Ondata di lotte studentesche in Italia, Regno Unito, Francia, America e nel resto del mondo contro il genocidio del popolo palestinese
Anche tantissimi ebrei si sono uniti alle proteste contro Israele e il sionismo
Non è antisemitismo ma antisionismo e antimperialismo
Sono ormai molti mesi – le prime proteste risalgono alla fine di ottobre 2023 - che il mondo universitario italiano è mobilitato contro il genocidio del popolo palestinese attuato dai nazisionisti israeliani e per chiedere alle università di fermare ogni collaborazione con il mondo accademico sionista e con il regime israeliano: nel frattempo le proteste si sono estese alle università di gran parte del mondo e, sulla scia di quanto avvenuto nel frattempo negli Stati Uniti, anche in Italia gli studenti hanno iniziato a piantare le tende fuori dagli atenei.
La lotta degli studenti e dei docenti universitari democratici di ogni parte d'Italia può essere simboleggiata dalla gigantesca bandiera della Palestina appesa alla Statale di Milano, sospesa al colonnato centrale dell’ateneo, e su una delle balconate è stato esposto uno striscione dove si legge “fermiamo il massacro del popolo palestinese
”, uno striscione che non esagera di certo, visto che a partire dall'attacco israeliano a Gaza sono stati uccisi più di 35.000 palestinesi, tra i quali 100 accademici, 250 docenti e 4500 studenti, con tutte le università della Striscia di Gaza che sono state rase al suolo e 300 istituti scolastici danneggiati o distrutti.
Attualmente la mobilitazione, che coinvolge con varie forme di protesta un numero altissimo di studenti e che vede l'appoggio di moltissimi docenti universitari, sta interessando l'Università di Torino, l'Università degli Studi di Trieste, l'Università degli Studi di Trento, la Statale di Milano, il Politecnico di Milano, l'Università di Pavia, l'Università degli Studi di Genova, la Ca' Foscari di Venezia, l'Università degli Studi di Padova, l'Alma Mater Studiorum di Bologna, la Scuola Normale Superiore di Pisa, l'Università degli Studi di Firenze, l'Università degli Studi di Siena, l'Università degli Studi di Perugia, la Carlo Bo di Urbino, l'Università Politecnica delle Marche, la Sapienza di Roma, la Federico II di Napoli, l'Orientale di Napoli, la Aldo Moro di Bari, l'Università del Salento, l'Università della Calabria, l'Università degli Studi di Cagliari e l'Università degli Studi di Palermo.
A Torino e a Pisa già a marzo la massiccia mobilitazione degli studenti aveva convinto i rispettivi senati accademici a interrompere la partecipazione di tali università ad alcuni bandi di collaborazione con omologhi enti legati al regime sionista, e lo stesso era accaduto il mese successivo a Bari e a Cagliari: quest'ultima università, poi, si è spinta ben oltre, decidendo di interrompere ogni forma di collaborazione con università ed enti del regime sionista a tempo indeterminato.
Anche la Statale di Milano ha interrotto ogni collaborazione con una specifica università sionista – la Ariel University – i cui docenti e studenti, secondo il senato accademico dell'ateneo milanese, hanno negli anni sviluppato progetti di vera e propria pulizia etnica nei confronti dei Palestinesi residenti in Cisgiordania.
Anima delle proteste nelle università italiane è l'associazione dei Giovani Palestinesi d'Italia alla quale aderiscono studenti antimperialisti di ogni nazionalità per chiedere il totale boicottaggio da parte delle università e degli enti di ricerca italiani nei confronti di qualsiasi istituzione israeliana, accademica e non, al fine di protestare contro il genocidio perpetrato dal regime sionista a Gaza dove – con l'identica logica della notte dei cristalli del 1938 – il regime sionista ha già provocato ben oltre trentamila morti quasi tutti civili, oltre a distruzioni immani.
Tra la fine di aprile e l'inizio di maggio la protesta università ha fatto un salto di qualità perché gli studenti, a imitazione di quanto accaduto nel frattempo soprattutto negli Stati Uniti, hanno iniziato a piantare le tende all'interno delle strutture universitarie: avevano iniziato ad aprile gli studenti delle università di Bologna, Napoli e Roma, e agli inizi di maggio si sono aggiunti quelli di Palermo e di Cosenza, che hanno risposto all'appello lanciato dai Giovani Palestinesi sulle proprie piattaforme social, i quali hanno invitato tutti gli studenti, i docenti e i membri del personale d’ateneo italiani a riunirsi il prossimo 15 maggio per commemorare la nakba, ossia la pulizia etnica palestinese del 1948.
