Chi non è in linea col regime capitalista neofascista è penalizzato
Il senato approva la “riforma” fascista della scuola. Decisivo il voto di condotta
Il voto e la valutazione del comportamento determinanti per la promozione e per l'esame di Stato. Alle elementari ritornano i giudizi sintetici.
Con 74 sì, 56 no e nessun astenuto, il Senato ha approvato il disegno di legge messo a punto dal ministro fascioleghista della Scuola e del Merito, Giuseppe Valditara, sulla valutazione della condotta. Con un emendamento inserito successivamente, viene inoltre confermato il ripristino del giudizio sintetico nella scuola primaria, in luogo di quello descrittivo. Ma non è tutto, la “riforma” modella anche percorsi di istruzione ridotti negli istituti tecnico-professionali, aumentando le ore di PCTO (scuola-lavoro, per semplificare) che saranno svolte dai ragazzi fin dal secondo anno e mettendo letteralmente gli indirizzi tecnici al servizio delle imprese.
In attesa dell'approvazione definitiva alla Camera, data per scontata visti i numeri in parlamento, il governo giubila, consapevole di aver compiuto l'ennesimo passo avanti nel proprio nero cammino che porta a una scuola che ha nelle sue priorità non certo l’inclusione e la valorizzazione delle competenze a tutti i livelli, non certo l’ascolto e il confronto, bensì un assetto ancor più classista, al servizio di padroni e delle aziende, una scuola autoritaria e repressiva, di chiaro stampo mussoliniano.
Il voto in condotta perno della controriforma neofascista
Innanzitutto, il marchio della scuola di regime viene impresso a fuoco col voto di condotta che torna a essere l'elemento centrale per la promozione in tutti i cicli, come lo fu prima del Sessantotto. Il DDL introduce infatti una casistica dettagliata: senza il sette in condotta non si viene ammessi all’anno successivo o all’esame, con il sei si dovrà svolgere un elaborato di educazione civica da trattare in sede di colloquio dell'esame conclusivo del secondo ciclo (quindi un vero e proprio debito in educazione civica), e se il voto in condotta è un cinque, arriva la bocciatura immediata al di là dei voti in tutte le altre materie.
Questa applicazione e tale lettura del voto in condotta, che Valditara ritiene necessaria per “ripristinare la cultura del rispetto e l'autorevolezza dei docenti”, sarà applicata anche “per gravi e reiterate violazioni del Regolamento di Istituto”, e quindi non solo per gravi atti di violenza o reati, ma anche per semplici atti di disobbedienza come ad esempio le occupazioni scolastiche o altre iniziative politiche del genere. Infine, solo coloro che avranno 9 o 10 in condotta potranno avere diritto al massimo dei crediti scolastici che influenzeranno stavolta positivamente il voto finale di maturità.
Parallelamente, la “riforma” interviene anche sulla sospensione: un massimo di due giorni comporterà il coinvolgimento dello studente in attività di approfondimento sulle conseguenze dei comportamenti che hanno determinato il provvedimento disciplinare; in caso si tratti di allontanamento dalla scuola di durata superiore, lo studente sarà costretto a svolgere attività di “cittadinanza solidale” presso strutture convenzionate con le istituzioni scolastiche che potranno proseguire anche dopo il rientro in classe dello studente.
Insomma è evidente che la scuola meloniana è trasformata in una caserma, dove vige un disciplina ferrea ad opera del governo e delle autorità scolastiche che trasforma gli studenti in nuovi Balilla secondo il motto mussoliniano: “Libro e moschetto fascista perfetto”. Una scuola agli antipodi di quella che rivendichiamo noi marxisti-leninisti: "Una scuola e una università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti".
Il ritorno ai giudizi sintetici che marchiano gli studenti
Il secondo punto fondamentale del DDL è il ritorno del giudizio sintetico (insufficiente, sufficiente, buono ecc.) al posto di quello descrittivo nella scuola primaria. Valditara aveva affermato “Basta con le definizioni incomprensibili tipo avanzato, intermedio, base o in via di prima acquisizione. Al di là del giudizio analitico vogliamo che le definizioni siano chiare e semplici”.
Argomentare, dunque, per il governo Meloni è una perdita di tempo, e tira dritto anche su questa misura che è stata definita un “colpo di mano sulla valutazione” da molti addetti ai lavori (che hanno anche promosso un appello che ha già raccolto migliaia di firme) quali pedagogisti, educatori, ricercatori ed esperti del mondo della scuola. I giudizi sintetici infatti, che c’erano già in epoca fascista, sono sostanzialmente la stessa cosa dei voti numerici poiché esprimono un giudizio cristallizzato che non tiene conto del processo di apprendimento. Si cancella quindi una descrizione e una analisi descrittiva che permetteva all’alunno di capire cosa stava facendo e all’insegnante di seguire la sua evoluzione, invece di condannarlo all’errore con un giudizio secco e perentorio. L’errore di uno studente, infatti, fa parte del processo di apprendimento – e non occorre essere esperti per comprenderlo - mentre il giudizio sintetico, se negativo, diventa semplicemente una “macchia” acritica nel curriculum dello studente o della studentessa.
Gli istituti tecnici al servizio dei padroni
Il terzo e ultimo punto principale della controriforma riguarda la restaurazione di fatto del vecchio “avviamento al lavoro”, che consegna la scuola professionale direttamente nelle mani delle aziende. Col pretesto di offrire “maggiori opportunità lavorative ai giovani”, Valditara trasforma in legge il vecchio ma sempreverde pallino della destra e dei padroni secondo il quale i figli delle famiglie povere o operaie non hanno il diritto di studiare per accedere ai livelli più alti dell'istruzione, ma solo per imparare un lavoro capace di metterli immediatamente al servizio del capitalismo italiano.
