1919-4 marzo-2009. 90° Anniversario della fondazione dell'Internazionale Comunista

Viva la Terza Internazionale

Il canto dell'Internazionale si levò spontaneo e prorompente nella sala dove a Mosca 52 delegati in rappresentanza di 35 organizzazioni, tra le quali 13 partiti e 6 raggruppamenti comunisti, avevano appena votato ed approvato la Risoluzione di fondare la III Internazionale comunista. Era il 4 marzo 1919.
Dal primo del mese, era in corso la Conferenza costituente della nuova organizzazione internazionale indetta sulla base dell'appello sottoscritto il 24 gennaio 1919 dai rappresentanti del Partito Comunista Russo (bolscevico), del Partito Comunista Operaio Polacco, del Partito Comunista Ungherese, del Partito Comunista Austriaco-Tedesco, del Partito Comunista Lettone, del Partito Comunista Finlandese, della Federazione dei Socialdemocratici rivoluzionari dei Balcani e del Partito Socialista Operaio Americano; ed alla quale erano invitati oltre ai suddetti partiti anche i partiti comunisti di Estonia, Lituania, Bielorussia, Ucraina, i socialdemocratici rivoluzionari della Cecoslovacchia, il Partito Operaio Socialdemocratico Bulgaro, i partiti socialdemocratici Romeno, Norvegese, Svedese (di sinistra), il Partito Socialista Italiano e le sinistre socialiste svizzera, spagnola, portoghese, belga, francese, danese, inglese, giapponese e americana.
La III Internazionale si pone, sul piano storico, come l'erede naturale della Lega dei Comunisti e della I Internazionale, le organizzazioni create e dirette da Marx e Engels, così come delle tradizioni più rivoluzionarie della II Internazionale.
La Lega dei Comunisti fu la prima organizzazione internazionale degli operai rivoluzionari. Fondata nell'estate del 1847 a Londra, dove svolse il suo primo Congresso, essa indicò con chiarezza i suoi scopi: "l'abbattimento della borghesia, il dominio del proletariato, la liquidazione della vecchia società borghese, basata su contrasti di classe e la fondazione di una nuova società senza classi e senza proprietà privata" (Engels, Per la storia della Lega dei Comunisti, 8 ottobre 1885, in Marx-Engels, opere scelte, Ed. Riuniti, pag. 1090).
Il suo programma divenne "Il Manifesto del Partito Comunista" ed il suo appello "Proletari di tutti i Paesi, unitevi" è diventato la parola d'ordine del movimento operaio internazionale.
Il periodo che seguì fu caratterizzato dall'affermarsi del capitalismo in diversi paesi del globo e, con esso, anche della crescita del movimento operaio che sviluppò la necessità di nuove e più efficaci forme di organizzazione, unità e solidarietà delle sue file.
Nacque così, nel 1864, la I Internazionale che, grazie all'azione teorico-pratica di Marx ed Engels, consolidò l'alleanza internazionale della classe operaia e fu generatrice del primo tentativo nella storia di creare uno Stato operaio, la Comune di Parigi.
La teoria scientifica di Marx ed Engels indicò la necessità e l'ineluttabilità del riscatto operaio; definì e dimostrò come il proletariato fosse la classe artefice e dirigente del nuovo e più sviluppato ordine sociale ed economico dell'umanità.
Sul finire del XX secolo fu fondata con la partecipazione di Engels, la II Internazionale la cui azione portò ad una più ampia diffusione del marxismo ed alla costituzione dei partiti operai e socialisti.
La scomparsa dei fondatori del socialismo scientifico e la conseguente, immensa perdita della loro capacità di indirizzo e di direzione politica; lo sviluppo impetuoso e relativamente pacifico del capitalismo; l'aumento della stratificazione sociale; lo sviluppo quantitativo della classe operaia con l'ingresso in essa di strati di origine non proletari; tutto ciò, unitamente ad altri fattori, portò, nel corso degli anni, a far sì che all'interno della II Internazionale nascesse e si sviluppasse, fino a prevalere, l'opportunismo con la sua idea della conciliazione tra le classi, dello sviluppo riformistico, della subordinazione dei proletari agli interessi della borghesia e dei loro rispettivi ordinamenti statali nazionali. L'esito naturale di questa azione fu, alla fine, il crollo vergognoso della II Internazionale.
Con il suo evolversi l'economia borghese avviò la sua trasformazione. La formazione dei capitali portò il capitalismo ad una nuova fase del suo sviluppo: l'imperialismo.
Lo scoppio della prima guerra mondiale imperialista evidenziò l'accrescersi delle contraddizioni interimperialistiche, la lotta accanita per la conquista di nuovi e più vasti mercati e per la supremazia nel mondo.
L'affermarsi della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre in Russia, poi, rappresentò come fossero giunte a maturazione le contraddizioni fra il lavoro e il capitale e quelle tra i paesi imperialistici e i popoli delle colonie e delle nazioni oppresse.
Una nuova epoca si era aperta nella storia dell'umanità: l'epoca della crescita irrefrenabile dei movimenti di liberazione nazionali e della loro lotta; l'epoca della rivoluzione proletaria e della conquista del socialismo. Tutto ciò rese più che mai necessaria la creazione di una nuova organizzazione internazionale della classe operaia saldamente ancorata al marxismo ed in grado di assolvere ai più diversi compiti dettati dalla nuova fase storica che si era determinata.