Gli studenti e i Giovani Palestinesi – come avevano già fatto oltre 4.000 tra accademici, docenti universitari e ricercatori italiani già lo scorso novembre - hanno, inoltre, scritto una lettera indirizzata al ministro dell’Università e della Ricerca del governo Meloni nella quale chiedono “la risoluzione immediata di tutti gli accordi universitari con atenei e aziende ubicate in Israele e il boicottaggio totale del sistema accademico israeliano, braccio forte dell’apparato di occupazione coloniale e base fondamentale di supporto al complesso politico-militare israeliano nei Territori Palestinesi Occupati
”. Più dettagliatamente i Giovani Palestinesi chiedono “la risoluzione immediata dell’Accordo di Cooperazione nel campo della Ricerca e dello Sviluppo Industriale, Scientifico e Tecnologico tra il Governo italiano ed il Governo dello Stato di Israele del 2000, affinché si limiti al minimo la complicità del Governo italiano nei crimini di guerra e nei crimini contro l’umanità perpetrati da parte dello Stato di Israele contro i palestinesi
”, ritenendo che il ministero dell’Università debba istituire un fondo per finanziare misure di sostegno per studenti, ricercatori e docenti palestinesi “affinché possano svolgere le proprie attività presso università, istituzioni per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica ed enti di ricerca italiani
”.
La mobilitazione degli studenti universitari antisionisti si è spinta, inoltre, al di fuori degli atenei fino al Salone del Libro di Torino, dove 300 attivisti, in gran parte universitari, lo scorso 11 maggio si sono presentati davanti ai cancelli del Lingotto con bandiere e striscioni, ricevendo la solidarietà del fumettista Zerocalcare che si è unito alla protesta: ci sono stati momenti di tensione con la polizia in temuta antisommossa, così come era accaduto nei mesi scorsi in varie università, tra le quali quelle di Bologna, Roma e Pisa, perché il governo Meloni – in combutta con le comunità ebraiche italiane che vorrebbero far credere che le proteste antisioniste siano in realtà antisemite – lungi dal recepire le istanze di gran parte del mondo universitario studentesco e docente, ritiene che l'unica risposta debba essere quella della repressione e del manganello, accusando i Giovani Palestinesi di antisemitismo ma dimenticandosi che tanti studenti universitari ebrei italiani progressisti e democratici – tra i quali gli appartenenti all'antisionista Laboratorio Ebraico Antirazzista – appoggiano le proteste dei Giovani Palestinesi che, ovviamente, non sono dirette contro gli ebrei bensì contro i sionisti e i crimini compiuti da questi ultimi.
Dilaga la protesta antisionista in tutto il mondo
Anche nel resto del mondo ormai da mesi gli studenti universitari sono mobilitati contro il genocidio del popolo palestinese, e la maggiore mobilitazione si è avuta proprio nel Paese che è il maggiore alleato di Israele, gli Stati Uniti d'America, dove la protesta, iniziata a febbraio, è presto dilagata al punto di interessare attualmente oltre settanta università tra le quali quelle – ma l'elenco non è certo esaustivo - che si trovano nelle importanti città di New York, Boston, Philadelphia, Washington, Pittsburgh, Chicago, Cleveland, Indianapolis, St. Louis, Minneapolis, Los Angeles, Albuquerque, Seattle, Portland, Denver, Atlanta, Richmond, Fairfax, Fredericksburg, Dallas, Austin e Houston, dove complessivamente trecentomila studenti hanno piantato le tende e occupato gli atenei.
Tra le università entrate in agitazione si segnalano anche – per la loro grande importanza - Yale nel Connecticut, Princeton nel New Jersey, il Massachusetts Instute of Technology e Harvard nel Massachusetts, Stanford e Berkeley in California.
Dalla metà di aprile in una ventina di campus – tra i quali la Columbia University di New York e la University of California di Los Angeles - è entrata la polizia in tenuta antisommossa e ha tentato lo sgombero arrestando complessivamente oltre duemila studenti che però non arretrano di un passo, e a poco sono servite le minacce delle autorità accademiche della Columbia University e della Cornell University – entrambe di New York - di sospendere gli studenti che non avessero abbandonato l'occupazione e di prospettare loro il rinvio della sessione di laurea.
Altre università, come la University of Southern California, hanno deciso di cancellare la cerimonia di laurea di quest’anno.
