Come emerge dall'inchiesta della procura genovese
“Un sistema corruttivo con al centro il governatore Toti”
Toti e Signorini negano tutto ma non convincono i magistrati. Continuano le manifestazioni di protesta per lo scandalo e per chiedere le dimissioni del governatore
La corruzione regna sovrana ad ogni livello delle istituzioni
Il 23 maggio, a due settimane dal suo clamoroso arresto ai domiciliari per corruzione, voto di scambio e falso, Giovanni Toti è stato interrogato per otto ore e mezzo da due dei cinque pm della procura genovese che coordinano l'inchiesta, Luca Monteverde e Federico Manotti e alla presenza del procuratore capo Nicola Piacente; interrogatorio da lui stesso richiesto dopo essersi avvalso in precedenza della facoltà di non rispondere davanti al giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni.
Come abbiamo documentato nel n. 20 de “Il Bolscevico”, il governatore della Liguria era finito ai domiciliari il 7 maggio scorso nell'ambito di una corposa inchiesta sull'intreccio tra politica e interessi privati di imprenditori e manager nella regione, comprendente anche risvolti mafiosi. Insieme a lui erano finiti ai domiciliari per corruzione anche l'imprenditore della logistica del porto di Genova ed ex presidente del Genoa e del Livorno calcio, Aldo Spinelli, e il capo di gabinetto della Regione Matteo Cozzani, quest'ultimo anche per voto di scambio con aggravante mafiosa. Per il manager della Esselunga Francesco Moncada era stato preso un provvedimento interdittivo, mentre il carcere era scattato per l'ex capo dell'Autorità portuale del Mar Ligure Occidentale, Paolo Emilio Signorini, entrambi con l'accusa di corruzione. Vi sono inoltre diversi indagati, tra cui l'imprenditore Roberto Spinelli, figlio di Aldo, due consiglieri regionali e un consigliere comunale di Genova e i fratelli Arturo e Maurizio Testa, esponenti della comunità riesina in Liguria e di Forza Italia in Lombardia e referenti della criminalità organizzata della Valpolcevera.
Secondo gli inquirenti nei suoi nove anni alla guida della Regione (prima elezione nel 2015, seconda nel 2020) Toti ha costruito un blocco di potere grazie al quale ha potuto contare su consistenti finanziamenti utili ad alimentare la sua macchina del consenso. E l'ha fatto - scrive la gip Faggioni - con una certa “disinvoltura nel proposito di ricorrere a richieste di denaro agli imprenditori, sfruttando la momentanea soddisfazione per gli obiettivi imprenditoriali realizzati anche in seguito al proprio intervento”. “Il governatore - sottolinea sempre la gip - in occasione e in concomitanza di ciascuna delle quattro competizioni elettorali che si sono susseguite nell'arco temporale dell'indagine [...] ha messo a disposizione la propria funzione e i propri poteri in favore di interessi privati, in cambio di finanziamenti e reiterando il meccanismo con diversi imprenditori. In alcuni casi, era lo stesso Toti a chiedere esplicitamente il finanziamento, promettendo al privato comportamenti o provvedimenti a lui favorevoli o addirittura ricordando 'di aver fatto la sua parte' e di aspettarsi conseguentemente una 'mano'”.
Le speculazioni sul porto e gli altri rami dell'inchiesta
Gli episodi di sospetta corruzione ascrivibili al “sistema Toti” a cui fanno riferimento i magistrati sulla base delle intercettazioni della guardia di finanza sono numerosi e riguardanti diversi filoni d'inchiesta, tra i quali le concessioni nel porto di Genova e la speculazione su una spiaggia ex demaniale, nell'interesse degli Spinelli, le autorizzazioni per due ipermercati Esselunga, il voto di scambio con il coinvolgimento della mafia, i dati truccati del Covid per ottenere più vaccini per la Liguria e altre partite tra cui le concessioni per le discariche, la sanità regionale ecc.
Lo scandalo più clamoroso è senz'altro quello della gestione del porto di Genova, con la vicenda nel 2021 del rinnovo per 30 anni della concessione per il terminale per le merci Rinfuse (che Spinelli ambiva a trasformare in terminale per i ben più lucrosi container), grazie a diversi interventi di Toti e di Signorini, in cambio di finanziamenti al comitato elettorale del governatore per 40 mila euro, e di 15 mila euro, gioielli e soggiorni di lusso a Montecarlo per il responsabile dell'Autorità portuale. A questa partita se ne collegano altre, sempre nel porto e sempre nell'interesse di Spinelli, come l'acquisizione abusiva dell'ex carbonile dell'Enel e il tombamento di calata Concenter, per una megaspeculazione in vista dell'aumento del traffico merci e yacht quando sarà completata la nuova diga foranea. In quest'ultima vicenda è emerso anche il nome del sindaco forzista di Genova Marco Bucci (non indagato, ma che dovrebbe essere ascoltato a giorni come testimone, insieme all'armatore Gianluigi Aponte), che in qualità di commissario avrebbe stornato appositamente per questa operazione 25 milioni residui dei fondi per la ricostruzione del ponte sulla città. Dalle intercettazioni emerge anche un suo intervento sul comitato portuale per sveltire il rinnovo della concessione del Rinfuse.
