Nonostante la Corte di giustizia dell'Aja abbia chiesto la sospensione dell'offensiva a Gaza
Orribile strage nazisionista in un campo di sfollati a Rafah
Il genocidio palestinese continua. Spagna, Irlanda e Norvegia riconoscono la Palestina
La cronaca dell'ultima settimana di maggio si apre con la notizia della nuova strage dei nazisionisti a Rafah, oltre 35 morti e 180 feriti in un campo di sfollati il 26 maggio, un dato che conferma come continui il genocidio palestinese a fronte delle finora inefficaci azioni verso Tel Aviv che vanno dai recenti pronunciamenti della Corte penale e della Corte di giustizia dell'Aja alle importanti iniziative poliche del riconoscimento dello Stato Palestinese da parte di Spagna, Irlanda e Norvegia. Dalla parte dei nazisionisti restano apertamente solo l'imperialismo americano e i suoi valletti europei, Gran Bretagna, Germania e Italia, e pochi altri paesi, ma tanto basta per bloccare gli organismi internazionali come l'Onu e le decisioni necessarie per fermare la mano criminale di Netanyahu e del suo gabinetto di guerra, opposizioni comprese. Una serie di crimini dei nazisionisti è da loro direttamente documentata dalle foto scattate come a una normale gita di vacanzieri dai soldati occupanti tra le macerie di case, ospedali e chiese da loro distrutte in nome di una nuova Nakba del 2024, mentre bruciano i libri come a suo tempo i nazisti; altre supposte prove delle violenze della resistenza palestinese dal 7 ottobre scorso in poi come i vecchi e i più recenti filmati della propaganda nazisionista sono smascherati da Hamas e dalle inchieste di giornalisti indipendenti, l'ultima dell'americana Ap.
Una portavoce di Medici Senza Frontiere (Msf) denunciava il 27 maggio che il giorno precedente almeno 180 feriti e 28 morti dal campo per sfollati a Tal Al Sultan erano stati trasportati al centro di stabilizzazione per pazienti aperto a Rafah da 10 giorni per ricevere, prestare le prime cure e poi trasferire i pazienti vittime di traumi agli ospedali non ancora demoliti dai nazisionisti nella Striscia. "Siamo inorriditi, quello che è successo dimostra ancora una volta che nessun luogo è sicuro a Gaza. Continuiamo a chiedere un cessate il fuoco immediato e duraturo" dichiarava la portavoce di Msf. Il ministero della Sanità di Gaza dichiarava che i morti erano almeno 35 e così come i numerosi feriti, in gran parte donne e bambini cacciati dalle loro case dai soldati sionisti, sfollati e di nuovo presi di mira da "strumenti di uccisione di massa". Hamas incitava "alla luce dell'orribile massacro sionista commesso questa sera dall'esercito criminale di occupazione contro le tende degli sfollati" a continuare la lotta a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme.
Anche l'Arabia Saudita condannava con forza i continui "massacri" di civili "indifesi" nella Striscia di Gaza da parte delle "forze di occupazione israeliane" e con un una nota il ministero degli Esteri esprimeva "il suo rifiuto categorico delle continue e palesi violazioni da parte delle forze di occupazione israeliane di tutte le risoluzioni, leggi e norme internazionali e umanitarie" esortando la comunità internazionale a intervenire "immediatamente per fermare i massacri commessi dalle forze di occupazione israeliane" e "limitare l'aggravarsi della catastrofe umanitaria senza precedenti che sta vivendo il popolo palestinese fratello". Magari il regime saudita potrebbe intanto interrompere i negoziati per l'accordo con gli Usa e l'entità sionista che dalla Casa Bianca danno per quasi fatto e smettere di lavorare dietro le quinte contro l'autodeterminazione palestinese.
Financo la collaborazionista Anp tramite il portavoce presidenziale Nabil Abu Rudeineh condannava il raid su Rafah definendolo "un massacro che supera ogni limite" e sottolineava "l'urgente necessità di un intervento per fermare immediatamente i crimini commessi contro il popolo palestinese" chiedendo all'amministrazione americana di "costringere Israele a fermare questa follia e questo genocidio che sta commettendo a Gaza, in particolare a Rafah".
