Prendiamo esempio dall'eroica rivolta popolare che 60 anni fa ci liberò, prima grande città in Europa, dal mostro nazifascista
Viva le Quattro giornate di Napoli!
L'antifascismo vive oggi nella lotta per buttare giù il governo del neoduce Berlusconi e contro le istituzioni locali in camicia nera
Redazione di Napoli
In occasione del 60° anniversario delle gloriose Quattro Giornate di Napoli la Cellula "Vesuvio Rosso" di Napoli del Partito marxista-leninista italiano ha emesso un comunicato stampa nel quale rende solenne omaggio al coraggio e all'eroismo delle masse antifasciste partenopee che tra il 28 settembre e il 1° ottobre 1943 diedero vita a una grandiosa rivolta che vide uomini, donne, giovani e giovanissimi con in testa gli "scugnizzi" dei quartieri popolari, insorgere contro gli occupanti nazisti e i loro servi aguzzini in camicia nera, facendo di Napoli la prima città d'Europa liberata dalla belva nazifascista e dando così un grosso impulso allo scoppio della guerra di liberazione nel resto d'Italia.
Dopo la firma dell'armistizio con gli angloamericani avvenuta l'8 settembre dello stesso anno. L'esercito di Hitler, con l'appoggio determinante delle milizie fasciste trasformò l'Italia e Napoli in un immenso campo di concentramento e a partire dal 12 settembre, sotto il comando del feroce colonnello Helmut Scholl mise a ferro e fuoco la città partenopea con saccheggi, distruzioni, fucilazioni, eccidi e umiliazioni contro le popolazioni inermi costrette persino ad assistere terrorizzate agli eccidi, come accadde al Corso Umberto e in via Sedile di Porto, dove i nazifascisti fucilarono 8 soldati che avevano difeso Castel dell'Ovo e 7 marinai tra i quali uno venne spinto tra le fiamme prima di essere ucciso a mitragliate. Dopo aver assistito a questa mattanza la popolazione fu costretta sotto la minaccia dei mitra spianati a inneggiare a Hitler e Mussolini.
Dal 20 settembre iniziarono i rastrellamenti di massa, casa per casa e le deportazioni di circa 18mila abitanti prima nei campi di internamento italiani, come quello di Sparanise (Caserta) e poi in Germania. Un'altra dimostrazione della loro barbarie, le belve nazifasciste del colonnello Scholl la diedero all'alba del 24 settembre, quando costrinsero circa 200mila abitanti della zona del lungomare a lasciare le proprie case e i propri beni, minandola per una profondità di 300 metri allo scopo di farla saltare.
La rivolta iniziò all'alba del 28 settembre a seguito dei rastrellamenti e delle rappresaglie iniziati dopo la mancata risposta all'appello emanato tre giorni prima mediante un'ordinanza del prefetto Soprano che obbligava circa 30mila giovani a presentarsi ai centri di raccolta per il lavoro obbligatorio da cui dovevano essere deportati in Germania. Di quei 30mila giovani se ne presentarono solo 150.
I primi scontri armati si verificarono nella zona del Vomero e nei giorni seguenti tutto intorno al campo di concentramento del "campo littorio" del Collana dove venivano rinchiusi gli ostaggi, poi via via la battaglia si estese in tutta la città, a cominciare dalla zona di Capodimonte e della Sanità, dove un gruppo di partigiani riuscì a sventare il tentativo di far saltare l'acquedotto da parte dei nazifascisti. Proprio nella zona di Capodimonte perse la vita dilaniato da un colpo di carro armato accanto alla sua mitragliatrice lo "scugnizzo" Gennaro Capuozzo, 12 anni, appostato sul tetto del convento delle filippine in via S.Teresa.
Intanto nelle altre zone del centro, Museo, via Foria, via Roma, via Chiaia fino alla collina di Posillipo, la rivolta popolare era ormai esplosa, ovunque si innalzavano barricate, in particolar modo nel percorso che andava dal museo fino a via Roma si verificò una delle battaglie che vide da una parte i carri armati nazisti "tigre" e dall'altra i partigiani armati solo di fucili e bottiglie incendiarie, ma l'eroismo e il coraggio di chi combatteva per la propria libertà e per la propria indipendenza ebbero la meglio sugli oppressori, tanto che i carri armati tedeschi furono costretti ad interrompere la propria avanzata.
In questa battaglia persero la vita Pasquale Formisano di 17 anni, Filippo Illuminato di 13 anni e Mario Mencini di 19 anni; altri tre giovanissimi "scugnizzi" che insieme ai dodicenni Vincenzo Baiano e Antonio Garofalo, ai giovani Vincenzo Palumbo e Adolfo Pansini, sacrificarono la propria vita nella lotta contro la belva nazifascista. Nella ritirata i tedeschi sterminarono intere famiglie, come avvenne alla masseria Pezzalonga in via Case Puntellate alla Pigna, dove venne trucidata e sgozzata un'intera famiglia di 9 persone.
Assieme al contributo dato dai giovani, va ricordato quello delle donne impegnate spesso in prima linea oltre che nella distribuzione di rifornimenti e messaggi per coordinare l'insurrezione.
Alla faccia di quanti, a destra e a "sinistra" tentano di negare la verità storica di quei giorni affermando che il popolo napoletano e italiano si liberò dal giogo nazifascista solo grazie all'intervento degli angloamericani, è bene ricordare che le truppe americane, attestate sui Monti Lattari fino al 29 settembre ad attendere gli eventi, fecero il loro ingresso a Napoli quando le armate hitleriane avevano già lasciato la città.
Per questo esempio di eroismo dato dal nostro amato popolo, con un tributo di sangue di oltre 300 morti e migliaia di feriti, la città di Napoli venne insignita della Medaglia d'Oro per la Resistenza cosiccome furono insigniti gli "scugnizzi" morti in battaglia per un totale di 5 medaglie d'oro, 6 d'argento e 3 di bronzo.
Purtroppo la fase politica attuale caratterizzata dall'instaurazione della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista vede le istituzioni locali in camicia nera, con in testa la neopodestà Iervolino, offendere la memoria antifascista della nostra città con atti di vera e propria riabilitazione della dittatura fascista mussoliniana, ispiratrice, artefice e complice dei crimini e delle stragi attuate in tutta Europa dalle orde hitleriane. Tra gli altri ricordiamo la scritta risalente al ventennio fascista fatta ricomparire all'esterno della Posta centrale dopo i lavori di restauro, la libertà di "manifestare" per le strade concessa ai nazifascisti di "Forza nuova", gli incontri con gli eredi di Casa Savoia, artefici principali della salita al potere del fascismo e infine l'avallo alla proposta di AN di intitolare una strada o una piazza al fucilatore di partigiani Giorgio Almirante, definito dalla Iervolino "un grande uomo politico".
Noi marxisti-leninisti non ci stancheremo mai di appellarci alle masse lavoratrici e popolari, alle donne, ai giovani, a tutti i sinceri democratici e antifascisti conseguenti affinché prendano esempio dall'eroismo delle "Quattro Giornate" e uniscano le forze per buttare giù il governo del neoduce Berlusconi, che ha ormai gettato la maschera affermando vergognosamente che "Mussolini mandava i suoi oppositori al confino in vacanza" e impedirgli il completamento del suo programma piduista della completa restaurazione del fascismo sotto nuove forme, con nuovi metodi e nuovi vessilli, prima che sia troppo tardi!