Sconfitta Mediobanca. Nasce Italenergia con Pininfarina presidente
AGNELLI SCALA
LA MONTEDISON CON LA BENEDIZIONE DI BERLUSCONI
Nel mirino anche
il "Corriere della Sera''. Il gruppo scalato alza le barricate
SCONVOLTO L'ASSETTO DEL POTERE CAPITALISTICO ITALIANO
Dall'inizio dell'estate,
in coincidenza con l'avvicendamento alla guida del Paese tra il "centro
sinistra'' e il governo del neoduce Berlusconi, grandi sconvolgimenti stanno
interessando gli assetti di vertice del capitalismo italiano. Al centro della
scena, come molte altre volte nel passato, c'è Mediobanca, ma stavolta non più
nel ruolo di arbitro indiscusso della situazione, ma in posizione difensiva e
declinante. Ci sono le sue controllate Montedison (chimica ed energia) e la Hdp
di Romiti (editoria e moda). C'é poi - onnipresente come sempre quando si
tratta di questioni di potere - la Fiat di Agnelli e Fresco. E c'è infine un
astro nascente del capitalismo italiano, il padrone della Pirelli, Marco
Tronchetti Provera. Tutti questi protagonisti sono impegnati in una lotta
furibonda, che ha per teatri la Borsa e gli studi legali da parcelle
miliardarie, e per posta la redistribuzione del potere economico e finanziario
in Italia, con riflessi anche a livello europeo.
Le prime avvisaglie dello scontro si sono avute a fine maggio, quando la
società elettrica di Stato francese Edf (Electricité de France) annunciava di
aver raggiunto il 20% delle quote azionarie della Montedison, nell'evidente
intento di dare la scalata al controllo della società guidata da Lucchini e
Bondi e controllata da Mediobanca. L'obiettivo dei francesi, dietro cui si
intravede palesemente la mano del governo Jospin, è più che chiaro: arrivare a
mettere le mani su Edison e Sondel, le due controllate di Montedison in corsa
per la spartizione del ricco mercato dell'energia che si sta per aprire con la
privatizzazione dell'Enel e la messa sul mercato delle sue più importanti
centrali elettriche.
Con la liberalizzazione del mercato dell'energia in tutta Europa, infatti,
Montedison è tornata a fare gola a molti, dopo le burrascose vicende che nel
passato l'avevano vista protagonista di altre lotte furibonde per il suo
controllo, da Cefis a Schimberni e a Gardini, fin quando la rilevò Cuccia in
stato praticamente fallimentare dai Ferruzzi, convincendo le banche creditrici
(San Paolo Imi, Banca di Roma e Comit) a diventare azionisti e a dividerne con
Mediobanca e altri azionisti minori il controllo.
Morto Cuccia il timone di Mediobanca è passato a Vincenzo Maranghi, che col 15%
del capitale azionario (più il 6% di quote in forza alle Generali) ha potuto
esercitare un dominio incontrastato sul gruppo milanese che spazia dalla chimica
all'agroindustria, dall'energia alle costruzioni, dalle assicurazioni alle
acciaierie. Ma non ha potuto evitare, tuttavia, che i rapporti di forza interni
andassero a poco a poco modificandosi, con l'ingresso di nuovi soci forti, come
il finanziere franco-polacco Zaleski, che ha acquisito il 10% delle quote, e lo
spostamento delle tre banche azionarie di Montedison (San Paolo Imi, Banca
Intesa Bci e Banca di Roma) verso nuove alleanze, soprattutto dopo la rottura
dei rapporti con Maranghi seguìta allo scontro mai digerito sull'elezione del
presidente delle Generali.
CREPE NELLA FORTEZZA MEDIOBANCA
è così che si è aperto all'interno di Montedison un ampio spazio per
incursioni di nuovi gruppi che dall'esterno ne tentano la scalata, come appunto
i francesi dell'Edf, che alleandosi con Zaleski arrivano improvvisamente a
insidiare il potere fino ad allora incontrastato di Mediobanca all'interno del
gigante milanese. Il governo di "centro-sinistra'', ancora in carica in
quel momento, di fronte alla minaccia transalpina corre ai ripari varando un
decreto protezionistico (attualmente in corso di conversione in legge in
parlamento), con il tacito accordo del Polo, che "congela'' il diritto di
voto ai soci non privati (Edf è un monopolio ancora pubblico) che detengono
più del 2% delle azioni. In pratica è la stessa strada seguita da Aznar in
Spagna per rintuzzare l'assalto francese alla società di elettricità iberica
privatizzata Hidrocantabrico. La Commissione europea se ne lava in sostanza le
mani sostenendo di non avere strumenti a disposizione per intervenire in simili
vertenze.