Nel movimento operaio esisteva, e già operava concretamente, una tendenza politica autenticamente marxista e rivoluzionaria. La sua più alta espressione era il bolscevismo, nato, sviluppatosi ed affermatosi in Russia grazie all'opera teorica ed alla lucida azione di Lenin contro l'opportunismo e il revisionismo ed in difesa del marxismo. E proprio Lenin fu il più tenace e convinto assertore della creazione della III Internazionale, dando ad essa le fondamentali basi teoriche, l'indirizzo ideologico ed i principi organizzativi di cui necessitava e garantendone la direzione politica fino a quando le sue forze e la sua salute fisica glielo consentiranno.
La prima guerra mondiale imperialistica scoppiata nell'estate del 1914 fu, su entrambi i fronti, una guerra di rapina e di dominio. La natura intrinseca di questo conflitto costituì pertanto un banco di prova quanto mai impietoso, severo e veritiero per tutti i partiti e le organizzazioni politiche che, allora, componevano le diverse "anime" della socialdemocrazia e del movimento operaio internazionale.

Il tradimento storico della II Internazionale
Al Reichstag il 4 agosto 1914, tutti i deputati socialdemocratici votarono i crediti di guerra. Il partito socialdemocratico tedesco, partito di antica tradizione e, di fatto, il più rappresentativo e influente partito della II Internazionale, passò così, armi e bagagli, al servizio della propria borghesia nazionale imperialistica e del suo governo; imitato in questo, nei rispettivi paesi, dalle organizzazioni socialiste di Austria-Ungheria, Francia, Belgio e Inghilterra, ecc. Gli ideologhi e i leader opportunisti si svelarono per quello che veramente erano: traditori della propria classe operaia; traditori degli ideali, degli interessi e degli scopi del movimento operaio internazionale; traditori del socialismo ed un corpo estraneo al marxismo. L'opportunismo, il revisionismo e il riformismo avevano infine gettato la maschera e ciò provocò il crollo davvero poco onorevole della II Internazionale.
L'opportunismo aveva inferto un duro colpo all'unità del movimento operaio, provocando la scissione della classe operaia sia a livello nazionale che internazionale. Lenin, che già da tempo aveva individuata e denunciata la politica degli opportunisti, revisionisti e riformisti dando vita alla necessaria e giusta lotta contro di essi, pose con forza la questione della necessità di creare una nuova internazionale autenticamente marxista e rivoluzionaria: l'Internazionale Comunista.
"La II Internazionale ha realmente cessato di esistere? - domanda Lenin nello scritto "L'opportunismo e il fallimento della II Internazionale" pubblicato nel gennaio 1916 sul n. 1 della rivista "Vorbote" - I suoi più autorevoli rappresentanti, come Kautzki e Vandervelde, lo negano ostinatamente. Non è accaduto nulla, se non la rottura delle relazioni; tutto va per il meglio: tale è la loro opinione.
Per stabilire la verità, rivolgiamoci al Manifesto del Congresso di Basilea del 1912, che si riferisce precisamente alla guerra imperialistica mondiale odierna e che fu approvato da tutti i partiti socialisti del mondo. Occorre osservare che nessun socialista oserà negare, in teoria, la necessità di un giudizio storico concreto su ogni guerra.
Oggi la guerra è scoppiata, e sia gli opportunisti dichiarati, sia i kautzkiani non osano né sconfessare il Manifesto di Basilea, né mettere a confronto le sue rivendicazioni con il comportamento dei partiti socialisti nel corso della guerra. Perché? Perché il manifesto li smaschera in pieno, sia gli uni che gli altri.
In esso non vi è una parola né sulla difesa della patria, né su ciò che distingue una guerra offensiva da una guerra difensiva; non una parola di tutto ciò che ripetono oggi a tutti i venti gli opportunisti e i kautzkiani di Germania e dell'Intesa. Del resto, il manifesto non poteva parlarne, perché ciò che esso dice esclude in modo assoluto qualsiasi applicazione di questi concetti. Esso indica in modo perfettamente concreto una serie di conflitti economici e politici che durante decine di anni hanno preparato questa guerra, si sono manifestati in pieno nel 1912 e hanno provocato la guerra del 1914. Il manifesto ricorda il conflitto austro-russo per l''egemonia nei Balcani'; il conflitto tra 'l'Inghilterra, la Francia e la Germania' (tra tutti questi paesi!) dovuto alla loro 'politica di conquista nell'Asia minore'; il conflitto austro-italiano suscitato dalla 'volontà di dominare' in Albania, ecc. Esso definisce, in una parola, tutti questi conflitti chiamandoli conflitti provocati dall''imperialismo capitalistico'. Così, dunque, il manifesto formula con lampante chiarezza, il carattere di rapina, imperialista, reazionario, schiavista di questa guerra; il carattere, cioè, che trasforma l'ammissione della difesa della patria in un'assurdità teorica e un nonsenso pratico. Grandi pescecani lottano per inghiottire patrie altrui. Il manifesto trae inevitabili conclusioni da fatti storici indiscutibili: questa guerra non potrebbe 'essere giustificata con il minimo pretesto di un qualunque interesse nazionale'. Essa è preparata per assicurare 'i profitti dei capitalisti, per soddisfare l'orgoglio delle dinastie'. Sarebbe 'un delitto' per gli operai 'sparare gli uni sugli altri'. Così parla il manifesto.
