Viva l'8 Marzo, giornata internazionale delle donne
L'emancipazione delle donne dipende dalla conquista dell'Italia unita, rossa e socialista

di Monica Martenghi*
Celebriamo con rinnovata fierezza proletaria rivoluzionaria l'8 Marzo, giornata internazionale delle donne. "Per noi marxisti-leninisti italiani - come ci ha insegnato il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi - l'8 Marzo è il ricordo perenne della necessità dell'emancipazione femminile, senza di che non ci potrà mai essere emancipazione del proletariato e dell'intera umanità".
Questo 8 Marzo cade in un momento politico importante per le masse femminili italiane e per tutto il nostro popolo. Siamo alla vigilia delle consultazioni politiche che decideranno chi governerà per i prossimi cinque anni gli affari della classe dominante borghese e tutti i partiti del regime chiedono alle donne di schierarsi da una parte o dall'altra. Anche il PMLI chiede alle operaie coscienti, alle ragazze rivoluzionarie e a tutte le masse femminili sfruttate e oppresse di schierarsi. Schierarsi dalla parte del socialismo contro il capitalismo, dalla parte dell'Italia unita, rossa e socialista contro il regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista, contro i governi della destra e della "sinistra" borghese astenendosi, disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco.
Il socialismo non è solo l'unica società in grado di dare benessere, giustizia sociale e pace al nostro popolo, ma dalla sua conquista dipende anche l'emancipazione femminile e la realizzazione di una effettiva parità fra i sessi in campo economico, sociale, politico, culturale e familiare.

"Dio, patria e famiglia"
Il governo del neoduce Berlusconi è stato il peggior governo dopo quello di Mussolini. Con questo governo è stato pienamente restaurato il fascismo, sotto nuove forme, nuovi metodi e nuovi vessilli, in politica interna ed estera nei campi istituzionale, costituzionale, della giustizia, sociale e culturale.
La triade mussoliniana "dio, patria e famiglia" sono stati ripristinati con la sollecitazione e l'appoggio della Chiesa cattolica e dei papi Wojtyla, prima, e Ratzinger, dopo, il supporto determinante del presidente della repubblica Vittorio Emanuele Ciampi e l'ignavia e l'omologazione della "sinistra" borghese.
Lo Stato italiano, già fortemente condizionato e umiliato da un concordato anacronistico e inammissibile, è stato trasformato in uno Stato confessionale.
I dogmi, la morale, l'etica, la dottrina sociale della Chiesa cattolica sono posti come i "valori" fondanti dell'Italia, delle sue leggi, della sua politica interna e internazionale.
La Chiesa cattolica italiana ormai spadroneggia indisturbata negli affari interni del nostro Paese. In pochi anni ha ottenuto dallo Stato e dal parlamento nero una serie di regali economici e politici e fra tutti una legge sulla fecondazione assistita riduttiva e medioevale che fissa arbitrariamente l'inizio della vita umana al "concepimento" e imprigiona la ricerca e la sperimentazione scientifica alle catene dell'oscurantismo e del dogmatismo cattolici.
La Conferenza episcopale italiana di Ruini è intervenuta in prima persona per sabotare il referendum sulla fecondazione assistita, attaccare i Patti civili di solidarietà (Pacs), l'aborto e la pillola abortiva RU 486 e ribadire che l'unica famiglia che può essere riconosciuta è quella naturale, fondata sul matrimonio consacrato e indissolubile fra un uomo e una donna.
La morale cattolica e antifemminile è tornata a dettar legge anche nei tribunali. È figlia di questa morale la sentenza della Terza sezione penale della Corte di cassazione che ha stabilito che "lo stupro su una minorenne è meno grave se la vittima ha già avuto rapporti sessuali" tornando così a giudicare la vittima più che l'aggressore e restaurando di fatto il principio che la violenza sessuale è un reato contro la morale e non contro la persona.
Sull'altare della patria è già stato sacrificato l'articolo 11 della Costituzione. Ha iniziato la "sinistra" borghese con la guerra alla Jugoslavia e ha proseguito la casa del fascio con le guerre di aggressione in Afghanistan e in Iraq e la teoria della difesa degli "interessi vitali" dell'Italia da garantire con i carri armati fuori dei confini nazionali.