A piazzetta Cuccia, sede milanese di Mediobanca, Maranghi e soci brindano allo
scampato pericolo, ma questo è solo il primo atto della vicenda. A distanza di
un mese, il 28 giugno, cominciano infatti a circolare voci della preparazione di
un'Opa (offerta pubblica di acquisto) da parte della Fiat, alleata con i
francesi di Edf, Zaleski e le tre banche azioniste, per dare la scalata in Borsa
alla Montedison. Cosa che avviene effettivamente il 1° luglio, con la
deliberazione da parte del Consiglio di amministrazione della Fiat di un'Opa da
5 miliardi di Euro (circa 10 mila miliardi di lire) per puntare dritto al
controllo di Montedison. In Borsa i titoli del gruppo milanese schizzano subito
in alto, in conseguenza del frenetico rastrellamento di azioni che le due parti
in lotta si affrettano a mettere in atto
I particolari del piano sono stati messi a punto in una cena tra Agnelli e i
rappresentanti delle tre banche azioniste di Montedison. La nuova società
creata apposta per dare la scalata a Montedison e ridimensionare il potere di
Mediobanca si chiama Italenergia. A presiederla è chiamato uno stretto alleato
di Agnelli, Sergio Pininfarina. Ne fanno parte Fiat, come socio di maggioranza
col 38,61%, Edf col 18,03%, la Carlo Tassara (Zaleski) col 20,01%, Banca Intesa
Bci col 5,99%, San Paolo Imi col 7,81% e la Banca di Roma col 9,55%. Anche Falck
e Strassera, ex alleati di Mediobanca, passano dalla parte della nuova società,
che annuncia di avere già la maggioranza di Montedison, con il 52% delle quote,
sufficiente a dominare l'assemblea ordinaria, e sembra voler puntare
direttamente alla maggioranza qualificata del 66%, che le darebbe pieni poteri
anche nell'assemblea straordinaria.
ROVESCIATI I RAPPORTI DI FORZA
In pochi giorni i rapporti di forza all'interno di Montedison si sono
completamente rovesciati. Maranghi e soci hanno potuto fare ben poco per opporsi
all'offensiva scatenata da Agnelli. Come primo atto la nuova maggioranza chiede
la convocazione di un'assemblea ordinaria per cambiare tutti gli amministratori
di Montedison. Lucchini e Bondi si oppongono. Ma dati i nuovi rapporti di forza
il terremoto al vertice della società milanese è solo questione di tempo. Il
candidato di Agnelli alla guida di Montedison sarebbe Franco Bernabé, ex
presidente e privatizzatore dell'Eni e della Telecom, attualmente membro del Cda
della Fiat. Le mosse difensive messe in atto da Mediobanca, con la vendita di
Fondiaria alla Sai e della Dieci Srl (cartiere Burgo) ai francesi del gruppo
Balloré, cosa che le ha permesso di fare cassa per 2.200 miliardi e con questi
soldi alzare le barricate in Borsa, non sembra aver ottenuto grandi risultati,
oltre a far salire il valore dei titoli Montedison e rallentare un po' la marcia
al carroarmato targato Torino.
Anche perché il governo del neoduce Berlusconi si è schierato senza esitazioni
dalla parte di Agnelli, e non di Maranghi. Lo si è visto chiaramente dalla
dichiarazione di "neutralità'' espressa a nome del governo dal ministro
per le Attività produttive Marzano. Anche il ministro per le Politiche
comunitarie Buttiglione ha detto di non avere obiezioni alla scalata, finché la
Fiat resta in maggioranza nella società franco-torinese.
Intanto nella guerra tra Fiat e Mediobanca si è aperto un altro fronte di
battaglia, quello della Hdp, la società diretta dalla famiglia Romiti che
controlla il "Corriere della Sera''. In questa battaglia Agnelli si è
alleato con Tronchetti Provera e con Bazoli (Banca Intesa) per sottrarre
l'impero editoriale della Rcs al controllo di Mediobanca e di Romiti. Il boccone
fa molto gola all'astro emergente del capitalismo italiano, Tronchetti Provera,
che punta ad accaparrarsi anche lui la sua brava fetta del mercato mediatico,
sempre più strategico per il potere capitalistico.