L'epoca imperialistica è l'epoca in cui il capitalismo ha raggiunto la sua maturità, è stramaturo e si trova alla vigilia del crollo. È maturo a tal punto da dover cedere il posto al socialismo. Il periodo che va dal 1789 al 1871 fu l'epoca di un capitalismo progressivo, in cui l'abbattimento del feudalesimo e dell'assolutismo, la liberazione dal giogo straniero erano all'ordine del giorno della storia. Su questa base, e su questa unica base, si poteva ammettere la 'difesa della patria', cioè la lotta contro l'oppressione. Oggi ancora si potrebbe applicare questa concezione alla guerra contro le grandi potenze imperialistiche, ma sarebbe assurdo applicarla a una guerra fra queste grandi potenze, in una guerra in cui si tratta di sapere chi saprà spogliare meglio i paesi balcanici, l'Asia Minore, ecc. Non c'è quindi da stupirsi che i 'socialisti', i quali ammettono la 'difesa della patria' nella guerra odierna, eludano il Manifesto di Basilea come il ladro fugge il luogo dove ha commesso il furto. Il manifesto dimostra infatti che essi sono socialsciovinisti, cioè dei socialisti a parole e degli sciovinisti nei fatti, che aiutano la 'loro' borghesia a spogliare i paesi altrui e ad asservire le altre nazioni. L'essenziale nel concetto di 'sciovinismo' è appunto la difesa della 'propria' patria, anche quando i suoi atti tendono ad asservire le patrie altrui.
Il considerare che una guerra è una guerra di liberazione nazionale porta con sé una tattica; il considerare che essa è imperialista ne implica un'altra. Il manifesto indica chiaramente quest'altra tattica. La guerra 'porterà a una crisi economica e politica', che si dovrà 'utilizzare' non per attenuare la crisi, non per difendere la patria, ma, al contrario, per 'far leva' sulle masse, per 'affrettare la caduta del dominio capitalistico'. Non si può affrettare ciò per cui le condizioni storiche non sono ancora mature. Il manifesto ha riconosciuto che la rivoluzione sociale è possibile, che le sue premesse sono mature, che essa verrà precisamente con la guerra: 'le classi dirigenti' temono 'la rivoluzione proletaria', dichiara il manifesto portando l'esempio della Comune di Parigi e della rivoluzione del 1905 in Russia, gli esempi, cioè, di scioperi di massa e di guerra civile. L'affermare, come fa Kautzki, che non si era definito quale doveva essere l'atteggiamento del socialismo verso questa guerra, è menzogna. La questione è stata non solamente discussa, ma risolta a Basilea, dove fu approvata la tattica della lotta di massa rivoluzionaria e proletaria...
Sarebbe erroneo supporre che non si potrebbe presentare il Manifesto di Basilea come se esso fosse unicamente una dichiarazione solenne o una minaccia in stile magniloquente. È appunto così che vorrebbero porre la questione coloro che il manifesto smaschera. Ma ciò è falso. Il manifesto è unicamente il risultato di un grande lavoro di propaganda di tutta l'epoca della II Internazionale, è unicamente un riassunto di tutto ciò che i socialisti hanno lanciato fra le masse in centinaia di migliaia di discorsi, articoli e appelli in tutte le lingue...
Presentare il Manifesto di Basilea come una vuota frase o come un errore, è considerare come tale tutta l'attività socialista degli ultimi venticinque anni. Se la contraddizione fra il manifesto e la sua non applicazione è così intollerabile per gli opportunisti e i kautzkiani, è perché essa rivela la profondissima contraddizione che esiste nell'attività della II Internazionale. Il carattere relativamente 'pacifico' del periodo 1871-1914 ha alimentato l'opportunismo, stato d'animo dapprima, tendenza in seguito e, infine, gruppo o strato composto dalla burocrazia operaia e dai compagni di strada piccolo-borghesi. Questi elementi potevano sottomettere il movimento operaio soltanto riconoscendo a parole i fini rivoluzionari e la tattica rivoluzionaria; potevano accattivarsi la fiducia delle masse soltanto giurando che il lavoro 'pacifico' non era che la preparazione alla rivoluzione proletaria. Questa contraddizione era l'ascesso che da un giorno all'altro doveva scoppiare, e che è scoppiato...
È evidente che quelli che hanno votato i crediti di guerra, che sono entrati nei ministeri e hanno difeso l'idea della difesa della patria nel 1914-1915 hanno tradito il socialismo. Solamente degli ipocriti possono negare questo fatto. È necessario spiegarlo...
La lotta delle due tendenze principali nel movimento operaio, il socialismo rivoluzionari e il socialismo opportunistico, riempie tutto il periodo che va dal 1889 al 1914. E anche oggi in tutti i paesi esistono due tendenze fondamentali circa l'atteggiamento verso la guerra...
Il socialsciovinismo è l'opportunismo nella sua forma più compiuta. Esso è maturo per un'alleanza aperta, spesso volgare, con la borghesia e gli stati maggiori. È appunto questa alleanza che gli dà una grande forza e il monopolio della stampa legale e dell'inganno delle masse. È assurdo considerare tuttora che l'opportunismo sia un fenomeno interno del nostro Partito... L'unità con i socialsciovinisti è l'unità con la "propria" borghesia nazionale che sfrutta altre nazioni, è la scissione del proletariato internazionale. Ciò non vuol dire che la rottura con gli opportunisti sia dovunque immediatamente possibile; ciò vuol dire unicamente che, dal punto di vista storico, essa è matura, che è necessaria e inevitabile per la lotta rivoluzionaria del proletariato, che, con il passaggio dal capitalismo 'pacifico' al capitalismo imperialistico, la storia ha preparato questa rottura. Volentem ducunt fata, nolentem trahunt
(Il fato guida chi vuole lasciarsi guidare e trascina chi non vuole, ndr).
