Viva il 1° Maggio
l'emancipazione del proletariato e la lotta contro il capitalismo per il socialismo

Documento della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI
Viva il 1° Maggio, Giornata internazionale dei lavoratori!
Viva le lotte dei lavoratori e dei popoli di tutto il mondo che stanno combattendo contro le conseguenze della crisi capitalistica sia in Italia che in tutto il pianeta: in Grecia, a Cipro, in Spagna, in Bulgaria, negli Usa e anche in quei Paesi che momentaneamente sono in crescita, una crescita costruita sullo sfruttamento capitalistico, come nella Cina socialimperialista.
Buon 1° Maggio alle lavoratrici e ai lavoratori italiani, da quelli dell'Ilva di Taranto a quelli della Fiat fino a quelli delle piccole e piccolissime aziende, che devono fare i conti con la macelleria sociale del governo nazionale e dell'Unione Europea (UE), con l'attacco ai diritti e ai salari da parte dei padroni e la chiusura di migliaia di fabbriche.

Il 1° Maggio
Il 1° Maggio è una giornata di lotta. Nonostante i socialdemocratici, i revisionisti e i riformisti, in particolare negli ultimi decenni, abbiano cercato di caratterizzarlo come festa interclassista, il 1° Maggio è una ricorrenza di lotta, strettamente legata all'emancipazione del proletariato. Il 1° Maggio fu istituito alla fine dell'800 in seguito alle lotte partite dai lavoratori americani e poi estesesi all'Europa che chiedevano di lavorare 8 ore al giorno quando non esisteva nessun tipo di regola e la giornata lavorativa andava dalle 10 alle 14 ore per sei o sette giorni a settimana. La Prima Internazionale rilanciò la rivendicazione delle 8 ore in tutto il mondo e fu la Seconda internazionale ad ufficializzare questa data come Giornata Internazionale dei lavoratori.
Specialmente in certi contesti storici, il 1° Maggio è stato tutt'altro che una scampagnata; più volte la borghesia ha fatto sparare sugli operai: in questa data negli Usa sono morti decine di lavoratori assassinati dalle "forze dell'ordine" solo perché rivendicavano i loro diritti, lo stesso è accaduto in Europa. In Italia l'episodio più tristemente famoso è la strage di Portella della Ginestra in Sicilia, nel 1947, dove il bandito Salvatore Giuliano e i suoi uomini, armati dalla mafia, dai latifondisti e dalla borghesia, e segretamente in contatto coi servizi segreti americani, trucidarono 11 lavoratori e ne ferirono tanti altri.
Il 1° Maggio non piace alla borghesia e ai reazionari perché mette in primo piano le rivendicazioni delle masse operaie, lavoratrici, disoccupate, precarie e pensionate. Con lo sviluppo del movimento comunista e operaio e dei partiti operai era diventato il simbolo della lotta contro il capitalismo e per il socialismo. È per questo che il fascismo, durante il ventennio in cui è stato al potere in Italia, ha abolito questa ricorrenza, ed è stato possibile rilanciarlo di nuovo apertamente solo dopo la Liberazione dal nazi-fascismo. Ed ecco perché il Pdl e il neoduce Berlusconi quando erano al governo hanno cercato di cancellare il 1° Maggio, assieme al 25 Aprile. Chiunque manifesti questa intenzione, ma anche chi snatura il 1° Maggio, automaticamente si allinea con la dittatura mussoliniana.