Nel nome della "riconciliazione nazionale" e della "memoria condivisa" destra e "sinistra" borghese di comune accordo hanno fatto cadere la pregiudiziale antifascista, cancellata la gloriosa Resistenza e imposto il revisionismo storico in chiave anticomunista su tutta la storia recente. Emblematica la cerimonia in occasione della cosiddetta "giornata del ricordo" alla presenza del triunvirato Ciampi-Fini-Fassino dove sono state di nuovo attaccate violentemente le foibe e ignorati i crimini dei fascisti e dei nazisti. Un'operazione, quella contro le foibe, a cui si è ben prestato Bertinotti.
La famiglia è tornata ad essere l'architrave di tutta la politica sociale dell'Italia. Essa viene ormai considerata il fulcro dell'assistenza, dell'educazione e della formazione, l'ammortizzatore sociale per eccellenza, la camera di compensazione della mancanza di reddito, di case, di scuole e servizi, di una sanità pubblica sempre più svilita e squalificata.
Tutti i partiti del regime sostengono apertamente il familismo borghese e cattolico fondato su una concezione reazionaria, oscurantista e antifemminile della famiglia come cellula di base della società capitalistica, costituita sul matrimonio indissolubile e prolifico e che vede la donna come suo fulcro principale, impegnata in modo primario se non esclusivo a sobbarcarsi tutto il lavoro domestico, di servizio, di cura e assistenza, lontana ed emarginata dalla vita lavorativa, sociale, culturale e politica.
Un familismo di tipo mussoliniano che ha già prodotto lo smantellamento dello "Stato sociale" a vantaggio di una serie di misure e di leggi volte a istituzionalizzare, monetarizzare e favorire il lavoro familiare e domestico e a fare della famiglia l'unico soggetto dei diritti e delle prestazioni, l'unica responsabile dell'educazione e della formazione delle nuove generazioni date in pasto alle scuole private e confessionali.
La legge sulla fecondazione assistita, i continui attacchi alla legge 194 sull'aborto e ai consultori pubblici, le resistenze all'istituzione dei Pacs, sono la diretta conseguenza di questa politica familista che intende innanzitutto salvaguardare la concezione tradizionale della famiglia e farne un bastione per la conservazione e la trasmissione dei "valori" e della morale borghesi e cattolici ai giovani.

Il familismo domina i programmi della destra e della "sinistra" borghese
I programmi presentati dalle due coalizioni in lizza alle prossime elezioni politiche indicano chiaramente che chiunque prevarrà non vi sarà alcuna inversione di rotta. "Dio, patria e famiglia" è ormai il motto irrinunciabile sia della destra che della "sinistra" borghese.
Nel programma della casa del fascio si afferma che "Questo è il centro strategico del nostro disegno, tanto sul lato politico quanto sul lato economico, tanto in Italia quanto in Europa: la difesa dei valori religiosi e dei principi morali, la difesa della famiglia e delle nostre radici, l'impegno a rispettare la nostra civiltà da parte di chi entra, la difesa delle nostre fabbriche, del nostro lavoro e la valorizzazione del nostro ambiente". Il primo punto del programma è proprio la "famiglia": "La famiglia - si legge - intesa come comunità naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna, è al centro di molte misure già varate in questi anni e sarà il centro privilegiato del rapporto fiscale basato sul criterio del quoziente familiare". E annuncia tutta una serie di misure familiste quali il "Bonus bebè per favorire la natalità", la "creazione di un libretto vincolato per ogni nuovo nato" e il "sostegno alle famiglia per una effettiva libertà di scelta educativa tra scuola pubblica e scuola privata".
Il programma dell'Unione del tecnocrate borghese e democristiano Prodi sembra la fotocopia di quello della casa del fascio tanto che a quest'ultima non si contesta il contenuto ispiratore e nemmeno le proposte ma di fare solo "demagogia". "La famiglia è stata dimenticata dalla politica. La destra ha sempre avuto un approccio strumentalizzante. Tante parole e pochi, pochissimi fatti", è stato il commento di Prodi.
Fulcro della politica familista della "sinistra" borghese sta nell'espressione contenuta nel programma secondo cui l'Unione sostiene "il diritto di ogni persona a scegliere il proprio percorso di vita e il ruolo delle famiglie come un luogo di esercizio della solidarietà intergenerazionale, della cura e della tutela del benessere dei figli e degli affetti". Su questo nemmeno i "comunisti" Bertinotti, Diliberto e Cossutta hanno aperto bocca. Una famiglia tradizionale e borghese quella a cui Prodi si riferisce. Mentre generico è il programma sulla politica del lavoro per le donne alle quali, comunque, si vuole "favorire la conciliazione tra vita lavorativa e vita personale e familiare", ossia la conciliazione fra la schiavitù domestica e quella salariale, è completamente assente l'obiettivo dei Pacs e della cancellazione della legge 40 sulla fecondazione assistita.
