In risposta all’appoggio occidentale e italiano all’Ucraina e per salvare il colosso energetico Gazprom
Putin nazionalizza la Ariston
Con un decreto voluto dal nuovo zar del Cremlino Putin il 26 aprile la Russia ha nazionalizzato il sito dell’italiana Ariston di San Pietroburgo, trasferendo la gestione di Ariston Thermo Rus a Gazprom Domestic Systems: una mossa iscrivibile nel contesto della guerra in Ucraina e dell'isolamento della Russia, che di recente aveva assegnato Danone e Carlsberg a un'agenzia federale. Per l’azienda di elettrodomestici marchigiana la storia era iniziata nell'aprile 2005. Vent'anni dopo, 350 dipendenti al lavoro per il mercato interno, e un fatturato da 100 milioni. "Abbiamo sempre avuto rapporti rispettosi con le istituzioni locali", ha ricordato in una nota Ariston Group che da Fabriano è arrivato intanto in 40 Paesi con 28 siti produttivi e un fatturato totale di oltre 3 miliardi di euro.
Per la Farnesina "Le mosse di Putin non trovano fondamento nel diritto". Rimostranze espresse il giorno dopo dal ministro degli Esteri Tajani all'ambasciatore russo in Italia, Alexey Paramonov, che è stato convocato per esprimergli il "forte disappunto del governo italiano" per "l'inatteso provvedimento" e chiesto alla "Federazione russa di ritirarlo". Gli stessi toni usati anche dall'Unione Europea che, in un proprio comunicato, ha condannato il decreto, adottato anche contro la tedesca Bosch. "Insieme ai partner del G7 ed europei, ci riserveremo di valutare - dice Tajani - una risposta appropriata". "La nazionalizzazione - ha replicato l'ambasciatore russo dopo l'incontro - è stata adottata in risposta alle azioni ostili contro la Russia. Mosca ha sempre attribuito grande importanza alle relazioni commerciali col vostro Paese. La responsabilità è dell'Italia, che ha sacrificato i reali interessi nazionali della Repubblica per partecipare a sterili e pericolose avventure geopolitiche anti-russe".
Dall’inizio della guerra di aggressione all’Ucraina la Russia ha posto sotto “gestione temporanea” i beni di una ventina di aziende occidentali giustificando queste iniziative come ritorsioni per le sanzioni occidentali. E Mosca, in questa fase, guarda con attenzione anche agli asset congelati in Europa, nel caso passasse la linea di utilizzarli per sostenere finanziariamente Kiev. Vladimir Putin, allo stesso tempo, dalla primavera del 2022 ha spinto sulla nazionalizzazione anche di industrie private russe, in nome della “sicurezza nazionale”: dal tessile alle terre rare, dall’ottico-meccanica all’elettronica, nel segno di una quasi completa conversione ad un’economia di guerra.
“Noi abbiamo chiesto all’istituzione europea, la Commissione, di lavorare insieme a un provvedimento, quindi europeo, che consenta alle imprese di potersi rivalere, in Europa, sugli asset
di coloro che sono stati beneficiari di un provvedimento di amministrazione o di esproprio - ha spiegato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a SkyTg24 -. Questo credo che sia un obiettivo raggiungibile e che, se da una parte andrà a sostegno ovviamente della rivalsa di Ariston, nei confronti di colui che di fatto è il beneficiario del provvedimento di Putin, e nel contempo, possa scoraggiare la Russia dal perseverare su questa strada. Una misura compensatoria - ha continuato Urso - a tutela delle imprese che vengono colpite da questi provvedimenti, ma anche per scoraggiare il perseverare su questa strada, penso che sia la misura più efficace”.
Nazionalizzazioni forzate quelle del criminale di guerra Putin, che servono anche per salvare il colosso energetico Gazprom che nel 2023 ha registrato una perdita di 629 miliardi di rubli (pari a 6,9 miliardi di dollari), la peggiore degli ultimi decenni. L'invasione russa dell'Ucraina ha infatti portato al crollo delle vendite in Europa, la sua principale fonte di reddito. I ricavi di Gazprom - sottolinea Il Financial Times - sono così diminuiti di quasi il 30% su base annua a 8,5 trilioni di rubli, con le vendite di gas che sono scese da 6,5 trilioni di rubli nel 2022 a 3,1 trilioni di rubli. Gli analisti sottolineano come Gazprom, non sia riuscita ad adattarsi alla perdita del mercato europeo, con i ricavi dalle vendite di gas al di fuori della Russia che sono scesi da 7,3 trilioni di rubli nel 2022 a 2,9 trilioni di rubli lo scorso anno.
I paesi europei, nel frattempo, hanno trovato fonti alternative di gas: la quota della Russia sulle importazioni di gas in Europa è scesa dal 40% nel 2021, l'ultimo anno intero prima dell'invasione, all'8% nel 2023, secondo l'UE.
Gazprom è il principale strumento economico nella guerra di Putin contro l'Europa; le sue armi, dalla corruzione, al ricatto, all'omicidio, hanno colpito largamente nel mondo politico, sportivo, imprenditoriale, giornalistico grazie alla forza economica che proprio i paesi europei gli hanno conferito. Ora questa forza sta venendo meno, e anche per questo il nuovo zar del Cremlino ricorre alle nazionalizzazioni.
8 maggio 2024