Come sempre di fronte ai criminali nazisionisti l'imperialista Biden è sordo agli appelli, la Casa Bianca rispondeva che era a conoscenza dell'attacco al campo profughi di Rafah e stava raccogliendo maggiori informazioni. E intanto le bombe che ha fornito ai sionisti continuano a fare strage di civili.
Basta l'elenco di un solo giorno di guerra per completare il quadro del genocidio palestinese da parte dei nazisionisti, senza bisogno delle "maggiori informazioni" necessarie ai complici imperialisti della Casa Bianca. Dalla cronaca del 27 maggio: un quattordicenne palestinese ucciso presso Hebron, in Cisgiordania, dai soldati che gli hanno sparato e hanno impedito ai medici di soccorrerlo; Amnesty International esortava la Corte penale internazionale a indagare come crimini di guerra almeno tre attacchi dei soldati nel mese di aprile che hanno ucciso 44 civili palestinesi, tra cui 32 bambini, nel campo profughi di al-Maghazi nel centro di Gaza e a Rafah nel sud di Gaza che sono "un'ulteriore prova di un modello più ampio di crimini di guerra" commessi da l'esercito sionista a Gaza; Reporter senza frontiere (RSF) presentava una nuova denuncia sempre alla Corte penale internazionale per "crimini di guerra commessi da Israele contro i giornalisti" chiedendo al procuratore “di indagare sui crimini commessi contro almeno nove giornalisti palestinesi tra il 15 dicembre 2023 e il 20 maggio 2024” affermando di avere "fondati motivi per ritenere che alcuni di questi siano stati vittime di omicidi intenzionali, altri di attacchi intenzionali contro civili da parte dell'esercito israeliano"; infine registriamo i 7 morti, tra cui forse un membro di Hezbollah, causati dai raid sionisti nel sud del Libano.
La nuova strage sionista a Gaza era condannata dal ministro degli Esteri spagnolo Jose Manuel Albares che il 27 maggio denunciava che "la gravità è ancora maggiore perché c'è stata una decisione della Corte internazionale di giustizia che, voglio ricordarlo ancora una volta, è vincolante e obbligatoria per tutti" e aggiungeva che "questa volta dobbiamo alzare la nostra voce non solo per un cessate il fuoco immediato ma anche per sostenere il diritto internazionale e l'Onu", altrimenti sbeffeggiati dai nazisionisti e dai complici imperialisti. Albares annunciava che la Spagna avrebbe chiesto agli altri 26 partner Ue di supportare "in modo ufficiale" quanto stabilito della Corte internazionale di giustizia e prendere le misure necessarie "affinché la decisione del tribunale sia attuata da Israele".
L'appello veniva lanciato nel corso della conferenza stampa indetta presso la sede della rappresentanza spagnola alla Ue assieme ai colleghi di Irlanda e Norvegia sul riconoscimento di uno Stato di Palestina annunciato per il 28 maggio. La decisione, seppur collegata al falimentare progetto imperialista dei due Stati, ha un importante valore politico in quanto il pronunciamento congiunto dei premier dei tre paesi, lo spagnolo Pedro Sanchez, l’irlandese Simon Harris e il norvegese Jonas Gahr, vuole essere una ennesima condanna del regime sionista che con Netanyahu "continua a bombardare ospedali e scuole, a punire donne e bambini con la fame e il freddo. Non possiamo permetterlo. Abbiamo l’obbligo di agire. In Palestina come in Ucraina, senza doppi standard” aveva dichiarato il premier spagnolo lo scorso 22 maggio. Così come il ministro degli Esteri norvegese che dopo aver definito "una violazione flagrante" del diritto internazionale da parte di Israele continuare l'offensiva a Rafah e segnalato che ora spetta al Consiglio di Sicurezza dell'Onu agire, ripeteva che "c'è una ampia e fondata preoccupazione per il doppio standard sui diritti umani. E questo è un problema perché mina la credibilità delle istituzioni internazionali". Il governo norvegese, dichiarava in altra occasione il ministro, è pronto a arrestare Benjamin Netanyahu se la Corte penale internazionale emetterà un mandato contro il premier israeliano e quest'ultimo entrasse in Norvegia.