Le ostilità in Hdp sono state aperte da Agnelli e i suoi alleati in occasione
della scadenza del patto di sindacato che finora aveva assicurato l'equilibrio
di potere all'interno del gruppo milanese. Data ormai per persa Montedison,
Maranghi ha cercato di evitare l'attacco ad Hdp offrendo invano ad Agnelli un
compromesso su Montedison. Egli sa bene che l'attacco a Montedison e Hdp è solo
il prologo di un attacco generalizzato al cuore della galassia Mediobanca, cioè
a Mediobanca stessa e alle Generali. Un attacco che ha per posta il riassetto
globale della geografia del potere economico e finanziario in Italia, in vista
delle sfide europee e mondiali che si annunciano, soprattutto in settori chiave
dell'economia globalizzata e della "new economy'' quali l'energia, le
telecomunicazioni, i mass-media.
SI CHIUDE UNA FASE DEL CAPITALISMO
è significativo, in questo quadro, che l'assalto a Montedison e ad Hdp avvenga
mentre è in corso in Europa e in tutto il mondo una lotta a coltello attorno a
concentrazioni monopolistiche di dimensioni colossali, come quella tra General
Electric e Honeywell, fortemente voluta dagli americani per sbarcare in forze
nel vecchio continente, ma decisamente avversata dalla Ue che tramite il
commissario all'antitrust Monti ha rifiutato il consenso. Segno che tutto è in
movimento, che non c'è più posto per le rendite di posizione, e che i vecchi
equilibri intercapitalistici ed interimperialisti sono destinati ad essere
continuamente rimessi in discussione.
Certo è che per quanto riguarda l'Italia con questa vicenda si chiude un'intera
fase del capitalismo, quella caratterizzata dal potere incontrastato di
Mediobanca e del suo padrone Cuccia, che era riuscito a mantenere l'equilibrio
tra le varie famiglie capitaliste con un sapiente gioco di intrecci societari e
compartecipazioni azionarie, e a controllare così grandi imperi economici con
il minimo sforzo finanziario. Questa strategia è cominciata ad andare in pezzi
sotto l'urto delle nuove regole del gioco dettate dalla globalizzazione, con la
spinta alla concentrazione per reggere la liberalizzazione dei mercati e la
concorrenza internazionale sempre più spietata, e quando Agnelli ha divorziato
da Cuccia per cercare altri alleati e altre fonti di finanziamento e di
sostegno.
Attualmente, dopo l'accordo con la General Motors, Agnelli sembra in cerca di
nuovi settori di interesse per le sue società, Fiat in testa, tra cui quello
dell'energia è sicuramente un settore chiave nella prospettiva dell'economia
globalizzata sempre più legata allo sviluppo delle nuove tecnologie. Al tempo
stesso egli punta anche a ridimensionare definitivamente, se non a inglobare
nella sua galassia, il ruolo di Mediobanca che Maranghi ha ereditato da Cuccia.
Dopo il punto più "basso'' toccato nel marzo 2000, quando gli toccò
subire l'umiliazione della bocciatura del suo candidato Carlo Callieri alla
guida di Confindustria, ad opera del suo ex braccio destro Romiti e dei suoi
alleati (tra cui allora Berlusconi), che riuscirono ad imporre D'Amato, Agnelli
sta cercando di riprendere appieno il suo ruolo di capofila dei capitalisti
italiani. E ci sta riuscendo con l'appoggio di Berlusconi, che adesso comincia a
pagargli la cambiale sottoscritta in campagna elettorale, quando il presidente
onorario della Fiat, fiutando il cambiamento di vento, smontò dal cavallo del
"centro-sinistra'' per difendere e accreditare il neoduce a livello
internazionale come un legittimo pretendente alla direzione del Paese. Un
sodalizio, questo che si è instaurato tra i due pescecani capitalisti, che alla
luce delle ambizioni ducesche di Berlusconi avallate da Ciampi e del
rincoglionimento dell'imbelle "sinistra'' di regime, rischia di far
rivivere al Paese un altro ventennio di stampo mussoliniano.
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