Toti accelerava e ritardava le pratiche per ottenere i soldi
Il governatore si è presentato all'interrogatorio con un memoriale difensivo di 17 pagine in cui in pratica si autoassolve da ogni sospetto, sostenendo che la sua azione politica verso imprenditori è sempre stata fatta senza discriminazioni e solo per facilitare i lavori e sempre nell'interesse pubblico. E a questo scopo fornisce una lista di persone e imprese che avrebbero aiutato più ampia di quelle coinvolte nell'inchiesta, nonostante che diverse tra loro “per storia venissero attribuiti alla parte politica avversa”. Un chiaro avvertimento lanciato al PD, così come ha fatto verso tutta la destra al governo quando ha sottolineato di aver sempre lavorato per realizzare “gli obiettivi rivendicati dalla maggioranza che mi sostiene”.
Per quanto riguarda i finanziamenti elettorali la sua difesa si basa sul fatto che “ogni dazione di denaro è stata accreditata con metodi tracciabili e rendicontata, i conti per la mia attività politica e quelli per la vita privata erano rigidamente separati”. Ma a parte il fatto che gli inquirenti hanno accertato due somme per un totale di 55 mila euro spostate dal conto del comitato elettorale su un suo conto personale, pur se “abitualmente” destinato ad attività politiche, quello che ha rilievo penale è se, tracciati o no, quei soldi sono legati a favori fatti ai donatori Così sembra infatti ai magistrati, stando alla coincidenza dei versamenti avvenuti sempre pochi giorni dopo lo sblocco di certe decisioni fortemente caldeggiate dai donatori stessi. Anzi, dalle intercettazioni emerge anche che Toti usava i suoi poteri non solo per accelerare le pratiche, ma anche per ritardarle, se i donatori erano restii a pagare prima di veder risolta la loro pratica. Come quando nel 2021, durante la trattativa per sbloccare il rinnovo trentennale per il terminal Rinfuse, esasperato per i ritardi Spinelli aveva nicchiato a “dare una mano” al governatore per le elezioni a Savona e si era rivolto anche al PD invitando a pranzo Burlando e “tutto lo stato maggiore”, e il governatore aveva dato ordine a Signorini di rallentare la pratica.
Un sistema corruttivo ben collaudato
“Sono buttato in barca da Aldo, quando gliela portiamo sta proroga? Se riusciamo entro metà settembre fa comodo anche a me”, telefonava Toti a Signorini dallo Yacht di Spinelli, dove abitualmente si incontravano credendo di essere al riparo da orecchie e occhi indiscreti, alludendo ai suoi impegni elettorali che necessitavano di essere urgentemente foraggiati. Quando i magistrati gli hanno contestato che soprattutto tra il 2021 e il 2023 i soldi arrivavano sempre a ridosso della soluzione di pratiche per il rinnovo di concessioni o l'assegnazione di aree utili al terminalista, Toti ha risposto che “non c'era una correlazione”. Insomma i soldi arrivavano solo per l'amicizia e la prodigalità disinteressata di Spinelli. La stessa scusa risibile accampata anche da Signorini nell'interrogatorio del 28 maggio per giustificare i sontuosi regali di Spinelli, senza riuscire però neanche lui a convincere i magistrati.
“Sto pranzando con l'intera famiglia di Spinelli... bisogna trovare una soluzione per la spiaggia. Razionalizziamo le (spiagge, ndr) libere che ci sono, accorpiamo spostiamo”, telefonava Toti a Cozzani per l'affare di Punta dell'Olmo. Dopodiché passava all'incasso con Spinelli: “Guarda che abbiamo risolto il problema a tuo figlio, ora facciamo la pratica, si può costruire... Quando mi inviti in barca? Così parliamo un po' che ora ci sono le elezioni, abbiamo bisogno di una mano”. E la mano arrivava sotto forma di 74 mila euro al suo comitato elettorale. “Hanno visto che c'è un gran movimento, che rischiano di restarne fuori... adesso fanno tutti l'assalto alla diligenza”, dice il governatore intercettato a parlare con Bucci del malcontento delle altre ditte che rischiavano di essere tagliate fuori dalle spartizioni portuali e reclamavano anch'esse la loro parte. E il sindaco: “Esatto. Mi sembra come quando da piccolo davo da mangiare ai maiali”.