I rappresentanti intelligenti della borghesia l'hanno perfettamente compreso. Per questo esaltano tanto gli attuali partiti socialisti, alla testa dei quali si trovano dei 'difensori della patria', cioè dei difensori della rapina imperialista. Per questo i governi remunerano i capi socialsciovinisti sia con posti ministeriali (Francia e Inghilterra), sia col monopolio di una vita legale senza ostali (Germania e Russia). Per questo appunto, in Germania, dove il partito socialdemocratico era più forte e dove la sua trasformazione in partito operaio nazional-liberale controrivoluzionario è stata più manifesta, le cose sono arrivate a tal punto che la Procura considera la lotta fra la 'minoranza' e la 'maggioranza' come 'un incitamento all'odio di classe'! Per questo gli opportunisti intelligenti sono soprattutto preoccupati di salvare l'antica 'unità' dei vecchi partiti che hanno reso dei servigi così grandi alla borghesia nel 1914-1915...
Basta con le frasi, basta con il 'marxismo' prostituito à la Kautzki! Dopo venticinque anni di esistenza della II Internazionale, dopo il Manifesto di Basilea, gli operai non crederanno più alle frasi. L'opportunismo è stramaturo; è passato definitivamente nel campo della borghesia trasformandosi in socialsciovinismo: moralmente e politicamente ha rotto con la socialdemocrazia; romperà anche con questa nel campo organizzativo. Gli operai reclamano fin da oggi opuscoli 'illegali', riunioni 'non permesse', cioè un'organizzazione segreta per appoggiare il movimento rivoluzionario delle masse. Solo questa 'guerra alla guerra' è cosa degna della socialdemocrazia e non una frase. E nonostante tutte le difficoltà, sconfitte passeggere, gli errori, gli abbagli, le pause, quest'opera condurrà l'umanità alla rivoluzione proletaria vittoriosa"
(Lenin, L'opportunismo e il fallimento della II Internazionale, gennaio 1916, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 22, pagg. 113-124).
Lenin pose un'alternativa chiara di fronte alla classe operaia mondiale: o mettersi dalla parte dell'opportunismo, legandosi mani e piedi al carro della borghesia, permeandosi di socialsciovinismo, rinunciando così ai propri obiettivi rivoluzionari e storici; oppure proseguire risolutamente sulla strada indicata dai grandi Maestri del proletariato Marx ed Engels attraverso l'organizzazione e la lotta per la conquista del potere politico nei rispettivi paesi e la creazione di un organismo nuovo organizzativamente, ideologicamente e politicamente che raggruppasse tutte le forze autenticamente rivoluzionarie e internazionaliste.
Sul piano teorico Lenin ha sviluppato la scienza marxista in base alle nuove condizioni e necessità createsi nell'epoca dell'imperialismo. Attraverso una lucida e lungimirante analisi di esso, egli ha evidenziato, tra l'altro, la possibilità che la vittoria della rivoluzione socialista fosse possibile inizialmente in alcuni paesi o anche in un solo paese; la necessità per il proletariato di stabilire mirate e solide alleanze con altre classi o gruppi sociali, ed in particolare quella tra classe operaia e contadini; il forte legame che veniva a crearsi tra la lotta per il socialismo nei paesi sviluppati e il movimento di liberazione nazionale nelle colonie.

Il ruolo di Lenin e del partito bolscevico
Un grande esempio fu dato da Lenin e dal Partito bolscevico alla classe operaia di tutto il mondo ed alle sue avanguardie rivoluzionarie, dapprima attraverso la decisa presa di posizione sul carattere imperialista della prima guerra mondiale e la conseguente lotta contro l'opportunismo nella socialdemocrazia internazionale e, successivamente, con la realizzazione della vittoriosa Rivoluzione d'Ottobre e la nascita del primo Stato socialista: la RSFSR prima e l'URSS poi. Un esempio fulgido di coerente fedeltà alla causa del socialismo e dell'internazionalismo proletario di cui è tuttora viva la piena validità storica.
Nel luglio-agosto 1915 Lenin scrisse "Il socialismo e la guerra (L'atteggiamento del POSDR verso la guerra)". In questa sua opera Lenin, rende esplicita con la chiarezza che lo contraddistingue,la sua convinzione sulla necessità di dare vita alla III Internazionale. Nel terzo capitolo di quest'opera, intitolato "La ricostituzione dell'Internazionale" egli afferma tra l'altro: "Malgrado tutto, in molti paesi esistono degli elementi socialdemocratici rivoluzionari... Raccogliere questi elementi marxisti, per quanto poco numerosi essi siano all'inizio, ricordare in loro nome le parole oggi dimenticate del socialismo autentico, invitare gli operai di tutti i paesi a rompere con gli sciovinisti ed a porsi sotto la vecchia bandiera del marxismo: ecco il compito del giorno...
È pienamente comprensibile che, per realizzare una organizzazione marxista internazionale, è necessario preparare la creazione di partiti marxisti indipendenti nei diversi paesi. La Germania, essendo il paese del più vecchio e più forte movimento operaio, ha un'importanza decisiva. Il prossimo avvenire dimostrerà se sono già maturate le condizioni per la creazione di una nuova Internazionale marxista. Se sì, il nostro partito entrerà con gioia in una III Internazionale purificata dall'opportunismo e dallo sciovinismo. Se no, ciò dimostrerà che per questa purificazione occorre una evoluzione più o meno lunga. In questo caso, il nostro partito sarà all'estrema opposizione nell'interno della precedente Internazionale, fino a quando, nei diversi paesi, non si creerà una base per una unione internazionale di operai sul terreno del marxismo rivoluzionario.