In piazza gli ebrei antisionisti
Negli ultimi giorni le autorità accademiche di numerosi atenei hanno chiesto l’intervento della polizia per sciogliere le proteste che vengono pretestuosamente designate come antisemite, ma questo è assolutamente falso: infatti decine di migliaia di studenti ebrei hanno partecipato alle occupazioni con striscioni che mettono in risalto contemporaneamente la loro appartenenza religiosa ebraica e la loro avversione al sionismo, e in alcune università sono stati ospitati anche rabbini che condannano senza appello i crimini dello Stato di Israele: emblematica è stata la visita alla Columbia University di New York il 28 aprile scorso di una delegazione di un centinaio di ebrei ortodossi guidati dal giovane rabbino Giuseppe Kohn, che ha offerto la propria solidarietà a tutti gli studenti che in America e nel mondo intero protestano contro i crimini del sionismo e dimostrando, con il suo gesto, che la protesta non ha alcun carattere antisemita e che, anzi, milioni di ebrei in tutto il mondo si oppongono a Israele e ai suoi crimini proprio in nome dei principi dell'ebraismo. Migliaia di ebrei ortodossi, tra i quali cinquanta rabbini, hanno poi partecipato, guidati dai rabbini Giuseppe Kohn e Isacco Deutsch, al corteo di solidarietà verso la Palestina, aperto a tutta la società civile, organizzato a New York il 3 maggio scorso dagli studenti universitari dell'intero Stato di New York, che ha visto la complessiva partecipazione di oltre trecentomila persone.
Come è accaduto in Italia, anche negli Stati Uniti decine di migliaia di professori, tra i quali molti ebrei, hanno lanciato un appello al governo degli Stati Uniti affinchè non fornisca armi e tecnologia a Israele
Anche le università francesi si sono mobilitate a favore della Palestina, tanto che alla fine di aprile è stato occupato l'ateneo parigino di Sciences-Po e, sempre a Parigi, una grande manifestazione studentesca si è svolta alla Sorbona, e anche altre università francesi si sono mobilitate.
La mattina del 3 maggio la polizia ha sgomberato la sede di Sciences-po e ha trascinato via gli studenti seduti nell'atrio che scandivano lo slogan “Israele assassina, Science-po complice
” ma questo non ha impedito che le proteste universitarie dilagassero nelle università di Rennes, Lione, Aix-en-Provence, Marsiglia e Strasburgo, dove gli studenti hanno organizzato presidi, assemblee e mobilitazioni in favore della Palestina, ricevendo la solidarietà di una parte notevole del corpo docente.
Nel Regno Unito manifestazioni in solidarietà con i palestinesi si sono svolte sin dall'inizio dei bombardamenti israeliani a Gaza, ma tra la fine di aprile e gli inizi di maggio anche in alcuni atenei britannici sono iniziate occupazioni ed accampamenti.
In città come Manchester, Newcastle e Leeds gli studenti universitari hanno allestito tende fuori dagli atenei, gli studenti della Goldsmiths University di Londra hanno occupato la biblioteca e anche nelle università di Warwick, Sheffield e Bristol si sono svolte manifestazioni a favore della Palestina.
Anche gli universitari di Oxford e di Cambridge si sono mobilitati. Il gruppo Cambridge for Palestine composto dagli studenti di quest'ultima università in un comunicato pubblico ha affermato: “ci rifiutiamo di starcene seduti con le mani in mano mentre l’ateneo supporta il genocidio dei palestinesi a Gaza
” mentre gli studenti di Oxford hanno realizzato un cartellone in cui sono elencate le richieste ai vertici dell’ateneo: si va dal boicottaggio del genocidio, dell’apartheid e dell’occupazione di Israele all'imposizione di chiarezza su tutte le transazioni finanziarie tra l'università stessa e le istituzioni israeliane.
Nel resto dell'Europa si sono mobilitati per la Palestina all'inizio di maggio gli studenti delle università di Madrid, di Barcellona, di Valencia, di Lisbona, di Oporto, quelli degli atenei di Vienna, di Berlino, di Berna, di Amsterdam, di Stoccolma, di Helsinki, di Copenhagen, di Bruxelles, quelli del Trinity College di Dublino e altre mobilitazioni stanno interessando altri atenei. In tutti i casi, senza esclusione, gli studenti pretendono l'interruzione, da parte dei rispettivi atenei di ogni collaborazione con università e istituti di ricerca israeliani, mentre cinque università norvegesi hanno già deliberato – con il consenso unanime di studenti e di docenti - di troncare ogni rapporto con ogni istituzione israeliana, così come la Confederazione delle Università spagnole ha annunciato che tutti i 76 atenei del Paese pubblici e privati si sono formalmente impegnati a troncare immediatamente ogni rapporto di collaborazione, compresi quelli in corso, con le università e gli enti di ricerca israeliani.
Dall'Europa al Canada all'Australia
Fuori dall'Europa, nelle ultime settimane si sono registrate proteste a favore della Palestina in Australia, a cominciare dall'università di Brisbane da dove la protesta ha raggiunto anche l'università di Sydney e altre università minori.
