Si allarga l'Intifada studentesca contro il genocidio palestinese
Mattarella contestato alla Sapienza e la Bernini a Pisa. L'imbroglione revisionista e preside di facoltà alla Sapienza Diliberto solidarizza con la rettrice e attacca gli studenti
Può ormai essere definita una Intifada studentesca, e si allarga ogni giorno di più in Italia e nel mondo, quella intrapresa da centinaia di migliaia di studenti universitari che in tutto il mondo – dagli Stati Uniti all'Italia, dal Messico allo Yemen – sostengono la Palestina e Gaza contro il genocidio che l'entità sionista sta perpetrando in quest'ultimo territorio, e che ha già provocato decine di migliaia di morti tra la popolazione civile, oltre che distruzioni di abitazioni e infrastrutture che renderanno impossibile la vita nella Striscia di Gaza per i decenni a venire.
Già alla fine di ottobre e agli inizi di novembre alcune università nel mondo avevano promosso iniziative di mobilitazione che erano proseguite anche nei primi mesi del 2024, ma è con i violenti sgomberi della Columbia University e della New School di New York e della University of California di Los Angeles, avvenuti tra la seconda metà di aprile e gli inizi di maggio, che il movimento ha fatto un salto di qualità espandendosi in gran parte del mondo e segnalandosi per una importantissima novità politica che potenzialmente può avere una portata globale: il sostegno alla protesta contro Israele degli ebrei antisionisti, che hanno fatto sentire la loro voce soprattutto, ma non solo, negli Stati Uniti.
Qui la Jewish Voice for Peace – associazione statunitense nata nel 1996 che comprende almeno duecentomila ebrei statunitensi di ogni età, politicamente progressisti, sia laici sia religiosi e tra essi numerosi rabbini, che si oppongono allo Stato di Israele e ne promuovono da sempre il boicottaggio – ha contribuito attivamente alle proteste contro Israele in una ventina almeno di università americane. Dal canto suo l'associazione internazionale ebraica Neturei Karta – alla quale aderiscono almeno mezzo milione di ebrei ortodossi in tutto il mondo – ha inviato i propri rabbini in numerose università a sostenere la protesta in nome del mondo ebraico, come è accaduto in modo eclatante e alla luce delle telecamere del mondo intero lo scorso 28 aprile davanti alla Columbia University di New York, quando il giovane rabbino Giuseppe Kohn ha commosso con il suo discorso decine di migliaia di studenti invitandoli, nel nome dei principi più alti della tradizione e della cultura ebraica, a non indietreggiare di un solo passo nella lotta contro lo Stato di Israele al fine di spazzare via il sionismo e di creare una Palestina libera sia per gli ebrei sia per gli arabi.
Tutto ciò non è bastato al governo americano che, ispirato dai sionisti, ha bollato le manifestazioni come antisemite e fatto arrestare fino ad ora oltre tremila manifestanti, inclusi docenti e professori ed anche ebrei antisionisti, in oltre 60 campus statunitensi.
I manifestanti negli atenei di tutto il mondo condannano concordemente il sostegno militare e diplomatico dei loro governi e delle loro università all'entità sionista, soprattutto alla luce dell'invasione israeliana della Striscia di Gaza e al massacro sistematico della sua popolazione.
Nel frattempo nel mondo, rispetto alle notizie di cui ha dato conto il n. 23 de il Bolscevico alle p. 11 e 12, si sono ulteriormente aggiunte altre università alla protesta, in tutti i continenti.
Nelle Americhe si sono aggiunte alla protesta in Argentina la New York University di Buenos Aires, in Brasile quella di San Paolo, in Canada quelle di Edmonton, Hamilton, Waterloo, Winnipeg, Windsor e Calgary, in Costa Rica l'università di San Pedro Montes de Oca, a Cuba l'università dell'Avana, mentre negli Stati Uniti, dove ormai la maggior parte delle università sono in rivolta, si sono verificati anche a maggio centinaia di ulteriori arresti, in particolare presso l'Art Institute di Chicago,all'università di San Diego e alFashion Institute of Technology di New York.
In Europa si sono aggiunte alla protesta nei Paesi Bassi le università di di Utrecht, Delft, Nimega, Maastricht, Rotterdam ed Eindhoven, in Belgio l'università di Gand, in Germania quella di Lipsia, in Grecia quella di Atene dove ci sono stati scontri con la polizia, e in Irlanda l'University College di Dublino.
