Mao, discorso alle Guardie Rosse
di Ugo - Genova
C’è un discorso, tenuto nel 1966 dal grande Maestro del proletariato internazionale Mao Zedong, che ogni militante del nostro Partito, e ogni comunista che vuole assumere in sé una cultura marxista-leninista, deve leggere per studiarlo, per farlo proprio e poi per rileggerlo nuovamente.
In quel discorso non esiste un concetto che non sia concatenato con quello successivo. Costituisce una lettura, una pagina, una sintesi, essenziale nella dialettica marxista-leninista. Una chiosa, una illustrazione, completa di come deve essere svolto il lavoro politico e come deve procedere il pensiero di ogni rivoluzionario proletario comunista.
Aggiungo, in quel discorso non si trova solo la centralità e la profondità del pensiero politico e filosofico del Grande Timoniere, ma persino le sue indubbie qualità di elegante e lirico prosatore a cui ci ha abituato, a cui però non riusciremo mai del tutto ad abituarci.
Ogni cosa si trasforma. Ogni cosa si trasforma secondo le sue proprie leggi. Anche noi siamo oggetti e soggetti delle trasformazioni, ne siamo parte passiva e parte attiva, consapevole, con nostri obiettivi e piani. Ogni cosa si trasforma in un’altra e questa ancora e poi ancora, costituendo gli anelli di una catena. Se prendiamo un anello della catena, esso è attaccato al primo, ma solo attraverso gli anelli intermedi. Se vogliamo comprendere il legame che unisce una cosa ad un’altra da cui proviene, se vogliamo comprendere come sta trasformandosi una cosa, dobbiamo ricostruire nella nostra mente le fasi intermedie attraverso le quali la prima si è trasformata in quella che stiamo esaminando.
Ogni cosa diviene secondo le sue leggi e tramite le circostanze esterne e accidentali che incontra. Se vogliamo comprendere come una cosa si è trasformata proprio in quest’altra e non in qualcosa di diverso, dobbiamo non solo conoscere le leggi proprie di quella trasformazione, ma anche ricostruire nella nostra mente le circostanze esterne e accidentali che hanno determinato passo dopo passo quel percorso.
Si dice che una cosa è divenuta un’altra attraverso la mediazione degli anelli intermedi e delle circostanze esterne. La mediazione è un aspetto universale della trasformazione.
Chi non riconosce la mediazione, in campo politico cade nell’opportunismo di sinistra o di destra. La lotta contro gli opportunismi di sinistra (gli estremisti di sinistra) è una lotta interna alle nostre file. Anche la lotta contro gli opportunismi di destra è una lotta interna alle nostre file, ma solo fino ad un certo punto. Dove sta la differenza tra i due fronti?
Gli opportunismi di sinistra negano la mediazione (le fasi, i passaggi, i processi) attraverso cui si svolge ogni trasformazione reale. Essi politicamente sono ostili all’imperialismo e alla borghesia, ma in campo culturale, dell’orientamento e della concezione del mondo si limitano a negare le posizioni della borghesia, non le superano, le conservano rovesciate, vedono il mondo come la borghesia solo dal lato opposto.
Essi, quindi, subiscono ancora fortemente l’influenza della borghesia e non è strano che ogni tanto alcuni di essi di punto in bianco, sotto l’influsso di qualche evento traumatico, passino dall’altra parte. Gli opportunisti di sinistra possono essere dei discreti combattenti, mentre la loro direzione è rovinosa, sotto la loro direzione la sconfitta è certa. La permanenza di un opportunista di sinistra nelle nostre file è positiva solo finché riusciamo a contenerne l’influenza e a determinare un processo in cui egli si trasforma e corregge a fronte dei compiti assegnatigli.
Gli opportunisti di destra negano anch’essi la mediazione dei processi reali, quindi, non vedono i passaggi attraverso cui il presente di supremazia della borghesia si trasforma nel domani di supremazia del proletariato, in definitiva vedono un baratro invalicabile tra il presente e gli obiettivi della nostra rivoluzione e restano ancorati alla sponda del presente. Hanno poca fiducia nella nostra vittoria perché non vedono i passaggi del cammino che la rende possibile. La loro opposizione alla borghesia è debole, sono inclini alla conciliazione, a staccarsi così poco dal presente da aderirvi quasi. A differenza degli opportunisti di sinistra essi hanno l’appoggio della classe dominante, esprimono l’influenza della classe dominante nelle nostre fila, sono veicolo della sua influenza.
Gli opportunisti di sinistra esprimono un’influenza indiretta della borghesia, un’influenza culturale e di concezione del mondo, attraverso la negazione. Gli opportunisti di destra invece esprimono la cultura e la concezione del mondo dominante, quella più diffusa ed esprimono l’influenza politica della borghesia. I veri e propri portavoce della classe dominante fra le masse si confondono con loro. Quindi loro usufruiscono della forza che deriva loro dall’appoggio della classe dominante, dal conservatorismo, dalla forza dell’abitudine, dalla rassegnazione, dalla stanchezza, dal servilismo, dal cedimento al ricatto e alla paura. Essi sono più dannosi (degli opportunisti di sinistra) anche come semplici militanti e la loro permanenza nelle nostre fila deve essere strettamente limitata a quelli che stanno trasformandosi.
Gli altri possono essere, devono essere accettati nelle organizzazioni di massa. Qui il nostro obiettivo è determinare l’orientamento generale e controllare saldamente l’apparato, ma non possiamo escludere in linea di principio la partecipazione degli opportunisti di destra alle organizzazioni di massa, perché anch’essi, come gli opportunisti di sinistra, incarnano in modo unilaterale e organico un limite reale delle masse ed escluderli dalle organizzazioni di massa vuol dire rifiutare di trattare e trasformare, di fare i conti con questo limite delle masse, cioè rinunciare al nostro compito e ai nostri obiettivi rivoluzionari.
Mao Zedong
15 maggio 2024