La "nuova stagione" delle politiche sociali annunciate da Prodi si incentra proprio sulle politiche familiari. Ecco perché, presentando il programma a Napoli, Prodi ha annunciato che la prima misura del suo eventuale futuro governo sarà quella di assicurare ben 2.500 euro l'anno in modo universale ad ogni bambino che ha oggi meno di 3 anni fino al compimento del diciottesimo anno.
Una proposta che ha ricevuto l'immediato appoggio dei rinnegati dirigenti diessini e in primis di Livia Turco, responsabile delle politiche sociali della quercia, che su "l'Unità" del 25 febbraio ha sostenuto che Prodi "avanza proposte serie" ognuna "inserita in un quadro di valori: l'amore per il nostro Paese, la fiducia negli italiani, l'investimento sulle persone quale fattore di crescita e di sviluppo". "Noi - prosegue la Turco - siamo animati da un atteggiamento di amorevolezza concreta nei confronti delle famiglie, abbiamo fiducia nelle loro capacità morali, vogliamo sostenerle nei loro compiti di cura e vogliamo siano protagoniste della realizzazione del loro benessere e della coesione sociale". Patria e famiglia sono serviti e anche Ratzinger può essere contento.
In questo quadro appare quanto mai ipocrita oltreché falso lo slogan "Libere nella vita, libere nella politica e l'Italia cambia davvero" proposto dalle femministe candidate nelle liste del PRC, un partito che ha sottoscritto con convinzione il programma familista dell'Unione.
Oggi che vi è un nuovo fermento fra le masse femminili si tenta da parte dei rinnegati e dei trotzkisti di rilanciare il femminismo a livello di massa per continuare a deproletarizzare le loro coscienze con la teoria borghese della "differenza sessuale", fatta propria anche dalla destra del regime, ivi compresa AN. Una teoria e una pratica politica tutta interna al sistema capitalistico che ben si guarda dal denunciare come la causa di fondo della discriminazione e dell'oppressione economica, politica, morale e sociale delle donne e della loro subalternità familiare e maritale, attribuendone invece la responsabilità agli uomini e al "potere maschile".
La libertà personale e del sesso femminile è impossibile fermo restando il sistema capitalistico e tanto meno può diventare realtà partecipando e sostenendo le istituzioni rappresentantive borghesi in camicia nera. Si è libere culturalmente, moralmente e politicamente e si può cambiare davvero l'Italia solo se si combatte il regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista e i suoi governi; solo se si prende in pugno il proprio destino e si combatte per l'Italia unita, rossa e socialista.

Le rivendicazioni del PMLI
Noi marxisti-leninisti abbiamo tutta un'altra concezione del mondo, della lotta politica e della famiglia. Per noi la famiglia, indipendentemente dal numero e dal sesso di chi la compone, va considerata solo il luogo dei rapporti interpersonali e di affetto. L'attuale famiglia boghese è destinata ad essere superata e abbattuta da altre forme di famiglia più avanzate e progressiste.
Comprendiamo che le famiglie oggi si sobbarcano immensi sacrifici e fatiche. Ma il problema non può essere risolto remunerando la loro schiavitù e dirottando le risorse economiche pubbliche dai servizi alla famiglia.
Noi ci battiamo per i diritti universali e collettivi dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati, delle donne, dei giovani, dei migranti e crediamo che debba essere lo Stato a garantire i loro bisogni economici, sociali, abitativi, assistenziali e culturali e non la famiglia.
In particolare noi vogliamo strappare le masse femminili alla schiavitù domestica e alla prigione della famiglia borghese e per far questo occorre impugnare con forza le due grandi battaglie strategiche per il lavoro e la socializzazione del lavoro domestico. Queste due battaglie sono le leve principali dell'emancipazione femminile. Ciò significa innanzitutto e nell'immediato battersi per un'occupzione stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato per tutte le donne e per imporre la costruzione di una fitta rete di servizi sociali, sanitari e scolastici pubblici in tutto il territorio nazionale, a partire dal Mezzogiorno.
