Primo Maggio “Libero e pensante”
Concerto antifascista e anti-Meloni a Taranto
Lo scorso anno il maltempo riuscì a interrompere il concerto del Primo Maggio di Taranto ma quest'anno, pur con le nuvole che minacciavano pioggia, si è svolto tutto regolarmente, con una grande presenza di pubblico che nei momenti di maggiore affluenza ha raggiunto le 30mila persone. Sul palco lo striscione “Dal 1965 cambiano gli attori, restano i tumori” che rimanda all’ex Ilva che ha vomitato veleni nell'arco di alcuni decenni ai danni della popolazione di Taranto.
Lo spettacolo, che si è svolto nel parco archeologico delle Mura Greche, è stato organizzato dal “Comitato dei cittadini e lavoratori liberi e pensanti”, con la volontà “di trasmettere un messaggio di speranza per il futuro” usando la musica per esprimere vicinanza al "dissenso pacifico manganellato". Il segnale che si è voluto lanciare è chiaro, il concerto "vuole essere più che mai un grido di resistenza, presenza civica, vicinanza ai movimenti che lottano ogni giorno", e che sempre più si scontrano con le censure e le manganellate che con questo governo sono cresciute in modo esponenziale.
Quest'anno tra i temi principali della manifestazione quello dell'antifascismo, specie dopo le polemiche seguite al post di Michele Riondino, uno dei tre direttori artistici del festival assieme a Roy Paci e al cantante Diodato. A ribadirlo anche l'artista Naip che dal palco ha detto “questo è un concerto antifascista”. Il post dell'attore e regista tarantino pubblicato il 25 Aprile mostrava una foto rovesciata di 30 anni fa, col presidente del Senato La Russa e altre persone a testa in giù davanti a una foto di Mussolini, ai cui piedi avevano deposto un grosso mazzo di fiori, un evidente omaggio dei camerati al duce. Nel commento, tra le altre cose si leggeva che i fascisti di oggi si mascherano “giurando sulla costituzione antifascista”
La Russa riceveva la solidarietà da tanti esponenti politici, ma il primo a telefonargli per far sentire la sua vicinanza è stato Sergio Mattarella, il che la dice lunga su quanto siano di facciata le affermazioni del capo dello Stato quando condanna la dittatura mussoliniana. Invece di tenere testa agli squadristi neofascisti, Riondino si è lasciato intimidire e dal palco di Taranto si è posto sulla difensiva: "Mai auspicherei violenza, men che meno su qualcuno che ha legittimamente vinto le elezioni e che per questo ci governa. Io non li ho votati, non condivido le loro idee e mi impegnerò, lotterò perché la loro sconfitta politica avvenga il prima possibile". Parole inopportune perché, da una parte, concedono una legittimazione alla marcia su Roma elettorale compiuta dagli eredi di Mussolini e, dall'altra, criminalizzano la violenza per principio, senza distinguerla tra quella giusta di chi vi ricorre per non continuare a subire oppressione e soprusi e quella ingiusta degli sfruttatori e invasori.
"Si possono sbagliare modi e tempi”, ha continuato, ma è la destra che capovolge la realtà, confermando il suo giudizio sulla matrice neofascista del governo Meloni: "Si procede a piccoli passi e lo ha pensato bene chi ha deciso di piazzare anti abortisti nei consultori, chi ha definito i partigiani morti in via Rosella una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS”. Il che ha scatenato una nuova cagnara da parte dei fascisti, del tutto simile a quella contro il professor Tomaso Montanari, che aveva scritto: “Almeno oggi (il 25 Aprile, ndr) tornate nelle fogne e tacete”. Montanari, di fronte alle richieste di scuse da parte di Fratelli d'Italia e di un linguaggio “meno forte” da parte della Gruber, ha però tirato dritto ribadendo: “il fascismo è la fogna della storia”.
Sul palco di Taranto sono intervenuti in tanti. Jarban Bassem, rappresentante delle comunità palestinesi di Puglia e Basilicata si è focalizzato sul genocidio del suo popolo da parte del regime sionista di Israele. Roberto Salis ha letto il saluto della figlia Ilaria, l’insegnante antifascista detenuta a Budapest da ormai quindici mesi. Sul palco sono saliti gli attivisti di Friday for Futures, Extinction Rebellion e Ultima Generazione per rivendicare i loro metodi di lotta contro i quali il governo ha varato norme specifiche. E poi il tema del lavoro con i lavoratori di Ilva: “Ci hanno tradito tutti: da destra a sinistra, parlando di idrogeno, produzione verde. La verità è che ci ammazzano a ogni decreto”. Con loro anche Dario Salvetti del collettivo di fabbrica ex Gkn, lo stabilimento fiorentino che è da anni al centro di una vertenza che vede fallire in serie piani di rilancio ma continua a non prendere in considerazione il piano di riconversione elaborato dagli operai: Intanto “Da quattro mesi siamo senza stipendio”, denuncia Salvetti.
Quello di Taranto è stato un palco antifascista e anti-Meloni, che accanto alla musica ha messo al centro le questioni politiche più stringenti, caratteristica che si è ormai completamente persa nell'altro “concertone”, quello di Roma organizzato da Cgi, Cisl e Uil.
8 maggio 2024