Non sappiamo e non possiamo sapere come si evolverà, nei prossimi anni, la situazione in campo internazionale. Ma sappiamo sicuramente, siamo incrollabilmente convinti, che il nostro partito lavorerà instancabilmente nel nostro paese, fra il nostro proletariato, nella direzione indicata, e nella sua attività quotidiana andrà creando la sezione russa dell'Internazionale marxista"
(Lenin, Il socialismo e la guerra (l'atteggiamento del POSDR verso la guerra), luglio-agosto 1915, idem, vol. 21, pagg. 300-302).
Un primo passo verso la creazione auspicata da Lenin di "una base per una unione internazionale di operai sul terreno del marxismo rivoluzionario" si eb-
be alla Conferenza internazionale socialista di Zimmerwald, svoltasi nella località svizzera dal 5 all'8 settembre 1915. Ad essa presero parte 37 delegati di 12 paesi tutti europei: Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Lettonia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Russia, Svezia e Svizzera. Il punto focale al centro della discussione fu la questione della pace. Dal dibattito emersero due tendenze strategicamente antitetiche frutto della divisione che allora attraversava la socialdemocrazia.
La maggioranza della conferenza, 29 delegati, la destra di Zimmerwald, seguendo l'orientamento di Kautzki e dei suoi seguaci si limitò a proporre un generico appello alla pace da rivolgere agli Stati belligeranti, definì assolutamente prematuri i tempi della rivoluzione sociale e di una concreta lotta della classe operaia contro l'imperialismo e si schierò a difesa della rovinosa china intrapresa dalla II Internazionale respingendo ogni politica che si proponesse di dare vita ad una nuova organizzazione internazionale degli operai. Per contro la sinistra di Zimmerwald, otto delegati di sette diversi paesi, pur ancora in presenza di contraddizioni e tentennamenti individua nella lotta di classe rivoluzionaria delle masse operaie contro i governi capitalistici per la conquista del potere politico e del socialismo la strada maestra per porre fine alla guerra e riportare la pace tra i popoli sempre più martoriati.
Nell'analizzare i risultati della Conferenza di Zimmerwald, Lenin espresse un giudizio che evidenziava il piccolo ed ancora incoerente passo verso la scissione dall'opportunismo ed anche un primo passo verso la III Internazionale. I documenti elaborati dalla sinistra di Zimmerwald vennero diffusi nei vari paesi dai bolscevichi e dai socialdemocratici di sinistra. Inoltre il raggruppamento internazionalista decise di dare vita ad una propria rivista, "Vorbote", che si dimostrò uno strumento utile nella lotta politico-ideologica contro l'opportunismo che già disponeva di un proprio organo di stampa, "Die Neue Zeit", diretto da Kautzki.
La guerra, intanto, acuiva le contraddizioni di classe e rendeva sempre più gravi le condizioni di vita nei paesi coinvolti.
In queste condizioni si riunì nella città svizzera di Kienthal dal 24 al 30 aprile 1916, la seconda Conferenza di Zimmerwald. Vi parteciparono 41 delegati; 10 di essi, guidati da Lenin, componevano il gruppo della sinistra. Anche a Kienthal la maggioranza eresse un argine contro la proposta di creazione di una nuova Internazionale, arroccata a difesa di una II Internazionale sempre più imputridita, mentre una situazione di stallo paralizzava l'Ufficio Socialista Internazionale (ISB).
Lenin, dopo Kienthal, sottolineò come il suo risultato fosse, in sostanza, un segnare il passo.
La rivoluzione di febbraio in Russia trasformò in una voragine il solco esistente tra la destra e la sinistra di Zimmerwald. Lenin ripeteva con forza il suo appello alla creazione di un'Internazionale proletaria rivoluzionaria e propose alla Conferenza d'aprile (1917) del Partito bolscevico di rimanere nell'Unione di Zimmerwald, che aveva frattanto indetto la sua terza conferenza da tenersi a Stoccolma, per soli fini di informazione. Questa proposta di Lenin, però, non fu accolta dalla conferenza bolscevica d'aprile.
Nell'articolo "La Conferenza di Stoccolma" del 28 agosto 1917, Lenin afferma: "... la Novaia Gizn (Nuova vita - giornale dei socialdemocratici cosiddetti 'internazionalisti' di orientamento menscevico, ndr) culla gli operai con delle illusioni. Essa scrive: 'A Stoccolma ci si propone di giungere a un accordo sulla pace e di elaborare tutti insieme un piano comune di lotta: rifiuto di votare i crediti, rottura dell''unione nazionale', uscita dei ministri dai governi, ecc.'.
L'unico elemento probante di questa frase, completamente falsa, si riduce a questo: la parola 'lotta' è stampata in grassetto. Bella prova, non c'è che dire!
Dopo tre anni di guerra, si continua a nutrire gli operai con le promesse più vane: 'A Stoccolma ci si propone' di rompere con l'unione nazionale...
Chi si propone di far questo? Gli Scheidemann, i Cernov, gli Skobelev, gli Avxentiev, gli Tsereteli, gli Stauning, i Branting, cioè appunto gli uomini (e i partiti) che per alcuni anni e alcuni mesi hanno condotto una politica di unione nazionale. Per quanto sincera sia la fiducia che la Novaia Gizn nutre in un tale miracolo, per quanto la Novaia Gizn sia onestamente convinta che ciò sia possibile, dobbiamo pur dire che la Novaia Gizn diffonde tra gli operai un grande inganno.
La Novaia Gizn inganna gli operai inculcando loro la fiducia nei socialsciovinisti: a sentirla, parrebbe che i socialsciovinisti, quantunque abbiano finora partecipato ai ministeri e svolto una politica di unione nazionale, nel prossimo avvenire, a Stoccolma, debbano intendersi, accordarsi e smettere di comportarsi in questo modo. Essi inizieranno la lotta per la pace, rifiuteranno di votare i crediti e così via... Tutto questo è da cima a fondo un grandissimo inganno.