Per difendere i diritti acquisiti e dare un colpo al familismo mussoliniano occorre batterci per la piena parità tra donne e uomini in campo politico, sociale, sindacale, professionale e familiare, i diritti civili e i pacs, l'abolizione del Concordato, l'abolizione della legge 40 sulla fecondazione assistita, la difesa della 194, il rifinanziamento e la riqualificazione dei consultori pubblici che devono essere chiusi alle nere truppe del "Movimento per la vita".
Le prossime elezioni politiche offrono alle masse femminili sfruttate e oppresse che aspirano all'emancipazione e al socialismo un'occasione per punire il governo del neoduce Berlusconi e la Casa del fascio, ma anche l'Unione della "sinistra" borghese attraverso l'astensionismo.
Noi marxisti-leninisti vogliamo che l'astensionismo - come afferma il Documento dell'Ufficio politico del 19 febbraio - "sia concepito e utilizzato come un voto cosciente dato al PMLI e al socialismo. Quindi invitiamo l'elettorato di sinistra fautore del socialismo a non dare alcun voto ai partiti dell'Unione della 'sinistra' borghese e a riversare i propri voti attraverso l'astensionismo sul Partito a cui spettano legittimamente, ossia il PMLI". "All'elettorato di sinistra fautore del socialismo - continua - non chiediamo solo il voto di astensione contro il regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista, contro i governi della destra e della 'sinistra' borghese, per l'Italia unita, rossa e socialista, ma anche di creare ovunque le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta".

L'origine dell'8 Marzo
Il 24 febbraio di quest'anno 65 operai, in maggioranza donne, della Kts Textile Mills di Chittagong, in Bangladesh, sono morti nel rogo della propria fabbrica dove erano stati chiusi a chiave dal padrone per impedire che qualcuno lasciasse il lavoro. Dopo quasi un secolo la storia dell'8 Marzo si è dunque ripetuta.
Allora, nel 1908, a morire furono 129 operaie della Cotton di New York nell'incendio della fabbrica in cui il padrone le aveva rinchiuse per rappresaglia.
Nel loro ricordo, nel 1910, la seconda Conferenza delle donne socialiste (ancora non era avvenuta la scissione fra marxiste-leniniste e socialdemocratiche) decise su proposte delle marxiste-leniniste russe ispirate da Lenin, l'istituzione di una giornata internazionale delle donne da celebrare in una domenica di febbraio e marzo di ogni anno. Nel 1921 la Conferenza delle donne comuniste (oggi si direbbe marxiste-leniniste) decise che questa giornata fosse celebrata in tutto il mondo nella data dell'8 Marzo legandola alla prima manifestazione delle operaie di Pietrogrado contro lo zarismo nel 1917, preludio della grande Rivoluzione d'Ottobre.
Quella giornata fu istituita perché tragedie come quella di New York e di Chittagong non si ripetessero più, perché le operaie e le masse femminili potessero dichiarare al mondo che volevano lottare per i propri diritti e la propria emancipazione legandola indissolubilmente alla lotta di classe e alla lotta per il socialismo. La storia dimostra che la necessità di quella giornata è oggi più che mai valida e attuale in Italia e nel mondo. Perché la storia dell'8 Marzo si è ripetuta e si ripeterà sempre finché esisterà il capitalismo e l'imperialismo sulla faccia della terra.
Alle proletarie e alle ragazze rivoluzionarie spetta in primo luogo il compito di essere fedeli allo spirito originale dell'8 Marzo, a rinverdirne la memoria, a lavorare per ricreare nelle masse femminili una coscienza e una mentalità proletarie rivoluzionarie e a riaprire in Italia la strada dell'emancipazione e del socialismo. Nell'immediato noi chiediamo loro di unire le loro forze alle nostre nella battaglia elettorale astensionista.
Buon 8 Marzo care militanti e simpatizzanti del Partito che tanto vi sacrificate per tenere alta la bandiera dell'emancipazione femminile e del socialismo e per fare grande, forte e radicato il nostro amato Partito.
Buon 8 Marzo operaie, pensionate, disoccupate, precarie, studentesse, migranti che tanto soffrite la barbarie del capitalismo e dell'imperialismo e tanto vi battete nelle fabbriche, nelle scuole, nelle Università e nelle piazze per difendere i vostri diritti e per la giustizia e il progresso sociale.
Viva l'8 Marzo!
Viva l'emancipazione delle donne!
Viva l'Italia unita, rossa e socialista!
Con i maestri e il PMLI vinceremo!
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Responsabile della Commissione per il lavoro femminile del CC del PMLI

1 marzo 2006