Anche nel resto delle Americhe dilaga la protesta: in Canada gli studenti della McGill University, nel centro di Montreal, hanno montato un accampamento nel centro del campus, e agitazioni sono incominciate anche all'università di Toronto e alla University of British Columbia a Vancouver, mentre gli studenti universitari messicani hanno iniziato a piantare le tende attorno alla sede dell'università di Città del Messico, una delle più grandi di tutta l'America latina.
Proteste a favore della Palestina sono scoppiate anche nella prestigiosa Jawaharlal Nehru University di Nuova Delhi in India: “Il nostro ateneo
- si legge in una dichiarazione dell'unione degli studenti diffusa il 29 aprile - non deve fornire una piattaforma ad amministratori e personale che rappresentano nazioni complici del terrorismo e del genocidio commesso da Israele
”. Sempre in India, solidarietà ai palestinesi e condanna del regime sionista è stata espressa anche dalla Federazione degli studenti dell'India.
Anche le università del mondo arabo e islamico si stanno mobilitando, a cominciare dall'American University di Beirut, dove dalla fine di aprile centinaia di studenti hanno iniziato una protesta per chiedere all'ateneo di troncare immediatamente ogni collaborazione con qualsiasi ente che abbia rapporti con Israele, e anche nelle università di Casablanca, di Algeri, di Tunisi, del Cairo, di Baghdad, di Amman, di Teheran, di Islamabad e di Giacarta manifestazioni studentesche sono state organizzate al fine di indurre i loro governi a sostenere il popolo palestinese e a troncare ogni rapporto, diretto o indiretto, con Israele.
Come si è visto, si sono uniti alla protesta contro Israele e a favore del popolo palestinese tanti ebrei della diaspora, e a testimoniarlo autorevolmente basterebbe la presenza dei rabbini Kohn e Deutsch alle proteste di New York, e questo solo fatto dimostra che larga parte del mondo ebraico ha già preso o sta già pensando di prendere le distanze dal sionismo e dalle sue nefandezze.
È antisionismo e non antisemitismo
Il 7 maggio 2024 si è tenuta una riunione del consiglio presso il municipio di Howell, nel New Jersey, dove i sostenitori del sionismo hanno tentato di promuovere una risoluzione contro l’antisemitismo che considerasse l'antisionismo equivalente allo stesso antisemitismo.
All'incontro c'è stata una grande partecipazione popolare, inclusa una delegazione di rabbini, due dei quali - Afriem Beck e Israele Davide Weiss – hanno preso la parola e spiegato chiaramente la differenza tra ebraismo e sionismo e hanno invitato l'uditorio a distinguere i due concetti, il primo esclusivamente religioso e il secondo esclusivamente politico. I due rabbini, che si oppongono strenuamente all'ideologia sionista e all'esistenza stessa di uno Stato di Israele, hanno evidenziato che i principi dell'ideologia politica sionista e la sua prassi concreta sono in assoluto contrasto con i principi etici professati dalla religione ebraica.
Alla fine la risoluzione del comune di Howell ha previsto la ferma condanna dell'antisemitismo e ha riconosciuto piena legittimità all'antisionismo, dichiarando che quest'ultimo non ha nulla in comune con l'antisemitismo.
Un altro rabbino, Elhanan Beck, il 16 maggio 2018 a Londra affermò, rivolgendosi ai governi del Regno Unito e degli Stati Uniti d'America: “devono rendersi conto e capire che aiutare Israele non avvantaggia il popolo ebraico. Aiutare i sionisti non è a beneficio del popolo ebraico
”. “Non chiediamo due stati
– ha quindi concluso il rabbino Beck - sosteniamo un unico Stato e il ritorno del popolo palestinese. Gli ebrei e i musulmani possono vivere insieme in pace
”.
Non c'è nulla di razzista e di antisemita, quindi, nella protesta degli studenti universitari alla quale aderiscono autorevoli accademici e uomini di cultura del mondo intero, compresi intellettuali e ministri di culto dell'ebraismo, ed è proprio la parola di questi ultimi a dissipare ogni incertezza e a indurre rispetto nei confronti dell'ebraismo e, allo stesso tempo, disprezzo nei confronti del sionismo.
Le università di tutto il mondo e gli studenti democratici che partecipano alle proteste sono solo ed esclusivamente contro il sionismo e contro ogni forma di imperialismo, non contro gli ebrei, e a nessuno sarà permesso di considerare le proteste contro Israele come portatrici di odio contro gli ebrei, un fatto quest'ultimo che noi marxisti leninisti condanniamo con assoluta fermezza.
15 maggio 2024