanno fatto seguito alla proclamazione del 1° Maggio come giornata internazionale dei lavoratori, nel corso dell'ultimo secolo. Ne teniamo alta con fierezza la bandiera rossa anticapitalista, antimperialista, antifascista, antirazzista, per il socialismo e il comunismo.

I problemi di oggi
Nel fare questo non ci sentiamo affatto né vetero né nostalgici, ma un Partito che ha salde radici storiche per affrontare la lotta di classe del momento presente, che ha una prospettiva strategica valida e comprovata dai fatti, per cui battersi. È vero che la contingenza storica di oggi è molto diversa da quella di fine '900, tuttavia, fatte le debite differenze, i problemi di fondo di allora si ripropongono nella sua interezza e per certi versi in modo nuovo e aggravato. Il problema di una società, quella capitalistica fondata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione in mano a un pugno di borghesi e sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Di un gruppo di paesi imperialisti che opprime, sfrutta e persino invade militarmente i paesi e i popoli del Terzo Mondo. Vedi i casi della Palestina, Afghanistan, Iraq, e Libano. Il problema dell'ingiustizia sociale esistente all'interno dei paesi capitalisti e tra Nord e Sud del mondo. I problemi della fame e della povertà, della mancanza dell'acqua potabile, della disoccupazione, del lavoro precario, del lavoro minorile, dei bassi salari. Il problema della violenza sulle donne e della disparità tra i sessi. Il problema del degrado e della distruzione ambientale. Il problema dell'oppressione ideologica oscurantista e reazionaria da parte delle religioni; della chiesa cattolica del papa nero Ratzinger per quanto riguarda il nostro Paese. Quest'ultima attualmente impegnata in un'offensiva a largo raggio nella riconquista dell'Italia da parte dei vertici vaticani all'insegna della triade mussoliniana "Dio, patria,famiglia", con la pretesa dei "valori non negoziabili", i "non possum", i diktat per politici cattolici, e l'aperta ostilità da destra ai Dico, specie per le coppie gay.

Il governo Prodi
Tutti questi problemi, e altri ancora, sono presenti nel nostro Paese nella veste della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista. Il governo della "sinistra borghese" capitanato dall'economista democristiano, Romano Prodi, non ha minimamente intaccato nessuno di questi problemi. Ad un anno circa dal suo insediamento, possiamo dirlo senza temere di essere smentiti, esso non ha rappresentato una svolta rispetto al governo del neoduce Berlusconi. Con il quale anzi si è messo in continuità in politica internazionale e interna, in politica economica e sociale. Si è spinto persino oltre. Non solo infatti, ha rifinanziato la missione imperialista militare in Afghanistan, ma ha anche promosso l'intervento militare in Libano. Ha anche aumentato notevolmente le spese militari e dato il via libera alla costruzione della mega-base militare Usa a Vicenza, contro il manifesto dissenso della popolazione. Con la Finanziaria ha tagliato ulteriormente la spesa pubblica, sociale e assistenziale, colpito duramente il pubblico impiego e dato tanti soldi alle imprese e alle scuole private. Contemporaneamente sta portando avanti le controriforme liberiste, scolastica e previdenziale, che hanno poco da invidiare ai provvedimenti varati dal precedente esecutivo della Casa del fascio. Stesso discorso per le "riforme" costituzionali ed elettorali in gestazione. Il Mezzogiorno continua a languire nel sottosviluppo. In campo energetico il governo vuole costruire i pericolosi, costosi e inquinanti rigassificatori, in campo ambientale non ha fatto nulla per risolvere per affrontare lo smaltimento dei rifiuti, salvo proporre di nuovo gli inceneritori. Infine, il dittatore democristiano Prodi si è autoassegnato all'interno del governo, ricevendo il consenso finanche dalla cosiddetta "sinistra radicale", poteri presidenzialisti "eccezionali" che nemmeno il piduista di Arcore era riuscito ad ottenere. Le promesse elettorali, per la maggior parte si sono liquefatte alla prova pratica.

Il proletariato e la sua centralità
Crescono a vista d'occhio la disillusione e la sfiducia del proletariato verso il governo Prodi visto in un primo tempo come una speranza di cambiamento, come una possibilità concreta per la risoluzione dei tanti problemi aperti. Cresce la voglia di tornare in piazza. La trattativa triangolare in atto tra governo, associazioni padronali e sindacati su pensioni, pubblico impiego, "politica dei redditi", modello contrattuale, la stagione dei rinnovi dei contratti nazionali di lavoro, in testa quello dei metalmeccanici, rappresentano occasioni molto concrete in questo senso. La lotta contro la precarietà e contro le morti bianche, oltre 300 da gennaio scorso, sono motivi più che validi per lo sviluppo della mobilitazione operaia, giovanile e popolare. Gli ideologi al servizio della classe dominante, i partiti della borghesia (destra e "sinistra" uniti anche in questo), gli imbroglioni politici alla Bertinotti, Giordano e Diliberto sostengono, in vario modo, che: la classe operaia non esiste più e le classi sociali, così come ce l'ha spiegate Marx, non esistono più. Si deve parlare di strati sociali e soprattutto di individui, di persone variamente collocate nella società, di diritti individuali in luogo di quelli collettivi. Non ha più senso parlare di lotta di classe, sostituita tutt'al più dal "conflitto sociale". La centralità della classe operaia in questa visione non ha più ragione di essere
Tutte fandonie senza fondamento scientifico. Finché esisterà la proprietà privata dei mezzi di produzione, della terra e dei capitali, finché esisterà l'appropriazione capitalistica della ricchezza prodotta, finché la società umana non giungerà al comunismo, passando attraverso la fase del socialismo, inevitabilmente esisteranno le classi, in particolare le due principali, borghesia e proletariato, in antagonismo tra loro, esisterà la lotta di classe non solo sul terreno puramente economico ma anche su quello politico che comprende la lotta per la conquista e la conservazione del potere, del governo e dello Stato. Lo ha spiegato bene il nostro Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, nel suo mirabile discorso tenuto in occasione del 30° anniversario della scomparsa di Mao dedicato alle classi e al fronte unito. Ha detto con chiarezza e con dati di fatto che le classi esistono in ogni paese del mondo. In Italia esse si suddividono in proletariato, semiproletariato, sottoproletariato, contadini, piccola borghesia, borghesia. Quest'ultima, un'estrema minoranza della popolazione, rappresenta la classe dominate e detiene tutto il potere economico, politico, culturale e beneficia di ampi privilegi. Mentre il proletariato composto da milioni di operai dell'industria, dell'agricoltura e dei servizi, pur vivendo in condizioni di schiavitù salariata e di degrado sociale, rappresenta oggettivamente per eccellenza la classe antagonista, e occupa il posto centrale nella produzione dei beni materiali e all'interno di tutta società. Senza di esso non ci sarebbe produzione di ricchezza, le fabbriche non funzionerebbero e per i padroni non ci sarebbero profitti.