Anche l'Asia ha visto nel frattempo la mobilitazione degli studenti universitari: nello Yemen l'università di Dhamar, in Kuwait l'università di Kuwait City, in Bangladesh l'università di Dacca, in Indonesia quelle di Depok e di Dipati Ukur, in Giappone cinque università a Tokyo insieme a quelle di Kyoto e Hiroshima, in Corea del Sud l'università di Seul.
Per ciò che riguarda l'Oceania, si sono unite alla protesta in Nuova Zelanda l'università di Auckland, mentre in Australia si sono mobilitate le università di Melbourn, Adelaide, Monash, Brisbane, Canberra, Deakin, Bentley Perth e Wollongong,
Per ciò che riguarda le università africane, l'Università del Witwatersrand di Johannesburg in Sudafrica si è aggiunta alla mobilitazione degli atenei di lingua araba dell'Africa settentrionale, ai quali si è aggiunta l'università di Manouba, in Tunisia.
In Italia l'ultima università a essersi mobilitata è quella di Sassari, dove il 18 maggio gli studenti hanno piantato le tende davanti all'ateneo.
Nel frattempo le autorità istituzionali e governative cercano di correre confusamente ai ripari, da una parte tentando di infinocchiare la popolazione facendo loro credere falsamente che le proteste hanno un carattere di odio contro gli ebrei – e ciò è smentito platealmente negli Stati Uniti dalla presenza degli stessi ebrei alle proteste – e dall'altra recandosi direttamente negli atenei per cercare di calmare le acque, ma gli studenti in rivolta, che ormai hanno maturato una precisa coscienza politica, sono i primi a non lasciarsi imbrogliare dagli sproloqui dei burocrati.
Lo scorso 16 maggio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è andato alla Sapienza di Roma e ha parlato a un uditorio accuratamente selezionato di docenti e studenti, per evitare contestazioni, ma prima di raggiungere l'aula dove ha tenuto il discorso ha potuto leggere gli striscioni degli studenti che lo contestavano e dove era scritto: “presidente, da quale parte della barricata vuole stare? Dalla loro o dalla nostra?
” e “questa è l'ultima chiamata presidente, ci vuole raggiungere?
”.
Mattarella, lungi dal raggiungere gli studenti e cercare direttamente un dialogo con loro, ha preferito rispondere loro nel suo discorso rivendicando di aver proposto, anche alle Nazioni Unite, un cessate il fuoco per Gaza e condannando le violenze da qualsiasi parte provengano, tutte cose scontate, ma sulla richiesta di immediata cessazione di qualsiasi collaborazione con le istituzioni e le università israeliane, questione che è centrale in tutte le proteste universitarie che stanno infiammando mezzo mondo, Mattarella ha dichiarato: “il potere, quello peggiore, desidera che le università del loro Paese siano isolate, senza rapporti né collaborazioni con gli atenei di altri Paesi. Perché questa condizione consente al peggiore dei poteri di controllare l’università, di comprimere la cultura e di impedire il suo grido e la sua spinta di libertà
”. Evidentemente, ha fatto finta di non capire, ha fatto finta di pensare che gli studenti italiani, e non solo, intendessero isolare le proprie università da tutte le altre nel mondo, mentre essi chiedono, al contrario, e continuano a chiedere di isolare solo ed esclusivamente quelle dell'entità sionista da quelle del resto del mondo in quanto esse, e non certo quelle del resto mondo, sono sicura espressione, per citare lo stesso presidente, del “peggiore dei poteri
”, e se Mattarella non crede che l'entità sionista sia ciò si rechi ora, immediatamente a Gaza e negli altri territori della Palestina.
La risposta del Coordinamento Collettivi Sapienza a tale inaccettabile provocazione presidenziale non si è fatta attendere. “Servono delle azioni concrete
– si legge in una sua nota di durissima contestazione al presidente della Repubblica e al suo inqualificabile tentativo di salvaguardare i rapporti con le università e le istituzioni dell'entità sionista - di sfiducia, di sanzione, di boicottaggio dello Stato Israeliano. Chiedere la fine dell’operazione di pulizia etnica del popolo palestinese è un atto politico e per essere efficace non può ridursi a semplici parole, ma deve essere accompagnato dai fatti. Per intenderci: ci fa piacere che lei si dichiari a sostegno del diritto delle palestinesi ad avere uno stato, ci chiediamo però come mai il nostro paese, nell’assemblea generale dell’Onu, si sia astenuto dalla votazione per il suo riconoscimento
”. “Concentrandoci sulle sue parole di ieri
– prosegue la nota - non possiamo fare a meno di notare alcuni paralogismi che rispondono alla retorica semplicistica e sentimentalista che accompagna tutte le narrazioni occidentali sul Medio-Oriente. Lei ha affermato che 'la dignità umana, la rivendicazione della libertà, la condanna della sopraffazione, il rifiuto della brutale violenza non cambiano valore a seconda dei territori, a seconda dei confini tra gli Stati, a seconda delle relazioni internazionali tra parti politiche o movimenti'. Le chiediamo quindi come tutto ciò possa combaciare con il sistema di due pesi e due misure messo in atto quando si narrano da una parte le risposte e gli attacchi della resistenza palestinese e dall’altra le operazioni militari di sterminio dell’esercito sionista. Vede Presidente, dopo 76 anni di regime d’apartheid e di tentativo di colonizzazione integrale della Palestina non ci sembra davvero neutrale parlare di terrorismo
”.
