No all'aumento dell'Irpef deciso dal Consiglio regionale della Toscana
E intanto il governatore Giani (PD) aumenta di 20mila euro l’anno lo stipendio al direttore dell’assessorato alla Salute
Dal nostro corrispondente del PMLI per la Toscana
Che la sanità pubblica sia allo sfascio è evidente e sotto gli occhi di tutti, è un fatto che soprattutto colpisce in maniera pesante chi deve utilizzare spesso e costantemente questo servizio e tocca con mano le lunghe liste d'attesa, i costi, il negato accesso agli ospedali mentre i reparti di pronto soccorso sono al collasso. Un problema che il nostro Partito ha più volte denunciato anche attraverso “Il Bolscevico”.
Anche la regione Toscana è responsabile della distruzione di questo servizio a causa dei tagli governativi alle risorse, una realtà che si scontra con i proclami del governatore Eugenio Giani che non perde occasione per ribadire che il “modello sanità toscano” è eccellente, all'avanguardia e funziona. Certo, rispetto ad altre regioni italiane sulle quali peserà ancor più l'autonomia differenziata, la Toscana si attesta a un livello migliore ma non certo soddisfacente. Basta un dato, 11 mila persone sono in lista di attesa per interventi chirurgici, non pochi persino dal 2021.
Nel 2023 in Toscana il bilancio era in rosso di mezzo miliardo pur con un accordo regione-governo di riduzione del personale sanitario di circa 200-300 dipendenti all'anno.
La Cgil funzione pubblica denuncia che, solo nel 2024, ci sarà un taglio di 200 unità di personale sanitario (infermieri, Oss, amministrativi, tecnici, fisioterapisti e altre professioni) nelle maggiori strutture di Firenze e per raggiungere l'obiettivo di riduzione costi sul personale imposti dal governo, non saranno rinnovati numerosi contratti e non sarà stabilizzato il personale attuale.
Come marxisti-leninisti ribadiamo che il diritto alla salute dev’essere “gratuito e universale per tutti”. Oggi non è così e basterebbe fare un breve sondaggio tra gli utenti per toccare con mano le difficoltà riscontrate nel prenotare esami, visite specialistiche, servizi assistenziali per non dimenticare le problematiche riscontrate di fronte all'emergenza Covid. Un diritto quindi non garantito nonostante che la sanità sia finanziata dalle tasse regionali come Irap, addizionale Irpef e compartecipazione all'Iva. Eppure, molti toscani sono costretti a rivolgersi a strutture private che nascono come funghi a vantaggio dei rispettivi padroni che si stropicciano le mani mentre i pazienti pagano di fatto due volte anche un semplice esame, con le tasse e con soldi cash
.
Le risorse sanitarie in Toscana sono sempre state gestite male, con deficit finanziari che possiamo definire voragini, tagli al personale e restringimento dei servizi e di interi reparti, in particolare dei piccoli ospedali, accorpati o addirittura completamente chiusi. Una politica dei governi regionali e dei loro governatori, prima Enrico Rossi e ora Eugenio Giani (entrambi PD), che s'intreccia con la politica nazionale fatta di tagli alle risorse perseguendo l'obiettivo dello smantellamento del servizio sanitario nazionale.
Noi respingiamo decisamente la decisione del Consiglio regionale su proposta del governatore Giani di aumentare l'Irpef per i redditi superiori ai 28.000 euro per far fronte alla mancanza di fondi per la sanità ricattata anche dalla norma del payback
introdotta con l'art. 17 Dlg n. 98 del 2011 e art. 15 Dlg 95 del 2012 proprio dal governo dell'ex piddino Matteo Renzi, allora premier. Tale norma ha vincolato anche la regione Toscana agli introiti in bilancio sul fronte sanitario da parte delle aziende fornitrici di dispositivi medici che dovrebbero versare danaro a fronte appunto degli sfori del tetto economico prefissato. Una normativa che va a discapito della qualità delle forniture mediche ma non solo, molte aziende fornitrici hanno affermato di non poter far fronte al pagamento degli sfori preferendo rinunciare alla commessa. In sostanza si è vincolato l'andamento e la funzionalità di un servizio importante come quello sanitario ai “ricatti” finanziari del privato.
L'aumento Irpef in sostanza funzionerebbe così: da 0 a 28.000 euro di reddito lordo annuo continueranno a pagare in media 240 euro l'anno di addizionale, da 28.000 a 50.000 ci sarà un aumento di 117 euro ovvero si passerà da 524 euro a 641 euro, sopra i 50.000 ci sarà un aumento di 1.012 euro passando dagli attuali 1.478 ai 2.490.
Siamo contrari all'aumento dell'Irpef che va a pesare sui lavoratori già fortemente in difficoltà con il rincaro del costo della vita, specie pensando che i soldi pubblici anche per la sanità vengono destinati agli armamenti o in progetti che arricchiscono i capitalisti. I finanziamenti destinati alla sanità pubblica devono costituire una cospicua percentuale del Prodotto interno lordo (Pil) e confluire in un apposito fondo nazionale gestito dalle masse popolari attraverso gli strumenti della democrazia diretta.
La recente firma a Firenze da parte della ducessa Meloni con Eugenio Giani del Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027 per un totale di 683 milioni, è da ritenersi insufficiente di fronte alle reali necessità della popolazione toscana.
Il fondo sarà sommariamente così diviso: 32 milioni alla riqualificazione urbana, 300 milioni alla rete infrastrutturale viaria, 5 milioni per il trasporto pubblico locale, 20 milioni per gli impianti sportivi, 15 milioni per il Polo ospedaliero Santa Chiara a Pisa, 6 milioni e mezzo per il consolidamento antisismico degli edifici scolastici, 13 milioni per i beni culturali, 25 milioni per la messa in sicurezza ambientale.
Giani a fronte di questo stanziamento ha elencato tutta una serie di interventi, vedremo se e cosa verrà veramente attuato. Ha affermato che recuperando i fondi a favore della sanità forse verrà rivisto per il 2025 l'aumento Irpef annunciato per il 2024.
Oltre al danno la beffa: il direttore dell'assessorato alla Salute, Federico Gelli (PD) che nel 2023 ha percepito la bellezza di 129.474 euro lordi, dal 2024 ne riceverà 20.526 in più con la giustificazione serafica del governatore Giani “è l'unico stipendio che ho alzato tra i direttori, era troppo basso rispetto agli standard nazionali ed era assurdo che prendesse meno dei suoi sottoposti. Era una misura doverosa e non credo che ventimila euro facciano la differenza in negativo. Anzi, la fanno in positivo se vogliamo tenerci i migliori e vogliamo evitare di farli scappare altrove”. Detto da Giani, che nel 2023 ha incassato 13.000 euro al mese per un totale di 156.000 l'anno, che altro tipo di ragionamento possiamo aspettarci?
Occorre continuare a dare forza al movimento di lotta in difesa della sanità pubblica, gratuita ed universale per tutti.
27 marzo 2024