I compiti del proletariato
Riecheggiando gli insegnamenti dei grandi maestri del proletariato, Scuderi ha detto anche che la storia è essenzialmente lotta di classe, è storia di rivoluzioni. Ha detto che la classe operaia è la "classe più avanzata, più progredita e più rivoluzionaria della storia, i cui compiti rimangono immutati nel tempo e in ogni paese del mondo, la sola classe che ha la capacità di dirigere la rivoluzione socialista e l'edificazione del socialismo". Come dimostrato nel caso dell'Urss di Lenin e di Stalin e nella Cina popolare di Mao. Questo è vero anche per l'Italia indipendentemente dalla contingenza storica in cui siamo immersi, indipendentemente dal fatto che ci sia o meno questa consapevolezza. Il problema attuale da porre all'attenzione perché sia affrontato adeguatamente e progressivamente superato è proprio questo: la classe operaia italiana che esiste, eccome se esiste, per colpa del tradimento dei revisionisti, dei rinnegati del comunismo, dei falsi comunisti ha perso la coscienza di essere una classe per sé, una classe alla quale la storia ha assegnato il compito di rovesciare il capitalismo per instaurare il socialismo e di seguito il comunismo; di emancipare l'intera umanità emancipando se stessa, di far dischiudere una società avanzata e progredita, con un alto benessere sociale che naturalmente abolirà le classi, la lotta di classe, i partiti, lo Stato.

La teoria e il partito rivoluzionari
È un'utopia? No, fa parte dell'evoluzione delle società umane che si sono succedute e che non termina con quella capitalistica giunta nella sua fase estrema imperialista. Alla borghesia al potere deve succedere il proletariato, al capitalismo il socialismo: è una legge oggettiva della storia. Non importa quanto tempo ci vorrà per realizzare questo passaggio ma prima o poi avverrà. Questi tempi possono però essere accorciati nella misura in cui il proletariato si riappropria della sua autonomia ideologica, politica e organizzativa dalla borghesia e dalle sue espressioni partitiche, elabora un proprio programma rivoluzionario, riprende il cammino della lotta del socialismo. Nel far questo deve liberarsi dall'influenza e dai condizionamenti che lo tengono disunito e incatenato a questo sistema, deve cioè liberarsi dal liberalismo, dal riformismo, dal pacifismo, dal parlamentarismo e dall'elettoralismo e contemporaneamente deve armarsi della teoria rivoluzionaria, del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, deve rigettare il metodo della concertazione del "patto sociale" dell'interclassismo e poggiare sulla lotta di classe, senza la quale, parafrasando una citazione di Marx, non c'è affrancamento, non c'è progresso. Ma tutto ciò non può avvenire spontaneamente. Ci vuole il contributo essenziale degli operai più avanzati e combattivi per aprire questo nuovo corso. Ci vuole un partito politico, come il PMLI, che è già su queste posizioni. Un partito che da 30 anni lavora senza soluzione di continuità per creare le condizioni oggettive e soggettive per procedere sulla via dell'Ottobre, lavora per raccogliere nel suo seno l'avanguardia della classe operaia, per organizzarla e metterla in condizione di svolgere il ruolo che le compete per battersi per l'Italia unita, rossa e socialista.
Si tratta di un processo politico di estrema importanza non solo per difendere gli interessi generali e a lungo termine ma anche quelli immediati e parziali delle masse operaie e lavoratrici: i contratti, il lavoro fisso e sicuro, il salario, le tasse, la previdenza, la sanità e l'assistenza, la casa, la scuola e l'università, il Mezzogiorno, i diritti civili, l'immigrazione e altro ancora.
Augurando un buon e rosso 1° Maggio alle operaie e agli operai, alle lavoratrici e ai lavoratori, alle disoccupate e ai disoccupati, alle pensionate e ai pensionati a basso reddito, alle masse vicentine, della Val di Susa e di Scanzano impegnati in dure lotte, alle masse che si oppongono ai rigassificatori e agli inceneritori, ai giovani che si battono contro le aggressioni imperialiste e per il ritiro dei contingenti militari italiani, che si battono per lo smantellamento delle basi Usa e Nato dall'Italia li invitiamo caldamente ad organizzarsi subito e a dar forza al PMLI, che si appresta a tenere nel prossimo futuro il suo 5° Congresso nazionale. Auguri fraterni ai militanti e ai simpatizzanti del PMLI.
Viva il 1° Maggio!
Viva l'emancipazione della classe operaia!
Viva il socialismo e il comunismo!
Viva l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

* Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

24 aprile 2007