L'attuale crisi capitalistica
Dobbiamo continuare a tenere ben alta la bandiera rossa del 1° Maggio, tanto più in questo 2013. Siamo di fronte a una devastante crisi economica e finanziaria capitalistica che imperversa oramai da 5 anni senza che ci siano segnali che facciano pensare al suo superamento. Scoppiata negli Usa nel 2008 in breve tempo è dilagata in tutti i continenti richiamando alla memoria quella del 1929 ma, a causa della sua lunga durata, con effetti ancor più drammatici. In questo quinquennio i disoccupati nel mondo sono aumentati di 28 milioni di unità a cui ne vanno aggiunte altri 39 milioni che non cercano più lavoro perché scoraggiate. Una tendenza che le stime prevedono durerà almeno altri 5 anni portando la disoccupazione mondiale dagli attuali 200 a 210 milioni. Larghissima è la disoccupazione giovanile.
Quest'ultima in Italia ha numeri impressionanti. I giovani fino a 24 anni sono disoccupati per il 38,7%, nel Mezzogiorno si arriva al 46,7 per gli uomini e il 56,1 per le donne. In totale i disoccupati a inizio 2013 (dati Istat) hanno raggiunto l'impressionante record storico di tre milioni, cifra comunque al ribasso perché bastano poche settimane di lavoro in un anno per essere considerati "occupati". I dati italiani sono quelli più negativi tra le maggiori economie europee. Poi c'è il dilagare del precariato che in poco tempo ha fatto balzare l'Italia ai primi posti per l'uso di contratti a tempo determinato e par-time che rappresentano la stragrande maggioranza delle nuove assunzioni. In totale il precariato in Italia coinvolge 4 milioni di lavoratrici e lavoratori.
A questi dati drammatici bisogna aggiungere il taglio netto ai salari, ai servizi e agli "ammortizzatori sociali" che completano il quadro e dimostrano in modo inoppugnabile come i costi della crisi capitalistica siano stati scaricati interamente sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari. Blocco dei salari degli statali e delle pensioni, contratti che non compensano il costo della vita, aumento di tariffe e prezzi, tagli alla spesa sanitaria, scolastica (ma non quella privata), delle infrastrutture di base (ma non dei mega progetti), nuove tasse, aumento dell'Iva. Tutto questo ha provocato l'impoverimento dei ceti medio bassi. I poveri in Italia sono 11 milioni e mezzo. Altro che "ripresa e uscita dal tunnel"!
Il governo del tecnocrate liberista borghese Monti, sostenuto da Pd, Pdl, Udc e Fli, ha fortemente contribuito a questo immiserimento: innalzamento dell'età pensionabile, l'introduzione dell'Imu e del pareggio di bilancio, tagli, privatizzazioni. La conclusione è che questa politica di rigore, di lacrime e sangue e di macelleria sociale, ha creato la peggiore crisi recessiva che si ricordi. Gli operai e i lavoratori dipendenti devono subire una pressione fiscale fortissima. Stipendi a livello greco, famiglie operaie costrette a condurre una vita di stenti con salari di mille euro al mese. Dall'altra parte rimangono intoccabili le rendite e i grandi patrimoni e l'evasione fiscale è scandalosa.

La situazione politica
Tutti i politicanti borghesi a parole si dicono preoccupati delle condizioni di vita degli italiani ma lo loro unica preoccupazione è mantenere in piedi il capitalismo. Le ultime elezioni hanno certificato ancora una volta il distacco delle masse dalle istituzioni e dai partiti tradizionali. Nonostante le nuove liste, e in particolare il Movimento 5 Stelle (M5S) di Grillo, abbiano frenato una crescita impetuosa dell'astensionismo, ben 13 milioni di elettori, pari al 27,5% hanno disertato le urne, votato scheda bianca o nulla. Il totale degli astenuti è aumentato del 5%. Hanno perso valanghe di voti Pdl, Pd e Lega Nord. La lista Monti ha fagocitato l'Udc e Fli mentre i partiti falsi comunisti a rimorchio del magistrato Ingroia sono rimasti inghiottiti dalla palude del parlamentarismo.
Il nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano, che va avanti con azioni golpiste istituzionali e con procedure presidenzialiste anticostituzionali, che non ha mai ostacolato il neoduce Berlusconi, forte della sua rielezione al Quirinale, ora si accinge a formare un governo che vada bene al Pd, al Pdl e a Scelta civica di Monti, che continuerà sulla strada del rigore percorsa dal governo uscente.
Data questa situazione il comportamento dei vertici sindacali è inaccettabile. Cisl e Uil tifano per l'inciucio Pd-Pdl e se ne infischiano delle condizioni drammatiche in cui si trovano i lavoratori. Addirittura Bonanni e Angeletti vorrebbero manifestare assieme alla Confindustria per chiedere al nuovo governo più soldi per i padroni, anche la Camusso è favorevole a un "patto dei produttori" con la Confindustria, che invece va respinto. Questo comportamento della Cgil è del tutto errato, cosa si aspetta ancora a mobilitare i lavoratori e le masse per chiedere misure urgenti per l'occupazione, i salari e le pensioni? In piazza ci devono stare i lavoratori e non i padroni!