È questo “lo specchio di un vero e proprio sistema corruttivo con al centro il governatore della Liguria Toti”, come lo ha definito una fonte investigativa al quotidiano genovese “Secolo XIX”. Un sistema - a cui comunque non è estraneo il PD di Burlando e oggi anche di Orlando e Schlein, come dimostrano i rapporti di questo partito con l'imprenditore della sicurezza portuale Vianello, anch'egli indagato - che in poco meno di 10 anni ha aumentato decisamente la cementificazione e la privatizzazione del fragilissimo territorio Ligure, accelerato la privatizzazione della sanità, moltiplicato gli ipermercati, esasperato la lottizzazione e la speculazione nelle aree portuali e nelle grandi opere come la diga di Genova, il tutto attraverso la corruzione e il voto di scambio con risvolti mafiosi. Tra l'altro infischiandosene cinicamente della sicurezza dei cittadini, come emerge dalle critiche al progetto della diga di Genova, approvato senza le necessarie verifiche geotecniche sui fondali non adatti, rischiando così di andare incontro al rischio di un crollo con relativo tsunami catastrofico.
Contraddizioni nella maggioranza sulle dimissioni
Se già ora con i poteri attuali, che non sono pochi essendo il presidente della Regione la carica più elevata dello Stato a essere eletto direttamente “dal popolo”, un governatore come Toti ha potuto spadroneggiare a suo piacimento per due mandati (e brigava anche lui per cambiare la legge e candidarsi per un terzo), e fare tali danni al territorio e agli interessi delle masse liguri, figuriamoci che cosa accadrebbe se passasse l'autonomia differenziata, che aumenterebbe ulteriormente i suoi poteri a livello di una sorta di monarca assoluto locale.
Il fatto è che ormai la corruzione regna sovrana a tutti i livelli istituzionali, dal centro alla periferia, dal governo al potere locale, essendo profondamente connaturata al sistema capitalistico e al regime neofascista che lo serve e rappresenta di fronte alle masse. Basti pensare ad esempio alle intercettazioni in cui Spinelli si vantava con Signorini della promessa di Giorgetti di finanziare tutta l'operazione nel porto, e di aver finanziato anche la Lega con un bonifico di 15 mila euro: “Gli abbiamo già fatto un bonifico anche a loro eh... alla Lega. Poi gliene facciamo un altro stai tranquillo. Ma io intanto finanzio il partito. Paolo, io ho mandato al partito quindici e quindici a Toti”.
Dopo il suo arresto le funzioni di Toti sono passate al suo vicepresidente e assessore all'Agricoltura, il leghista Alessandro Piana, tra l'altro anche lui sfiorato di recente da uno scandalo giudiziario per una storia di festini vip con escort e cocaina. Formalmente tutta la maggioranza di governo gli ha espresso solidarietà, attaccando manco a dirlo l'inchiesta “ad orologeria” della procura di Genova e dichiarando di accelerare sulla proibizione dei trojan (i programmi spia inoculati nei telefonini usati anche nell'inchiesta genovese) e sulla stretta alle intercettazioni e loro relative pubblicazioni.
In realtà le posizioni sono più articolate, con Salvini che lo difende a spada tratta, perché ha tutto l'interesse che non si dimetta e si vada alle elezioni anticipate, visto che ora guida lui la Regione tramite Piana. E preferisce lasciare la patata bollente della decisione di far cadere la giunta alla sua alleata-rivale, Meloni. Quest'ultima si muove invece coi piedi di piombo, perché teme che possa emergere altro prima delle elezioni. Il suo interesse sarebbe andare alle elezioni anticipate e prendersi anche la Liguria con un suo candidato, ma spera che sia lo stesso Toti a dare le dimissioni, o quantomeno a poter rinviare la decisione di far cadere la giunta a dopo il voto; specie Toti ottenesse la revoca dei domiciliari togliendola dall'imbarazzo di doverlo sostenere di fronte all'opposizione e al Paese.
Intanto aumentano le manifestazioni popolari di protesta per chiedere invece le sue dimissioni immediate, come è avvenuto il 28 maggio davanti alla sede del Consiglio regionale durante un'accesa seduta tra maggioranza e opposizione. E soprattutto 50 delegati dei lavoratori portuali, iscritti alla USB Mare e Porti, hanno occupato Palazzo San Giorgio, sede dell'Autorità portuale: “Quello che è emerso dall'inchiesta – ha detto un loro rappresentante – è quello che noi diciamo da anni, cioè che sono collusi con la parte datoriale e con la politica. Quando si tratta di sistemare gli interessi e i problemi dei terminalisti si attivano, quando si tratta di parlare dei problemi dei lavoratori non muovono un dito”.
29 maggio 2024