Tutto questo è un modo reazionario di consolare e tranquillizzare gli operai inculcando loro la fiducia nei socialsciovinisti. Ma i socialisti che 'lottano per la pace' - non a parole, non per ingannare se stessi e gli operai - hanno iniziato questa lotta da lunghissimo tempo, senza aspettare nessuna conferenza internazionale; hanno iniziato questa lotta proprio spezzando l'unione nazionale, come hanno fatto MacLean in Inghilterra, Karl Liebknecht in Germania, i bolscevichi in Russia..."
(Lenin: La Conferenza di Stoccolma, 8 settembre 1917, idem, vol. 25, pagg. 258-259).
La terza conferenza di Zimmerwald che si tenne a Stoccolma dal 5 al 12 settembre del 1917 e che vide anche la partecipazione dei bolscevichi non diede, come peraltro previsto da Lenin, nessuno dei risultati positivi da essi sperati.
Fu il compimento vittorioso
della Rivoluzione Socialista d'Ottobre che, oltre a mutare in modo radicale la situazione internazionale, creò le condizioni più favorevoli alla nascita della III Internazionale dando, in particolare, l'impulso decisivo alla creazione nei diversi paesi dei partiti e delle organizzazioni comuniste.
 
La spinta propulsiva della Grande Rivoluzione d'Ottobre
Il 6 marzo 1920 nel discorso pronunciato alla Seduta solenne del Soviet di Mosca nell'anniversario della III Internazionale Lenin disse: "Compagni, dalla fondazione dell'Internazionale
comunista è passato un anno. Nel corso di quest'anno, l'Internazionale comunista ha conseguito vittorie che non era possibile prevedere, e si può dire, senza tema di sbagliare, che alla sua fondazione nessuno si aspettava successi così imponenti.
Durante la rivoluzione, molti speravano che nell'Europa occidentale sarebbe cominciata la rivoluzione socialista immediatamente dopo la fine della guerra imperialistica, perché in quel momento, quando le masse erano armate, la rivoluzione poteva procedere col massimo successo anche in alcuni paesi dell'Occidente. Ciò sarebbe potuto accadere se nell'Europa occidentale non si fosse manifestata la scissione più profonda in seno al proletariato, e non ci fosse stato il più grave tradimento degli ex capi socialisti...
Se l'Internazionale
(la II Internazionale, ndr) non fosse stata in mano a traditori che, nel momento critico, hanno salvato la borghesia, vi sarebbero state molte probabilità che in molti paesi belligeranti, subito dopo la fine della guerra, e anche in alcuni paesi neutrali, dove il popolo era armato, si potesse fare rapidamente la rivoluzione; e in tal caso l'esito sarebbe stato diverso.
Si è visto che ciò non è avvenuto; la rivoluzione non è riuscita in un tempo così breve e si deve ormai percorrere tutto il processo di sviluppo che noi abbiamo dovuto iniziare ancor prima della rivoluzione, prima del 1905; soltanto dopo che sono passati più di dieci anni, fino al 1917, siamo stati in grado di guidare il proletariato...
Grazie agli avvenimenti storici, grazie alla completa putrefazione dell'autocrazia, siamo riusciti facilmente a cominciare la rivoluzione; ma quanto più facilmente abbiamo potuto cominciarla, tanto più difficilmente il nostro paese, solo, è riuscito a continuarla, e dopo aver superato quest'anno, possiamo dire a noi stessi che in altri paesi, dove gli operai sono più evoluti, dove l'industria è più sviluppata, dove gli operai sono molto più numerosi, lo sviluppo della rivoluzione è stato più lento. Si è messo sulla nostra stessa via, ma l'ha percorsa molto più lentamente.
Gli operai continuano questo lento cammino aprendo la via alla vittoria del proletariato, che avanza con una fermezza indubbiamente maggiore di quanto sia avvenuto da noi; infatti, quando volgiamo lo sguardo alla III Internazionale, ci meravigliamo della rapidità con cui essa si è diffusa, passando di vittoria in vittoria.
Guardate come si diffondono in tutto il mondo le nostre strane parole, come per esempio 'bolscevismo'. Benché ci chiamiamo partito comunista, benché l'appellativo 'comunista' sia scientifico, comune a tutta l'Europa, esso, in Europa e negli altri paesi è meno diffuso della parola 'bolscevico'. La nostra parola russa 'soviet' è una delle più diffuse; non viene neppure tradotta nelle altre lingue, ma dappertutto si pronuncia in russo...
Compagni, prima della guerra pareva che la divisione fondamentale nel movimento operaio fosse la divisione in socialisti e anarchici. Non soltanto pareva, ma era così. Per un lungo periodo prima della guerra imperialistica e della rivoluzione, nella stragrande maggioranza dei paesi europei non c'era una situazione oggettivamente rivoluzionaria. Il compito era di saper utilizzare quel lento lavoro per preparare la rivoluzione. I socialisti cominciarono a farlo; gli anarchici non capivano quel compito. La guerra ha creato una situazione rivoluzionaria, e quella vecchia divisione è parsa superata. Da una parte, i maggiori esponenti dell'anarchismo e del socialismo sono diventati sciovinisti mostrando che cosa vuol dire difendere i predoni della propria borghesia contro i predoni della borghesia altrui: per loro colpa la guerra ha falciato milioni di persone. Dall'altra parte, negli strati più bassi dei vecchi partiti sono nate nuove tendenze contro la guerra, contro l'imperialismo, per la rivoluzione sociale. La guerra ha così suscitato una profondissima crisi, e gli anarchici e i socialisti si sono scissi, perché i dirigenti parlamentari socialisti sono passati dalla parte degli sciovinisti, mentre, negli strati più bassi, una minoranza sempre crescente si staccava da loro e incominciava a passare dalla parte della rivoluzione.