La società della classe operaia è quella socialista
Di fronte alla crisi del capitalismo e della classe dominante borghese cosa devono fare la classe operaia, le masse popolari e i giovani? Intanto bisogna essere consapevoli che chiunque vada al governo agirà in piena continuità con i governi precedenti. A partire dal rispetto dei parametri imposti dalla BCE e dalla UE, in particolare sul debito pubblico che dovrà rimanere sotto il 3% del prodotto interno lordo, sui tagli alla spesa pubblica, sul cuneo fiscale puntato sui redditi da lavoro dipendente. Questa politica di lacrime e sangue (ma non per i capitalisti e i ricchi) ha causato nel 2012 oltre un milione di licenziamenti, e la disoccupazione non potrà che aumentare. Per le masse quindi continuare a lottare per i propri interessi e bisogni e i propri diritti è inderogabile. La difesa del posto di lavoro, del contratto nazionale, della pensione pubblica e della cassa integrazione in deroga, nonché la lotta per il lavoro sono questioni prioritarie e le lotte dovranno svilupparsi in tutta Italia. Importante la partecipazione alla manifestazione dei metalmeccanici promossa dalla Fiom il 18 maggio a Roma proprio su questi temi. Non siamo però d'accordo con Landini sul "reddito di cittadinanza", rilanciato dal M5S. Esso è solo una elemosina della classe dominante borghese che va a sostituire il taglio alla spesa sociale e il diritto al lavoro tutelato, e obbliga i beneficiari ad accettare qualsiasi occupazione precaria, sottopagata e senza diritti. Rivolgiamo un appello accorato ai sindacati, alle lavoratrici e ai lavoratori, ai precari, ai disoccupati, ai pensionati, ai movimenti sociali, alle forze politiche di unirsi, di creare un movimento unitario per la piena occupazione.
Ma tutto questo non basta! Perché il capitalismo e il suo governo non potranno mai soddisfare le esigenze della classe operaia, dei lavoratori, delle masse popolari e dei giovani in quanto, per sua stessa natura, il capitalismo è fondato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, sul raggiungimento del massimo profitto. È vero che ci sono leggi che lo "regolano" ma queste non ne cambiano la sostanza. Anzi, abbiamo visto che certi diritti e tutele, acquisiti in decenni di lotte anche sanguinose, quando la borghesia vede che le sono d'intralcio e incontra poca resistenza, vengono sistematicamente eliminati facendo tornare indietro le condizioni di vita del popolo.
Non ci sono alternative: o capitalismo o socialismo. Tutti i partiti politici che hanno presentato liste alle ultime elezioni sostengono il sistema capitalistico e non fa certo eccezione il M5S. Questo movimento trasversale e interclassista ha raccolto un malcontento diffuso, che cavalca per non farlo uscire dai confini costituzionali e istituzionali borghesi e capitalisti. Guidato da due milionari come Grillo e Casaleggio, non propone niente di anticapitalista ma anzi, per sua stessa ammissione, è un puntello del capitalismo. Il PMLI propone invece il socialismo, quello autentico ideato da Marx ed Engels e messo in pratica da Lenin, Stalin e Mao, che non ha niente a che spartire con il "socialismo del XXI secolo" o con "terze vie" varie che hanno solo lo scopo, destinato al fallimento, di dare un volto più umano al capitalismo.
Questa crisi economica e finanziaria ha dimostrato ancora una volta che il capitalismo non è la società della libertà e del benessere bensì dell'oppressione, dello sfruttamento e della miseria. È il socialismo la società dell'avvenire, dei lavoratori, del popolo, della giustizia, e non il contrario come ci vorrebbero far credere i politicanti, gli storici, gli economisti e i filosofi borghesi, anche quelli con l'etichetta di sinistra, come Stefano Rodotà, apologeta della Costituzione e delle istituzioni borghesi e capitalistiche. La conquista del socialismo e del potere politico da parte del proletariato è la madre di tutte le questioni! Solo con il socialismo si creano tutte le condizioni favorevoli affinché la classe operaia eserciti realmente il suo potere politico ed economico.
Per realizzare questo grande obiettivo storico, però la classe operaia da classe in sé deve diventare classe per sé, consapevole del ruolo storico che le spetta: ossia essere la classe che seppellisce il capitalismo e instaura il socialismo. Un processo di acquisizione della coscienza e della cultura rivoluzionarie lungo e difficile, che per colpa dei revisionisti e dei riformisti ha subito delle gravi battute di arresto, ma che non si può fermare perché le contraddizioni tra capitale e lavoro, tra proletariato e borghesia, tra sfruttatori e sfruttati non sono svanite, ma anzi si sono acuite. Bisogna avere fiducia nella classe operaia e nelle masse, prima o poi il socialismo ritornerà di moda.
Il Partito marxista-leninista italiano lotta per il socialismo fin dalla sua nascita, nel 1977. Tanto più in fretta crescerà, più militanti, in particolare operaie e operai, ragazze e ragazzi rivoluzionari, avrà nelle sue file, più le lotte dei lavoratori e delle masse popolari italiane saranno indirizzate contro il capitalismo e per il socialismo. Le anticapitaliste e gli anticapitalisti, le rivoluzionarie e i rivoluzionari, quelli che vogliono cambiare radicalmente la società nei fatti e non solo a parole, hanno il dovere di dare tutto il loro appoggio ed energie al PMLI, meglio come militanti, ma anche come simpatizzanti e sostenitori.
Viva il 1° Maggio!
Viva il socialismo!
Viva la classe operaia e i lavoratori!
Lottiamo per cambiare davvero l'Italia!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

La Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

Firenze, 22 aprile 2013