Scatenata da Biden
La feroce repressione poliziesca non ferma la protesta pro Palestina nelle università Usa
"Il diritto alla protesta non significa diritto al caos", "le proteste pacifiche sono tutelate in America, il vandalismo e le proteste violente no" dichiarava il presidente americano Joe Biden annunciando il 2 maggio la massiccia repressione delle proteste pro Palestina. E una volta ribadito che era contrario all’impiego della Guardia nazionale nei campus dato che gli Stati Uniti "non sono un Paese autoritario che mette a tacere le persone", faceva esattamente l'opposto incaricando la polizia in assetto antisommossa di sbaraccare con la forza tendopoli e presidi che dilagavano nei campus in tutto il paese contro il genocidio dei nazisionisti a Gaza e per il completo boicottaggio culturale e accademico di Israele. Il boia Netanyahu aveva chiesto la repressione delle proteste nelle università e Biden eseguiva l'ordine.
Dopo l'irruzione della polizia alla Columbia University, sotto i riflettori della stampa, e nella quasi per nulla documentata e quindi più brutale repressione nella vicina Cuny, l’università pubblica, a New York con un bilancio di oltre 300 studenti arrestati scattavano gli assalti alle occupazioni in altre facoltà a partire da quella importante di Los Angeles, l'Ucla, con altre centinaia di arresti. Negli assalti polizieschi ai presidi pro Palestina nei campus universitari sono stati arrestati a partire dalla seconda metà di aprile circa 2 mila studenti.
L'intervento della polizia a Los Angeles era preceduto da un violento attacco da parte di squadracce di picchiatori sionisti contro le tende degli occupanti assieme al lancio di petardi e fuochi d’artificio. Un attacco indisturbato avvenuto sotto gli occhi dei poliziotti, evidentemente la reazione "al vandalismo e alle proteste violente" cui faceva riferimento Biden non è necessaria se i protagonisti di tali atti sono i sionisti, secondo un principio imperialista a difesa dei nazisionisti che vale nei territori palestinesi occupati, negli Usa e financo in Italia, vedi le violenze sioniste del 25 aprile a Roma.
"È un'allegoria di quello che succede in Palestina" denunciava una studentessa dell'Ucla "come i Palestinesi siamo stati letteralmente bombardati dall’esterno per poi essere accusati di essere terroristi ed antisemiti", senza tenere tra l'altro di conto che nella protesta dei campus è forte anche la presenza dei pacifisti ebrei, di membri di organizzazioni quali Jewish Voice for Peace e If Not Now. L'antisionismo non è antisemitismo, come le stesse proteste nei campus americani confermano.
Non è della stessa opinione la maggioranza dei parlamentari americani, democratici e repubblicani che vergognosamente senza distinzioni, salvo qualche battuta dovuta alla campagna elettorale, sostengono i nazisionisti nel genocidio palestinese e arrivano persino a varare una legge, l’Antisemitism Awareness Act, votata dalla Camera da 320 parlamentari contri 91, che riguardo alla definizione di antisemitismo adotta la versione stabilita dall’International Holocaust Remembrance Alliance che lo equipara strumentalmente all'antisionismo. L'equazione antisionismo eguale antisemitismo, costruita sulla evidente forzatura che ogni ebreo sarebbe sionista, è palesemente una decisione politica per coprire i crimini dei nazisionisti contro i palestinesi. “Opporsi alle politiche del governo israeliano e all’estremismo di Netanyahu non è antisemitismo. Parlare a favore dei diritti umani e di un cessate il fuoco per salvare vite umane non dovrebbe mai essere condannato”, dichiarava la deputata palestinese americana Rashida Tlaib in un post sui social media, spiegando il suo voto contro la risoluzione. Con questa legge, che ora deve passare al Senato, Biden si è garantito anche un altro strumento per reprimere le proteste pro Palestina nei campus che non si fermano.
Il Primo Maggio i Presidenti delle università palestinesi hanno pubblicato una lettera agli studenti e ai docenti degli accampamenti di solidarietà a Gaza nelle istituzioni accademiche statunitensi rilevando che "in un momento in cui le voci degli oppressi vengono intenzionalmente messe a tacere, la vostra solidarietà funge da faro di speranza".
"In un momento di grande oscurità, - si sostiene nella lettera - le vostre proteste esplodono e fanno sperare all’umanità che la giustizia non sia un concetto astratto, ma una lotta continua che ci collega tutti. I vostri valori stanno emancipando l’università dal razzismo strutturale e dalla complicità con il potere e con il colonialismo.
La situazione in Palestina ha raggiunto livelli crescenti di genocidio, segnati dal fatto che le vite dei Palestinese vengono presa di mira in massa attraverso uccisioni e sfollamenti, la distruzione delle istituzioni sociali, culturali ed educative, l’obiettivo di ridurre i palestinesi a una mera vita, senza futuro politico e collettivo. Siete leader nella richiesta di giustizia con i vostri corpi nei campus universitari e nelle strade, chiedendo forte e chiaro verità e giustizia. Avete il coraggio necessario per agire con forza a favore della giustizia e della libertà e con determinazione contro i sistemi di genocidio e razzismo. Conosciamo i rischi che state correndo di fronte alle misure repressive adottate contro gli spazi universitari costruiti sulla sfida ai poteri che beneficiano del silenzio.
In un momento in cui le voci degli oppressi vengono intenzionalmente messe a tacere, la vostra solidarietà funge da faro di speranza. Le vostre azioni sono un chiaro messaggio che l’ingiustizia e l’oppressione non saranno tollerate.
Traiamo ispirazione dal coraggio di coloro che rifiutano e resistono alle continue ingiustizie del colonialismo dei coloni e dell’occupazione militare. Vi diamo il benvenuto nelle nostre università, in una Palestina liberata".
8 maggio 2024