Il movimento operaio di tutti i paesi si è quindi mosso su una nuova linea; non su quella degli anarchici e dei socialisti, ma su una linea che poteva portare alla dittatura del proletariato. Questa scissione si è delineata in tutto il mondo ed è incominciata prima della fondazione della III Internazionale.
Se abbiamo avuto successo, è perché siamo giunti in un momento in cui la situazione era rivoluzionaria e il movimento operaio esisteva già in tutti i paesi; per questo ora vediamo che all'interno del socialismo e dell'anarchismo è avvenuta una scissione. Ne consegue che in tutto il mondo gli operai comunisti partecipano alla creazione di nuove organizzazioni e alla loro unificazione nella III Internazionale. Tale linea di condotta è la più giusta. Se sorgono nuovamente delle divergenze, per esempio a proposito dell'utilizzazione del parlamentarismo, oggi, dopo l'esperienza della rivoluzione russa e della guerra civile, dopo che, al cospetto di tutto il mondo, si è levata la figura di Liebknecht di cui si è messa in luce la funzione e l'importanza tra i rappresentanti del parlamentarismo, è assurdo negare l'utilizzazione rivoluzionaria del parlamentarismo. I rappresentanti della vecchia dottrina hanno capito che non si può porre la questione dello Stato nella vecchia maniera e che al posto della vecchia impostazione teorica della questione è sorta, grazie al movimento rivoluzionario, una impostazione nuova, pratica.
A tutta la forza unita e centralizzata della borghesia è necessario contrapporre la forza unita e centralizzata del proletariato. Ora il problema dello Stato si è posto sotto nuova luce; le vecchie divergenze hanno perduto il loro significato. Al posto della vecchia divisione del movimento operaio ne sono sorte nuove, che hanno come fondamento l'atteggiamento verso il potere sovietico e la dittatura del proletariato.
La Costituzione sovietica ha messo in evidenza che cosa ha elaborato la rivoluzione russa. Dalla nostra esperienza, dallo studio di essa, risulta che i molteplici vecchi problemi si sono ridotti a uno solo: per il potere sovietico o contro; ovvero: per il potere borghese, per la democrazia, per quelle norme di democrazia che, proclamando l'eguaglianza dei sazi e degli affamati, del capitalista e dell'operaio mediante il suffragio universale, degli sfruttatori e degli sfruttati, nascondevano la schiavitù capitalistica, oppure per il potere proletario, per l'inesorabile repressione degli sfruttatori, per lo Stato sovietico...
Dopo l'esperienza fatta, dopo quello che c'è stato in Russia, in Finlandia e in Ungheria, dopo l'esperienza di un anno nelle repubbliche democratiche, in Germania, pronunciarsi contro la necessità del potere centrale, della dittatura e di un'unica volontà, grazie a cui l'avanguardia del proletariato consolida, sviluppa e pone su una nuova base il vecchio Stato, tenendo fermamente il potere, polemizzare su questo argomento, diventa impossibile. La democrazia stessa si è smascherata definitivamente; ecco perché in tutti i paesi i numerosi sintomi del rafforzamento di un movimento comunista per il potere sovietico, per la dittatura del proletariato si sono sviluppati irrefrenabilmente nelle forme più diverse..."
(Lenin, Discorso pronunciato alla Seduta solenne del Soviet di Mosca nell'anniversario della III Internazionale, 6 marzo 1920, idem, vol. 30, pagg. 376-381).
Lenin poté partecipare attivamente, causa il suo stato di salute, solo ai primi tre congressi dell'Internazionale comunista.
Nella "Lettera ai comunisti tedeschi" del 14 agosto 1921, Lenin espone la propria opinione sugli insegnamenti del III Congres-
so dell'Internazionale comunista:
"... Le risoluzioni del III Congresso dell'Internazionale comunista sulla tattica e sulle questioni organizzative segnano, secondo me, un grande passo avanti del movimento. Bisogna - prosegue Lenin - tendere tutte le forze per applicare effettivamente queste due risoluzioni. Ciò è difficile. Ma può e deve essere fatto.
Per prima cosa, i comunisti dovevano proclamare davanti al mondo intero i loro principi. Ciò è stato fatto al I Congresso. È stato il primo passo.
Il secondo passo è stata la costituzione organizzativa dell'Internazionale comunista e l'elaborazione delle condizioni di ammissione all'Internazionale stessa, le quali esigono la separazione effettiva dai centristi, dagli agenti diretti o indiretti della borghesia in seno al movimento operaio. Ciò è stato fatto al II Congresso.
Al III Congresso si doveva iniziare un lavoro positivo, determinare concretamente - tenendo conto dell'esperienza pratica della lotta comunista già iniziata - come precisamente, dal punto di vista della tattica e dell'organizzazione, bisognava proseguire il lavoro. E noi abbiamo fatto anche questo terzo passo. Abbiamo un esercito di comunisti in tutto il mondo. Esso è ancora male istruito, male organizzato. Dimenticare questa verità, o aver paura di riconoscerla, sarebbe di grandissimo danno alla nostra causa. Bisogna esercitare su se stessi il controllo più attento e severo, studiare l'esperienza del proprio movimento, lavorare attivamente per educare quest'esercito come si deve, per organizzarlo come si deve, addestrarlo a ogni specie di manovre, in combattimenti diversi, in operazioni offensive e difensive. Senza questa scuola lunga e difficile, non è possibile vincere...