Ci avevamo già provato Moratti, Gelmini e Renzi, ma ora anche questo ulteriore tassello della scuola classista per eccellenza, sarà piantato. Non è un caso se nel corpo del testo, più volte si usano termini come “filiera” o “addestramento”, che sono già di per sé ben più di un campanello di allarme.
Nei fatti si introduce il “Campus”, composto da scuole, centri di formazione professionale e Its Academy e si apre alla collaborazione con docenti esterni provenienti dalle imprese per “colmare lacune di competenze tecniche”. Ci saranno – come già accennato – accordi di partenariato per incrementare significativamente l’alternanza scuola-lavoro, tirocini, stage, e torneranno a proliferare i contratti di apprendistato.
Si tratta sostanzialmente di manodopera gratuita e immediata per le imprese, e formazione tecnica specifica per le necessità di quella specifica azienda, al posto di altre competenze culturali generali. Costi formativi che anche in termini economici le aziende risparmieranno al momento dell'ingresso in azienda di quegli studenti “fortunati” che saranno scelti perché ritenuti tecnicamente migliori e obbedienti; già, perché anche in questo caso il voto in condotta avrà un peso enorme, e se non sarà ottimo, lo studente potrà accomodarsi fra le corpose fila dei disoccupati.
Gravissima poi la misura riguardante la formazione dei docenti, che sarà fatta in parte seguendo corsi di formazione direttamente all'interno delle aziende con le quali le scuole instaureranno “rapporti di collaborazione”, che tradotto significa sponsor e ritorni economici tali al punto da consentire loro di formare direttamente i docenti al posto del Ministero.
Valditara conclude un percorso ventennale
“Avete scelto una idea di scuola sanzionatrice, selettiva e di controllo, in cui l’insegnante è chiamato a punire, in un’ottica che confonde autorità con autorevolezza”, ha dichiarato la capogruppo del Pd nella Commissione Scuola, Cecilia D’Elia intervenendo in Aula e annunciando il suo voto contrario. I senatori contrari alla riforma hanno attaccato il governo anche per non aver accettato alcun emendamento, fra i quali quello che prevedeva l’introduzione nelle scuole delle figure di sociologo e psicologo. “Questa maggioranza – hanno affermato - ha ritenuto di proseguire senza ascolto e senza confronto, non solo con le opposizioni, ma anche con il mondo della scuola, le famiglie, le studentesse e gli studenti.”
PD, AVS e M5S hanno contestato la “riforma” accusando l'esecutivo di avere “un’idea repressiva e punitiva della scuola e, quindi, della società.”, ma forse non ricordano bene che questo DDL non fa altro che attuare, con una serie di modifiche, integrazioni e aggiornamenti ai vari articoli, i contenuti delle precedenti controriforme a cominciare dalla cosiddetta “autonomia scolastica” di Luigi Berlinguer fino ai “campus” di Patrizio Bianchi, ministro di area “centro-sinistra” nel governo Draghi, passando per la legge delega Moratti fino alla famigerata legge sulla “Buona scuola” di Renzi.
Queste “riforme” promosse da governi ai quali hanno partecipato senza eccezione alcuna coloro che oggi gridano allo scandalo, hanno distrutto pezzo dopo pezzo la scuola pubblica permettendo così al governo neofascista Meloni di assemblare su queste ceneri la scuola del regime capitalista, classista, meritocratica, aziendalista, autonomista e militarizzata al punto che porta al compimento quel modello invocato dal piano della P2 di Gelli e già attuato nel ventennio mussoliniano da Gentile.
Cacciare il governo Meloni
Dopo questa approvazione, i CoBas hanno indetto sciopero generale nella scuola per il 9 maggio. Anche i collettivi studenteschi si sono scagliati contro il DDL denunciando “un modello autoritario e classista dove ogni contestazione è potenzialmente un reato”. Non è un caso fra l'altro che si chiuda di fatto oggi questa “riforma”, in un momento nel quale si estende la mobilitazione studentesca contro l'occupazione sionista a Gaza e contro i patti di collaborazione universitari con Israele e con le industrie delle armi come Leonardo. Chiara, nei confronti degli studenti medi, la volontà di dissuaderli dalla lotta politica anche attraverso questa applicazione del voto in condotta che rende ancora più rischioso protestare.
La risposta a questo neofascismo imperante deve percorrere la strada della lotta: mobilitarsi e cacciare con la mobilitazione di piazza il governo Meloni prima che faccia altri danni è l'obiettivo principale che le masse operaie, studentesche e popolari del nostro Paese devono porsi. Il passato però ci insegna che fatto questo primo, indispensabile e necessario passo, per ripulire la società dalle nefandezze economiche, sociali e normative apportate dai governi che hanno servito e continuano a servire il capitalismo che rappresentano, non sarà sufficiente sostituire il governo Meloni con un altro liberista e borghese attraverso il voto.
Solo il socialismo potrà infatti garantire per tutti e per tutte una scuola libera, critica e paritaria in ogni ordine e grado, capace di formare nuove generazioni di uomini e donne emancipati. Mentre per il governo Meloni la scuola e l'università devono trasmettere gli indirizzi culturali e servire gli interessi economici della borghesia e non essere al servizio del popolo: tutti gli studenti irregimentati, militarizzati e ammaestrati dal regime capitalista neofascista, in modo che dalle scuole tecniche e professionali possano uscire i futuri manovali, dai licei e dalle università i futuri quadri del regime capitalista neofascista. Proprio come diceva Lenin: "Dalla vecchia scuola uscivano i servi necessari ai capitalisti; la vecchia scuola trasformava gli scienziati in uomini che dovevano scrivere e parlare come conveniva ai capitalisti
".
8 maggio 2024