8 MARZO ED EMANCIPAZIONE DELLA DONNA
Lavoro, socializzazione del lavoro domestico, socialismo
Con orgoglio ed entusiasmo i
marxisti-leninisti italiani celebrano in modo militante l'8 Marzo ispirandosi al grande
ideale dell'emancipazione della donna. è dentro questo ideale che vanno ricercate le
radici, il vero significato e la forza della giornata internazionale della donna.
L'8 Marzo è nato per diffondere e sostenere nel mondo intero la linea e l'obiettivo
dell'emancipazione della donna e con questo spirito proletario rivoluzionario è stato
celebrato per decenni prima che i riformisti, i revisionisti, le femministe e i falsi
comunisti riuscissero gradualmente a trasformarlo in un appuntamento interclassista,
deideologizzato, deproletarizzato e decomunistizzato.
L'8 Marzo celebra la lotta delle proletarie e delle masse femminili sfruttate e oppresse
del mondo intero contro il capitalismo e l'imperialismo per la parità fra i sessi e
l'emancipazione. Questa data è stata voluta e difesa dai marxisti-leninisti ed è un
patrimonio irrinunciabile del proletariato rivoluzionario e del suo Partito.
Le origini dell'8 Marzo
La giornata internazionale della
donna fu istituita nel 1910 dalla Conferenza delle donne socialiste di Copenaghen per
ricordare il martirio delle 129 operaie della Cotton di New York morte due anni prima
nell'incendio della fabbrica in cui il padrone le aveva rinchiuse. A promuoverla furono le
marxiste-leniniste russe ed europee ispirate da Lenin e non la corrente riformista e
socialdemocratica contro la quale già imperversava la lotta che porterà poi alla
scissione del 1919 e alla costituzione della Terza Internazionale. A scegliere di
celebrare questa giornata ogni anno, proprio l'8 Marzo, fu la Conferenza internazionale
delle donne comuniste del '21 per ricordare la grande manifestazione di massa delle donne
di Pietrogrado - dell'8 Marzo 1917 - che dette il via alla rivoluzione di febbraio, tappa
e preludio della Grande Rivoluzione d'Ottobre.
Da allora e per lungo tempo le masse femminili hanno celebrato l'8 Marzo ispirandosi
direttamente all'Urss di Lenin e Stalin, e in seguito, specie nel '68, alla Cina di Mao.
La dittatura del proletariato in questi due paesi aveva infatti realizzato per le donne
ciò che nessuna repubblica borghese era mai riuscita a compiere.
L'attuale situazione
Gradatamente però, per colpa
dell'egemonia e dell'influenza della direzione revisionista, riformista, femminista e
borghese del PCI, le masse hanno perso la coscienza di classe della storia e il
significato e il valore dell'8 Marzo.
In conseguenza di ciò da alcuni decenni il processo di emancipazione femminile nel nostro
Paese segna il passo e perde terreno e il movimento di massa delle donne è rifluito e si
è completamente disgregato.
La classe dominante borghese in camicia nera, forte dell'omologazione borghese, cattolica
e neofascista dei falsi comunisti, ha cancellato o sta per cancellare tutte le conquiste
ottenute dalle donne con anni e anni di sacrifici e lotte.
La disoccupazione femminile cresce inesorabilmente, specie fra le ragazze e al Sud, mentre
le lavoratrici non hanno più alcuna tutela. Le donne sono le prime ad essere licenziate,
la parità nelle assunzioni è stata vanificata dalla reintroduzione su vasta scala della
chiamata nominativa. A loro sono riservati i lavori precari, a tempo determinato,
part-time, stagionali. Persino il divieto di lavoro notturno per le donne strappato nel
1977 con la legge 903 sulla parità donna-uomo nel lavoro, è stato recentemente
cancellato, complice una direttiva dell'Unione europea a cui l'Italia si è ben volentieri
adeguata.
L'età pensionabile è già stata innalzata a 60 anni e sarà poi parificata a 65 anni
anche per le donne. Le pensioni sociali e di reversibilità, che riguardano in stragrande
maggioranza le donne, sono state selvaggiamente tagliate attraverso l'introduzione del
cumulo dei redditi familiari. I servizi sociali, sanitari e assistenziali da sempre
insufficienti sono già stati in larga misura privatizzati e resi inaccessibili da esose
tariffe che saranno ulteriormente inasprite dall'introduzione definitiva del
"riccometro" che presto sarà esteso a tutte le prestazioni sociali.