La conquista della maggioranza del proletariato da parte nostra è 'il compito principale' (titolo del Par. 3 della risoluzione sulla tattica)...
I nostri metodi tattici e strategici sono ancora inferiori (dal punto di vista internazionale) all'eccellente strategia della borghesia, la quale ha imparato dall'esempio della Russia e non si lascerà 'cogliere di sorpresa'. Ma forze maggiori, immensamente maggiori, sono con noi; noi studiamo la tattica e la strategia; noi abbiamo fatto progredire questa 'scienza' in base all'esperienza degli errori commessi durante l'insurrezione del marzo 1921. Noi c'impadroniremo completamente di questa 'scienza'.
I nostri partiti - nella stragrande maggioranza dei paesi - sono ancora lontani, molto lontani dall'essere quel che dovrebbero essere, dei veri partiti comunisti, delle vere avanguardie della classe effettivamente rivoluzionaria, dell'unica classe rivoluzionaria; dall'essere, cioè, dei partiti i cui membri partecipano tutti alla lotta, al movimento, alla vita quotidiana delle masse. Ma noi conosciamo questo nostro difetto e lo abbiamo messo in piena luce nella risoluzione del III Congresso sul lavoro del partito. E lo correggeremo...
Oggi conosciamo i nostri compiti in modo più chiaro, più concreto, più evidente di ieri. Non abbiamo paura di denunciare apertamente i nostri errori per correggerli. Consacreremo ormai tutte le forze del partito a una migliore organizzazione, a un miglioramento di un legame più stretto con le masse, all'elaborazione di una tattica e di una strategia della classe operaia sempre più giuste e più precise"
. (Lenin, Lettera ai comunisti tedeschi, 14 agosto 1921, idem, vol. 32, pagg. 492-495).
Al IV Congresso dell'Internazionale comunista Lenin poté solo inviare un breve messaggio scritto, che è comunque rivelatore della consapevolezza delle difficoltà che stanno dinnanzi al movimento operaio internazionale ma, anche dell'illimitata fiducia che egli ha in esso: "Mi dispiace moltissimo - scrive Lenin - di non poter assistere alla prima seduta del congresso e di dovermi limitare ad un messaggio scritto.
Malgrado le difficoltà gigantesche che stanno sul cammino dei partiti comunisti, l'Internazionale comunista si accresce e si rafforza. Come per il passato, il compito principale è quello di conquistare la maggioranza degli operai. E questo compito, malgrado tutto, noi lo assolveremo...
Il potere sovietico in Russia celebra il suo primo quinquennio. Esso è più solido che mai. La guerra civile è terminata. I primi successi economici sono evidenti. La Russia dei Soviet ritiene che il suo più grande orgoglio consiste nell'aiutare gli operai di tutto il mondo nella loro difficile lotta per abbattere il capitalismo. La vittoria sarà nostra. Viva l'Internazionale comunista!"
(Lenin, Al IV Congresso mondiale dell'Internazionale comunista, al Soviet dei deputati degli operai e dei soldati rossi di Pietrogrado, 4 novembre 1922, idem, vol. 33, pag. 383.

Le ragioni dello scioglimento
La III Internazionale fu sciolta il 10 giugno 1943, con l'accordo unanime di tutti i Partiti che ne facevano parte. Così Stalin ne spiega le ragioni: "Lo scioglimento dell'Internazionale Comunista è giusto e tempestivo, perché facilita l'organizzazione dell'attacco comune di tutte le nazioni che amano la libertà, sul comune nemico - l'hitlerismo. Lo scioglimento dell'Internazionale Comunista è giusto perché:
a) Smaschera la menzogna degli hitleriani secondo la quale 'Mosca' intenderebbe immischiarsi nella vita degli altri Stati e di 'bolscevizzarli'. D'ora innanzi a questa menzogna viene posta fine.
b) Smaschera la calunnia dei nemici del comunismo nel movimento operaio secondo la quale i partiti comunisti dei vari paesi agirebbero non nell'interesse del proprio popolo, ma dietro ordini esterni. Anche a questa calunnia d'ora innanzi viene posta fine.
c) Facilita l'opera dei patrioti dei paesi che amano la libertà, per l'unificazione delle forze progressive del loro paese in un unico campo di liberazione nazionale, per lo sviluppo della lotta contro il fascismo, indipendentemente dai partiti ai quali appartengono e dalle loro convinzioni religiose.
d) Facilita l'attività dei patrioti di tutti i paesi per l'unione di tutti i popoli amanti della libertà in un unico campo internazionale di lotta contro la minaccia di dominazione mondiale dell'hitlerismo, liberando in tal modo la strada per la futura organizzazione della collaborazione dei popoli, sulla base della loro eguaglianza di diritto.
Penso che tutte queste circostanze prese insieme porteranno all'ulteriore rafforzamento del fronte unico degli alleati e delle altre nazioni, unite, nella loro lotta per la vittoria sulla tirannide hitleriana.
Ritengo che lo scioglimento dell'Internazionale Comunista è del tutto tempestivo perché, precisamente ora, mentre la belva fascista tende le sue ultime forze, è necessario organizzare l'attacco comune dei paesi che amano la libertà, per abbattere questa belva e liberare i popoli dal giogo fascista"
(Stalin, Risposta ad una domanda del Sig. King, primo corrispondente dell'agenzia inglese Reuter, 28 maggio 1943, in Stalin, Sulla grande guerra nazionale dell'URSS, Società editrice "l'Unità", 1944, pagg. 101-102).
11 marzo 2009