Dopo Mattarella, anche la ministra dell'Università, Anna Maria Bernini, è stata contestata il 18 maggio dagli studenti universitari di Pisa, dove si era recata per un evento elettorale di Forza Italia al quale ha dovuto rinunciare a causa delle contestazioni, perché un centinaio di studenti universitari attivisti per la Palestina l'ha attesa per confrontarsi con lei davanti ai locali dove doveva svolgersi l'incontro elettorale, ma la ministra si è sottratta ad ogni confronto, preferendo annullare l'incontro e proseguire per San Giuliano Terme, altra tappa della campagna elettorale.
Chi in teoria dovrebbe più di altri le ragioni della protesta - come Oliviero Diliberto, un imbroglione politico già segretario di Comunisti Italiani e che ora è preside della facoltà di Giurisprudenza della Sapienza – ha invece preferito condannare gli studenti che protestano e difendere la rettrice dell'ateneo nella sua contrapposizione frontale al movimento degli studenti, dicendosi solidale a parole con la Palestina ma sostenendo la necessità indispensabile degli scambi con l'entità sionista, una narrazione in questo pienamente sovrapponibile a quella di Mattarella e della Bernini. “La nostra comunità scientifica
– ha scritto Diliberto in una lettera aperta - deve sempre rimanere aperta ed inclusiva. Senza steccati, né muri, ma attenta a costruire ponti tra Paesi, civiltà, religioni, culture diverse: unite nell’obiettivo del dialogo incessante. Ma aggiungo. Se il governo italiano dovesse compiere deprecabili azioni internazionali e le altre università del mondo ci volessero isolare, noi Sapienza che responsabilità avremmo per le azioni del governo? Ciò che non funziona è proprio assimilare le attività accademiche e scientifiche a quelle governative. Ultima considerazione. Proprio nelle università israeliane si concentra un importante movimento di resistenza intellettuale al governo Netanyahu. Vogliamo isolarli? In definitiva, la posizione assunta dalla Sapienza nel Senato accademico di aprile, proposta dalla Magnifica Rettrice Polimeni, è da me condivisa completamente, come accademico, ma anche sul piano squisitamente politico: e la condivido da convinto e coerente amico della Palestina
”.
Diliberto ormai è perfettamente allineato ai regimi imperialisti occidentali che vogliono fare affari con Israele e vogliono che le università dei propri Paesi collaborino con quelle israeliane, mentre nel mondo sta soffiando ogni giorno di più nelle università, e non solo, un vento progressista sempre più impetuoso e travolgente che vuole l'esatto contrario, e la novità politica, di importanza storica, è che anche una parte rilevante del mondo ebraico - composto da intellettuali, studenti, rabbini, semplici fedeli, laici che appartengono alla società civile di tutti i Paesi - sta ormai combattendo a viso aperto contro il sionismo e Israele, a favore della Palestina libera: lo scorso 10 maggio davanti alla sede delle Nazioni Unite di New York i rabbini Davide Feldman e Israele Davide Weiss insieme a un centinaio di ebrei ortodossi hanno atteso per ore sotto la pioggia battente per sostenere l'esito della votazione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha appoggiato – con 143 voti a favore, 9 contrari e 25 astenuti – la richiesta dell'Autorità Nazionale Palestinese affinché la Palestina venga ammessa a pieno titolo tra gli Stati.
È chiaro che questa Intifada studentesca al fianco del popolo palestinese e contro Israele nazisionista si allarga nel mondo e non si lascia intimidire né dalla repressione poliziesca e giudiziaria né dall'accusa demonizzatrice fondata sulla falsa equazione antisionismo=antisemitismo, e noi marxisti-leninisti la sosteniamo convintamente in nome dell'antimperialismo, dell'antisionismo e del diritto di ciascun popolo, che sia quello palestinese o quello ucraino, a vivere in un Paese libero, indipendente, sovrano e integrale.
22 maggio 2024