Il governo di destra del rinnegato D'Alema, di Gladio e della controriforma costituzionale
sta introducendo nello Stato i dogmi del papa e della chiesa cattolica sulla famiglia, la
maternità, l'embrione e l'aborto. Ne sono una clamorosa dimostrazione la discussione e il
voto della Camera che, con l'avallo del presidente del consiglio, ha bocciato la
fecondazione assistita "eterologa" e per le coppie di fatto, e ha introdotto per
la prima volta nel diritto borghese italiano il principio del diritto giuridico del
"concepito" e non più solo del nascituro ponendo le basi per una revisione
restrittiva della legge sull'aborto e un serio veto alla ricerca e alla sperimentazione
scientifica sugli embrioni.
Un vero e proprio ritorno al Medioevo a cui si ispira anche la recente sentenza della
Cassazione che ha annullato la condanna di uno stupratore con l'inverosimile motivazione
che non avrebbe potuto sfilare i jeans alla sua vittima se questa si fosse veramente
opposta. Quasi in contemporanea, a Milano, il consiglio comunale ha deliberato un
incentivo economico per le donne povere che rinunciano ad abortire.
Espressione di questo stesso orientamento ideologico, morale e politico è la politica
sociale familista da sempre bandiera della destra cattolica democristiana e fascista, già
praticata da Prodi e oggi impugnata con ancor più forza dal governo D'Alema. Questa
politica risponde infatti alle attuali esigenze del capitalismo il quale ha bisogno che
sia ridotta al minimo la spesa pubblica, per arraffare più finanziamenti dello Stato, e
che siano privatizzati tutti i servizi sociali e i servizi pubblici.
La politica sociale familista pone la famiglia, fondata sul matrimonio possibilmente
cattolico e strettamente eterosessuale, come soggetto principale dei diritti economici e
sociali al posto delle masse lavoratrici, femminili e popolari. Con ciò scarica sulla
famiglia, e quindi sulle donne, tutto il peso dei servizi sociali, assistenziali e
sanitari.
In base a questi criteri la legge finanziaria '99 introduce i sussidi, di mussoliniana
memoria, alla maternità e alle famiglie numerose e povere. Un'elemosina che certo non
compensa la perdita di diritti sociali e assistenziali universali e gratuiti per tutti.
Gli assegni di maternità e di famiglia, nel quadro dell'odioso e reazionario "patto
sociale" e della "politica dei redditi", saranno posti a carico della
fiscalità generale e non più di quella aziendale. Fra breve, su proposta della ministra
diessina alla solidarietà sociale Livia Turco, il parlamento dovrà approvare leggi sul
sostegno alla maternità e sui congedi parentali - già definite le prime leggi organiche
sulla famiglia - e una controriforma globale degli asili nido di stampo privatistico e
familistico.
Bisogna quindi lanciare una grande controffensiva ideologica, culturale e politica contro
questa concezione reazionaria e clericale del mondo, della famiglia e della donna e contro
le misure governative che da essa derivano.
Per far questo occorre che le masse tornino ad impugnare con forza la strategia globale e
vincente dell'emancipazione della donna, così come è stata elaborata e attuata dai
grandi maestri del proletariato internazionale Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao e come è
stata ripresa, sviluppata e applicata in Italia dal PMLI.
Le
due grandi battaglie
Noi proponiamo alle donne
sfruttate e oppresse di andare al nocciolo del problema impugnando le due leve principali
della strategia dell'emancipazione della donna: quella della lotta per il lavoro a tutte
le donne e quella per la socializzazione del lavoro domestico.
Sono queste le due grandi battaglie capaci di mettere completamente in discussione il
ruolo subal-terno ed emarginato che il sistema capitalistico, il governo e il papa
assegnano alle donne. Queste due grandi battaglie hanno una grande importanza sia per la
presa di coscienza del problema da parte delle donne e la rivoluzionarizzazione del loro
modo di pensare e concepire il proprio ruolo e la propria esistenza, sia per il terremoto
politico e sociale che oggettivamente possono suscitare nei rapporti fra i sessi,
all'interno della famiglia e dell'intera società. Attraverso queste due grandi battaglie
è possibile infliggere dei colpi durissimi alla classe dominante borghese e al suo
sistema economico e politico, alla sua organizzazione sociale e alla sua sovrastruttura
ideologica e morale e dare quindi un grande contributo alla complessiva lotta di classe
anticapitalista e per il socialismo.