La decisione di Irlanda, Norvegia e Spagna di riconoscere formalmente lo Stato di Palestina segue il recente voto dell’Assemblea Generale dell’Onu che a stragrande maggioranza si è espresso a favore del pieno riconoscimento della Palestina come Stato membro. Al momento la Palestina è riconosciuta da più di due terzi degli stati membri delle Nazioni Unite, dalla maggior parte di quelli dell’America Latina, dell’Africa, dell’Asia e dell’Europa orientale.
La decisione dei tre paesi europei è stata accolta con favore dalla principale organizzazione della resistenza palestinese, Hamas che tramite il membro dell’ufficio politico Bassem Naim ha affermato che “questi riconoscimenti sono il risultato diretto della coraggiosa resistenza e della leggendaria fermezza del popolo palestinese. Crediamo che questo sarà un punto di svolta nella posizione internazionale sulla questione palestinese”. Anche la Presidenza dell’Autorità Palestinese ha plaudito al sostegno dato dai tre paesi negli ultimi anni ai diritti del popolo palestinese e ai loro voti a favore "dell'autodeterminazione palestinese sulla loro terra”, invitando gli altri paesi europei a seguire il loro esempio e a riconoscere uno Stato palestinese “al fine di raggiungere una soluzione a due Stati basata sulle risoluzioni internazionali e sui confini del 1967”.
All'Aja dopo la Corte penale (CPI) che si occupa dei casi individuali e ha chiesto l'arresto per crimini di guerra e contro l'umanità di Netanyahu, ma anche dei leader di Hamas usando un inaccettabile paragone tra carnefice e vittime, si è pronunciata anche la Corte internazionale di giustizia (ICJ) dell'Onu che svegliata dal torpore che l'ha colpita da quasi quattro mesi, dopo l'apertura formale del procedimento per genocidio verso i sionisti, su richiesta ancora una volta del Sudafrica di emettere almeno alcune misure provvisorie per fermare i crimini nei territori palestinesi occupati, il 24 maggio ordinava la sospensione dell’offensiva militare e di qualsiasi altra azione israeliana a Rafah “che possa infliggere al gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita che potrebbero portare alla sua distruzione fisica totale o parziale”. Ordinava all'esercito sionista di riaprire il valico di Rafah e gli altri accessi a Gaza “per la fornitura senza ostacoli su larga scala dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria urgentemente necessari”, bloccati dal 7 maggio; ordinava al governo di Tel Aviv di consentire alle missioni delle Nazioni Unite il libero accesso a Gaza “per indagare sulle accuse di genocidio” e infine di presentare un rapporto alla Corte entro un mese su tutte le misure adottate per rispettare le ordinanze.
Dei 15 giudici della Corte solo 2 hanno votato contro, la giudice ugandese vicepresidente del tribunale e il giudice ad hoc di Israele che "spiegava" come le richieste della Corte erano un "semplice" richiamo degli obblighi generali esistenti di Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio e non volevano dire che “a Israele viene impedito di portare avanti la sua operazione militare a Rafah" che a suo dire non violerebbe affatto la Convenzione sul genocidio. La discussione in punta di diritto che alla Corte potrebbe andare avanti per mesi nulla toglie ai crimini accertati e commessi dai nazisionisti a Gaza, vedi quelli a Rafah anche mentre l'eccellente rappresentante del boia Netanyahu discettava sui principi giuridici all'Aja e al fatto che ancora una volta, dopo le udienze del gennaio scorso, la Corte non decreta il necessario cessate il fuoco a Gaza e in Cisgiordania e il ritiro dell’esercito israeliano dall’intera Gaza come richiesto dal Sud Africa, rimandando la questione al Consiglio di sicurezza dell'Onu dove il paracadute del veto dell'imperialismo americano protegge i nazisionisti. Che il 26 maggio hanno risposto agli ordini della Corte con un nuovo massacro a Rafah.
I dati aggiornati al 26 maggio dal ministero della Sanità della Striscia registrano almeno 35.984 palestinesi uccisi e 80.643 feriti, in gran parte donne e bambini, negli ultimi otto mesi dagli occupanti nazisionisti. Il ministero ha aggiunto che 81 persone sono state uccise e 223 ferite solo nelle ultime 24 ore
29 maggio 2024