In questo quadro rivendichiamo la costruzione di una fitta rete di servizi sociali
pubblici a basso costo su tutto il territorio nazionale, specie nel Mezzogiorno, e
autogestiti dalle masse stesse. Un'attenzione particolare deve essere rivolta ai servizi
per l'infanzia, gli anziani e gli handicappati come asili, scuole materne, refezioni
scolastiche, centri estivi e per l'orario extrascolastico, assistenza domiciliare per
persone non autosufficienti, centri di riabilitazione psicomotoria e per la cura e la
disintossicazione dei tossicodipendenti, servizi di trasporto e accompagnamento pubblici e
gratuiti per anziani e invalidi in caso di visite, analisi e cure sanitarie.
Per quanto riguarda il lavoro domestico vero e proprio vanno estese le mense aziendali e
scolastiche, vanno rivendicate mense di quartiere, lavanderie e stiratorie pubbliche,
centri di rammendo e di manutenzione degli indumenti, squadre pubbliche di pulizie degli
alloggi a prezzi popolari.
Per emancipare le coscienze, soddisfare i diritti sociali e civili e, infine, per dare un
colpo alla concezione dogmatica e cattolica della vita e della famiglia chiediamo la
legittimazione delle ricerche e delle sperimentazioni biogenetiche sugli embrioni e sui
feti, nonché il diritto uguale per tutti, ivi compresi le coppie di fatto, omosessuali e
singoli, ad accedere alla fecondazione assistita, "omologa" e non, nelle
strutture pubbliche. Chiediamo inoltre il riconoscimento delle unioni civili e di fatto,
anche tra omosessuali. Tutti i nuclei familiari, comunque costituiti, vanno considerati
alla pari, con gli stessi diritti e gli stessi trattamenti sociali ed economici.
Rifiutiamo la monetizzazione della maternità e della schiavitù domestica delle
casalinghe. La povertà si combatte aumentando i salari e le pensioni, dando lavoro ai
disoccupati, rendendo effettivamente gratuiti i diritti essenziali come la sanità e la
scuola e a basso costo gli altri servizi sociali e pubblici, riducendo il costo degli
affitti. Per le casalinghe che non hanno alcun reddito - salvo quello da pensione di
reversibilità e di invalidità e della prima casa - richiediamo una indennità di
disoccupazione pari a 1 milione di lire indicizzate da revocare in caso di rifiuto di un
lavoro extradomestico adeguato alle capacità effettive della casalinga.
Siamo consapevoli che queste due grandi battaglie per il lavoro e la socializzazione del
lavoro domestico non saranno vinte completamente nel capitalismo perché richiedono una
trasformazione radicale del sistema economico, sociale, giuridico e statale, oltreché di
una profonda trasformazione in senso proletario rivoluzionario della cultura, dell'etica e
della morale. Questo traguardo è strettamente connesso alla conquista del potere politico
da parte del proletariato. Solo il socialismo potrà infatti gettare tutte le basi
necessarie per una completa emancipazione della donna che nella sostanza consiste nella
più assoluta eguaglianza economica, sociale, politica, giuridica, morale e culturale tra
i due sessi, nelle piccole come nelle grandi cose, nella vita privata come nella vita
pubblica.
Anche per questo i marxisti-leninisti italiani - come ha stabilito il recente 4
Congresso nazionale del PMLI - sono impegnati a costruire un grande, forte e radicato
Partito marxista-leninista, condizione indispensabile per combattere la seconda repubblica
capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista e per realizzare l'Italia unita,
rossa e socialista. Un'epica impresa che per realizzarsi ha bisogno del contributo di
tutte le donne sfruttate e oppresse e delle ragazze che aspirano all'emancipazione e al
socialismo.
Giunga a tutte le militanti e alle simpatizzanti del Partito già impegnate in prima fila
in questa impresa, alle masse femminili sfruttate e oppresse e alle ragazze rivoluzionarie
l'augurio del PMLI di un buon 8 Marzo e l'invito a celebrarlo in modo cosciente, con
spirito militante e internazionalista e con rinnovato orgoglio e combattività proletari
rivoluzionari. Non dobbiamo stancarci di lavorare affinché l'8 Marzo riacquisti il suo
carattere e significato proletari e ritorni ad essere celebrato in piazza dalle masse con
in testa le operaie e le lavoratrici.
L'Ufficio politico del
PMLI
Firenze, 23 febbraio 1999
|